I penalisti sul boicottaggio del bar di Camuffo: "E' la giustizia dei forconi"
Un'associazione fiorentina ha indetto una manifestazione davanti al locale dell'ex carabiniere condannato per violenza. La Camera penale invita a ripensarci. Si dissocia anche la consigliera leghista Ovattoni
PRATO. Ripensateci. L’appello, rivolto all’associazione fiorentina “Non una di meno”, arriva dalla Camera penale di Prato, l’associazione degli avvocati penalisti, e si riferisce alla manifestazione di boicottaggio indetta per sabato alle 12 davanti al bar “Pancaffè” di via del Seminario, gestita dall’ex carabiniere Marco Camuffo, condannato in primo e secondo grado (ma non ancora in Cassazione) per violenza sessuale su una studentessa americana. Di fronte a questo fatto, scrivono i penalisti, «è impossibile rimanere in silenzio».
«È il caso, anzitutto, di ricordare che il nostro concittadino messo all’indice come stupratore è ancora in attesa di giudizio – si legge nella nota della Camera penale – e dunque assistito dalla presunzione di non colpevolezza e sarebbe poi spiacevole ritrovarsi a chiedere scusa qualora il processo che lo riguarda si chiudesse con un’assoluzione. Ma anche se fosse colpevole, quale sia mai la ragione per cui dovremmo scendere in piazza a manifestargli pubblicamente il nostro disprezzo è questione sulla quale crediamo sia il caso di invitare ad una pacata riflessione. Sembra perfino banale rimarcare che la Giustizia non si esercita in piazza con i forconi, bensì nelle sedi proprie».
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«Dove dobbiamo arrivare perché si cominci a prendere atto che l’identificazione del nemico contro cui scatenare la caccia alle streghe non è il metodo migliore per reagire, come è giusto fare, anche in forma collettiva o pubblica, al turbamento ed all’allarme che sollevano i fenomeni criminali?». «Non è questione di “buonismo”, espressione orribile con cui si cerca spesso di denigrare chi richiama alla civiltà ed alla compostezza dell’azione di repressione dello Stato, quale elemento distintivo rispetto alla violenza propria dei reati che si tratta di reprimere – aggiungono i penalisti – É proprio il fine della sicurezza sociale, al quale ogni azione di repressione ed anche di mobilitazione sociale contro il crimine si ispira, a richiedere che chi ha commesso un reato sia posto nella condizione di non farlo più, obiettivo che, esclusa l’eliminazione fisica, si persegue unicamente attraverso la reintegrazione della persona nel contesto sociale, magari faticosa e prudente quanto si deve. Ci auguriamo pertanto un ripensamento da chi ha promosso la richiamata manifestazione. Noi certamente, se ci capiterà di entrare in quel bar, lo giudicheremo solo per la qualità del caffè».
Si dissocia dall’adesione alla manifestazione anche la consigliera comunale leghista Patrizia Ovattoni. «La mia adesione è stata data al fine di richiedere alla politica un maggior impegno per la certezza delle pene e per la valutazione di percorsi riabilitativi per il recupero di chi si è macchiato di questi crimini – dice Ovattoni –Ho firmato un manifesto in cui si condanna fermamente la violenza sessuale, non ho certo acconsentito a partecipare ad una iniziativa giustizialista, abbiamo rispetto per il nostro sistema giudiziario, se una legge non va bene chiediamo di cambiarla, non ci sostituiamo certo ai giudici». E Francesca Storai, responsabile delle politiche femminili del partito: «Non siamo nel Far West, non applichiamo pene non comminate da un tribunale».