Il Tirreno

Prato

L’uomo-eccezione con il cancro al seno: «Ecco le mie cicatrici»

di Maria Lardara
L’uomo-eccezione con il cancro al seno: «Ecco le mie cicatrici»

Stefano, grafico di 48 anni, e la scoperta della malattia. «Perché sono qui?», stupore e disagio in quell’ambulatorio

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PRATO «Francamente non riuscivo a capire perché mi trovavo lì. Per- ché stava accadendo a me e che ci facevo in quel posto, in mezzo a tutte quelle donne». Era come sentirsi un pesce fuor d’acqua. Disagio, stupore, senso di inadeguatezza. Il posto che Stefano Saldarelli dipinge sul suo blog è la sala d’attesa del centro di prevenzione oncologica “Eliana Martini”, a Prato. Dove uno s’aspetterebbe di trovare solamente donne in fila per la mammografia o l’ecografia mammaria. E invece c’era anche lui, il 48enne Stefano, con le sue “compagne di viaggio”, alcune delle quali con una benda intorno al capezzolo. Questo è successo alla fine del 2017: Ste fano Saldarelli, di professione grafico, aveva scoperto da poco di avere il cancro al seno. Era stato operato e si trovava al centro “Eliana Martini” per la medicazione post-operatoria. L’immagine della sala d’attesa restituisce la fotografia di una malattia che viene associata quasi sempre al sesso femminile. Ma colpisce anche gli uomini e le statistiche lo dimostrano se è vero che, come ha riferito l’oncologo dell’ospedale di Prato a Stefano, ogni anno al nosocomio pratese vengono operati 400 pazienti di cui circa l’1-2% sono uomini.

La campagna #cancroalsenomaschile. L’evento è raro ma possibile. E se ne parla poco, troppo poco. Così Stefano ha deciso di raccontare la malattia sul suo blog (stefanosaldarelli.com), dalla scoperta alla diagnosi del “carcinoma duttale infiltrante alla mammella”, come si legge sul referto dell’esame istologico. Ci ha messo la sua faccia, letteralmente. Di qui il lancio di una campagna di sensibilizzazione mirata alla prevenzione, scegliendo una foto choc. L’ha scattata l’amico Francesco Bolognini, un fotografo molto conosciuto a Prato. Le cicatrici sul corpo immortalate dall’obiettivo diventano un modo per esorcizzare il fantasma della malattia ma, soprattutto, un’immagine forte per far riflettere sull’importanza della prevenzione. Perché, come recita il manifesto che gira ora sui social net- work, «il cancro al seno non è solo roba da femmine».

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La scoperta. Stefano aveva già i colori del mare negli occhi. Agosto 2017, tempo di vacanze. Alla vigilia della partenza, fu la moglie Antonella ad accorgersi di un rigonfiamento, come un nodulo, all’altezza del suo capezzolo sinistro. Stefano ebbe giusto il tempo di fare un’ecografia al volo prima di salutare la città. In effetti, c’era qualcosa che non andava: il referto parlava di “tumefazione a sede mammaria sinistra”. Iniziava il calvario: se Stefano non avesse dato retta alla moglie forse non avrebbe saputo del cancro. Il secondo scatto della campagna #can- croalsenomaschile che uscirà sul blog nei prossimi giorni lo ritrae insieme alla moglie Antonella: senza una sua carezza, quella sera prima di partire per il mare, forse non si sarebbe scoperta la malattia.

La paura della chemioterapia. Il 5 dicembre Stefano finisce sotto i ferri. Mancavano i risultati dell’esame istologico ma la diagnosi gli era ormai fin troppo chiara: cancro al seno. Arrivò poi la conferma del “carcinoma duttale infiltrante alla mammella”: era necessario sottoporsi a un ciclo di terapia, 12 sedute in tutto. «All’inizio non volevo saperne, temevo gli effetti collaterali sul fisico, la perdita dei capelli. Ma poi sono entrato nella routine della chemio, ora sono a metà trattamento e per ora va bene».

Il tabú della prevenzione. «La femmina la femmina... o i’ maschio?» Stefano la butta sull’ironia quando prende a prestito per il suo blog una scena memorabile del film “Berlinguer ti voglio bene” per veicolare un messaggio importante. «La prevenzione dovrebbe essere tema trasversale, senza distinzioni di genere. O forse si dovrebbe genericamente parlare di cancro al seno senza specificarne la natura maschile o femminile».

Il corpo che cambia. Niente capezzolo sinistro: al suo posto, una bella cicatrice. Ormai Stefano doveva prendere coscienza dei segni sul suo corpo. «Mi vedevo debilitato, minato nella mia virilità in quanto affetto dal tumore al seno. E dire che non potevo nemmeno classificarlo come “tumore al pettorale” per dargli una connotazione più maschile...».

La vita va avanti. Quando un malato di cancro ti racconta la sua storia ti mette in mano un bagaglio fragile di sensazioni, paure, emozioni. Compresa quella stanchezza che è norma- le quando le sedute di chemio si susseguono a distanza di una settimana. Ma Stefano non può fermarsi: fa il grafico per conto suo, deve “creare”. È un lavoratore autonomo. L’assenza prolungata per malattia a lui non è concessa. Non stiamo parlando di un’influenza ma del cancro. «In questi giorni il fisico mi chiede di riposare e invece sono sempre via per lavoro. La situazione è drammatica: pago anch’io l’Inps ma non ho gli stessi diritti del dipendente». La vita va avanti, per forza.

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