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Pontedera, chiude storico calzolaio dopo 45 anni: «Nessuno fa questo mestiere»

di Paola Silvi
L’ingresso della “Calzoleria” e Ademaro Burgalassi
L’ingresso della “Calzoleria” e Ademaro Burgalassi

Si abbassa la saracinesca dell’attività: finirà gli ultimi lavori poi annuncia che andrà in pensione

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PONTEDERA. «Puoi vestirti di tutto punto, ma se non hai le scarpe giuste è perfettamente inutile. I piedi sono la prima cosa. Meritano attenzione ed è un investimento che ripaga».

Sorride, racconta con gentilezza del presente ma soprattutto del passato, provando a nascondere l’emozione. Perché Ademaro Burgalassi, uno degli ultimi calzolai di Pontedera, l’unico in tutto il quartiere di Fuori del Ponte, chiude definitivamente la prossima settimana la saracinesca della sua bottega di via Vittorio Veneto. Mocassini e tacchi a spillo, qualche borsa appesa, un caleidoscopio di calzature in attesa di una seconda vita, di una rigenerazione catartica.

«Quando avrò consegnato i lavori che mi restano da finire – dice – potrò andare in pensione». Depone punzoni, torchietti e colla e dopo più di 45 anni Burgalassi saluta i suoi clienti che hanno provato in tutti i modi a fargli cambiare idea ma non ci sono riusciti. «Questo mestiere non è proprio una passeggiata. Sono quattro, cinque lavori tutti insieme. Sto spesso in piedi e per non deludere le persone – racconta – e non farle aspettare troppo, a volte ci passo anche i dopocena a riparare le scarpe. Questo negozio è stata tutta la mia vita ma a 77 anni suonati devo smettere. Se fossi stato più in forze avrei rimandato ancora ma ormai, anche se con tristezza, devo chiudere. Mi dispiace perché lascio una bella clientela e anche in questi giorni ho dovuto rifiutare qualche lavoretto».

Ma al posto della Calzoleria, per il momento, non arriverà nessun altro negozio. «Non ho trovato nessuno a cui cedere l’attività – conferma – neppure in regalo. In questa via in tanti hanno lasciato. Poco tempo fa anche La Mora, dopo tre generazioni. D’altra parte poi questo mestiere devi averlo nel sangue, un po’ come nel caso del falegname o dell’elettricista. Ci vuole manualità, impegno e voglia di imparare». Burgalassi agli esordi però sognava di realizzare scarpe su misura, non di intervenire per aggiustarle. «Avevo preso il diploma da modellista ma a Pontedera non c’era tanto mercato in quel settore. Così decisi di prendere la bottega. Nel frattempo ogni tanto capitava qualcuno, più che altro fiorentini, che chiedeva una calzatura. Ma ho capito presto – aggiunge – che riparando scarpe avrei avuto un futuro. E i clienti c’erano eccome e ho lavorato bene per quasi mezzo secolo. Il corso poi, con quella pavimentazione, non aiuta certo i tacchi».

Il suo segreto è stato quello di essersi aggiornato costantemente e di aver imparato a utilizzare le macchine e la tecnologia. «Ma soprattutto – continua – dialogare con i clienti, comprendere le loro esigenze. Questo è un mestiere che ti restituisce quello che dai. Ma è anche un mestiere che nessuno vuole più imparare». Diverse ombre si addensano insomma sul settore dell’artigianato. «Un altro aspetto – specifica – riguarda anche la qualità. Ho un paio di scarpe ancora nuove che hanno 40 anni. Ma oggi non si usano più i materiali di una volta, quel cuoio, quella pelle. Tante calzature si sbriciolano tra le mani, come molti altri prodotti sono fatte per durare un certo periodo e per essere ricomprate». E alla fine il momento degli addii è arrivato. «Avrò più tempo – conclude – per riposarmi e dedicarmi alla famiglia». 

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