Il Tirreno

Pontedera

Discriminazione

Insulti razzisti a una donna al supermercato, l’autore se ne vanta: «Sono fiero, non è una colpa». Lo sconforto della vittima: «Cosa serve per stare in pace?»

di Nilo Di Modica

	Gli insulti mentre erano in coda al bancone del supermercato
Gli insulti mentre erano in coda al bancone del supermercato

L’episodio in un punto vendita di Montopoli, vittima una italiana d’origine senegalese

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MONTOPOLI. «Sono razzista, e allora? Tornatevene a casa». È così che in un supermercato a Montopoli Valdarno (Pisa) va in scena l'orgoglio dell'intolleranza. A farne le spese, fra l'incredulità e la voglia di reagire, è stata una 36enne italiana di origine senegalese che si è vista aggredire verbalmente per il colore della pelle. L'autore è un sessantenne italiano che ha innescato l'aggressione verbale per un banale diverbio sull'ordine della fila di fronte a un bancone, diverbio peraltro nato sull'onda delle incomprensioni. Il fatto è avvenuto alcuni giorni fa, con tanto di intervento dei carabinieri. Il tutto è nato di fronte al banco della pescheria, dove l’uomo veniva già servito e la donna, in attesa, stava dietro di lui. Di qui la necessità della donna di “prenotare” il posto dopo di lui con un cenno alla commessa, in modo da proseguire intanto con la spesa. Apriti cielo. Tanto poco è bastato per scatenare una sequela di offese, che subito hanno assunto tutti i classici toni del razzismo.

Gli insulti e lo sconcerto della donna

«All’inizio non ho nemmeno capito che ce l’avesse con me», racconta la donna, che è residente da anni nella vicina San Miniato, al confine con Montopoli. «Rivolto alla commessa al banco, l’uomo ha iniziato a dire che quelli come noi dovrebbero tornare tutti al loro paese, che non sopporta gli stranieri - dice la donna, che ha visto peggiorare la situazione non appena ha deciso di affrontare quella prepotenza - Pensava che volessi passargli avanti e non ha sentito ragioni, continuando con gli insulti razzisti».

A nulla sono valsi i tentativi di spiegarsi, fino a quando il movente di tanto odio, al di là delle quisquilie del turno, non sono venute a galla. «Sono razzista e ne vado fiero. Non è una colpa».

I fatti sono stati confermati dalla commessa, che poco dopo ha condiviso la scena con altri colleghi del supermercato, intervenuti per calmare gli animi. A niente è valso l'intervento dei carabinieri, chiamati dalla donna una volta uscita fuori nel parcheggio dove l'aspettavano il marito e i tre figli, che l'hanno poi accompagnata di nuovo all’interno.

«Ciò che mi dispiace di più è che debbano aver assistito all’accaduto i nostri figli - spiega al telefono il padre - In tanti anni non mi era mai successa una cosa simile».

Tanti sono anche i testimoni. La famiglia è cliente abituale del punto vendita. «Viviamo in questa zona da molto tempo, qui ci siamo conosciuti, qui abbiamo deciso di costruire la nostra famiglia - dice ancora la donna, con l’animo che subito, tornando con la mente a quegli attimi, si scalda - Che cosa si deve fare per stare in pace?».

L’ipotesi di una protesta antirazzista

Le forze dell'ordine hanno raccolto le testimonianze. Lo scorso 16 agosto la famiglia ha sporto regolare denuncia. E corre anche voce di una protesta pubblica antirazzista in via di organizzazione.

Intanto dal mondo della politica si sono alzate le prime voci. «Se avessi di fronte quel signore gli direi che questa famiglia, che conosco bene, è già nel suo paese. La cittadinanza non c’entra - dichiara il sindaco di San Miniato, Simone Giglioli - In un territorio come il nostro che ha saputo accogliere tante comunità, fatti del genere fanno male e sono il frutto, temo, di un clima esasperato dai tanti che hanno soffiato sul fuoco per motivi elettorali».

Annuncia un incontro con la famiglia e future iniziative anche l’assessora all’istruzione e al contrasto alle discriminazioni di Montopoli, Kendra Fiumanò.

«Purtroppo un caso tutt’altro che isolato - osserva - Le persone saranno il centro della nostra azione politica. Lo saranno i loro diritti, la loro libertà e la loro autodeterminazione. Un lavoro che però non può essere solo istituzionale ma deve essere fatto insieme a una comunità pensante, sensibilizzata rispetto a questo tema».  

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