Turismo, spiragli di ottimismo ma siamo orfani degli stranieri
Lieve ripresa a giugno e luglio grazie agli italiani. L’assessore Marchi punta sulla “Via della lana” e sulla “Via medicea”. Federalberghi non si fa illusioni
prato
Il Covid, non ce la fa a seppellire il turismo in città e in provincia. Anche se i dati del primo semestre 2020 hanno registrato una flessione pesante, giugno e luglio hanno riaperto qualche spiraglio di luce. Nel primo semestre del 2019, un anno fa, le presenze e i soggiorni turistici, sia di lavoro sia di piacere, a Prato avevano toccato la punta delle 227mila unità fra strutture alberghiere e bed and breakfast; da gennaio a luglio di quest’anno sono state 127.314 e questo grazie al fatto che negli ultimi due mesi ci sono state 37mila presenze nuove, la maggior parte nei comuni della provincia.
Una piccola impennata estiva data soprattutto dal turismo italiano e di prossimità, come piace adesso chiamarlo. In termini assoluti, il raffronto con il 2019 disegna una “debacle” e nei primi sette mesi di quest’anno si è arrivati a toccare un meno 66,5% di presenze, una percentuale così pesantemente in ribasso dovuta soprattutto al blocco da marzo a maggio di ogni possibilità di movimento e soggiorno. «Il 2020 era partito molto bene e ricordiamoci che nel 2019 abbiamo avuto centinaia di migliaia di presenze del turismo cinese e giapponese – spiega Rodolfo Tomada, presidente di Federalberghi di Prato – Anche febbraio stava andando bene, poi da marzo il blocco totale a causa del Covid ha fatto chiudere tutto. C’è stata una ripresa in questi mesi estivi, ma potrebbe esser un fuoco fatuo, a giorni ci ritroviamo con il drammatico problema del calo turistico e strutture alberghiere che non ce la fanno più».
Nel mese di giugno, però, nei comuni della provincia si è registrato un aumento delle presenze turistiche dello 0,1 % rispetto ad un anno fa, un piccolo rialzo percentuale indice di un miglioramento. L’offerta turistica delle colline sia del Montalbano sia della Val bisenzio, con agriturismi e bed and breakfast, migliora la ricezione in ambienti e paesaggi che possono concorrere ad un salto di qualità. Ci sono poi da aggiungere la “Via della lana” da Bologna a Prato, attraverso l’Appennino Tosco-emiliano, e la “Via medicea” che collega le Cascine di Tavola alla via Francigena dopo Cerreto Guidi, nell’Empolese, passando da Poggio e Carmignano. La “Via della lana” sia a giugno sia a luglio è stata un successo di partecipazione.
«A luglio è stata frequentatissima, più di un anno fa – dice Lorenzo Marchi, assessore al Turismo del Comune – e da giugno si sta registrando un rialzo delle presenze negli agriturismi che è più che confortante». Il risultato economico è difficile da analizzare sul fronte del turismo; nel 2019 che ha segnato oltre 400mila presenze fra Prato e provincia la ricaduta economica sul territorio si è aggirata fra i 20 e i 25 milioni di euro. Numeri impensabili adesso. Il turista che arriva a Prato in genere ha una permanenza di due o tre giorni. Preferisce, soprattutto ora in periodo di coronavirus, strutture extra alberghiere e piccoli appartamenti. I flussi più importanti negli ultimi anni sono stati quelli del turismo orientale, proveniente soprattutto dalla Cina, dal Giappone e dalla Corea del Sud. Adesso i dati si invertono. Torna a crescere, per naturali motivi di mobilità, il turismo interno, tutto italiano. «Sulla “Via della Lana” investiamo come Comune ogni anno 45mila euro in promozione, sulla “Via medicea” che è partita da poco, la cifra è inferiore. È un tipo di turismo interessante e in crescita» ripete l’assessore Marchi. «Non illudiamoci. Il turismo che ha fatto grandi numeri era quello orientale. E adesso non c’è», sentenzia Rodolfo Tomada. —
alessandro formichella