Il Tirreno

Pontedera

Il prete su ruote

Don Armando Zappolini, predicatore in Vespa: «È un mezzo che crea aggregazione»

di Libero Red Dolce e Federica Scintu

	A sinistra don Zappolini con la felpa della Vespa a Pontedera e di fianco in sella alla sua PX150
A sinistra don Zappolini con la felpa della Vespa a Pontedera e di fianco in sella alla sua PX150

Socio del Vespa Club Valdera, il prete degli ultimi è un appassionato della due ruote: «Ce l’ho da dieci anni, siamo stati in Sicilia contro le mafie e nella Terra dei Fuochi”

18 aprile 2024
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PONSACCO. Un predicatore su due ruote. Che don Armando Zappolini non sia un prete come gli altri non è certo una sorpresa per chi conosce la sua attività al fianco degli ultimi e le sue prese di posizione mai scontate, nel solco di un vangelo dell’accoglienza e della pace. E come immaginare mezzo più adatto alla predicazione di un prete di strada della Vespa, la due ruote essenziale, agile e che è fin dalla sua nascita simbolo di aggregazione e socialità? Non stupisca, dunque,  trovare don Armando sul palco del Vespa World Days di Pontedera, per lanciare a modo suo – vespista convinto ed entusiasta - la manifestazione di ritorno in città dopo diversi anni.

Sul palco viene accolto da un applauso convinto e generoso. Casco nero agganciato al polso, felpa amaranto con il caratteristico logo dello scooter Piaggio e un messaggio pieno di speranza da condividere con una platea internazionale. “Siamo gente bella, piena di amore, gente che accoglie. Noi vespisti abbiamo una filosofia che è stare insieme, guardare le cose, stare in compagnia: un modo di vivere che crea relazioni e crea un’umanità bella”. Fiero membro del Vespa Club Valdera (ha lo stemma cucito sul giubbotto), Zappolini racconta il suo punto di vista sul mondo dello scooter.

“Sono vespista da più di 10 anni, ho una Px 150. Con le marce ovviamente, perché per me la Vespa è quella con le marce”, spiega. E’ arrivato a bordo della sua Px blu anche se il cielo prometteva (e manteneva) pioggia. Ma d’altronde è un vespista: il meteo non intimorisce troppo quando c’è la passione. “La Vespa mi piace perché è un mezzo che crea aggregazione. I vespisti, come i ciclisti, quando si muovono in gruppo si sanno godere il tempo. E’ un altro modo di viaggiare. Ti ritrovi, parli, crei relazioni. E comunque finisci sempre a parlare della meccanica”. Certo, don Zappolini certe volte fa sentire la sua mancanza al suo circolo. Specie la domenica.

“Quel giorno lì – dice ridendo – ho altri impegni piuttosto importanti, come capirete. Ma quando è possibile cerco di organizzare delle iniziative con i miei compagni di circolo”. Ed è in queste occasioni che il prete di strada incontra il vespista. “Siamo stati in Vespa contro la mafia a Corleone o in corteo su due ruote nella Terra dei fuochi in campani. Certo, altre volte piace anche andare in giro per mangiare una bistecca nel Chianti”.

Nella visione “zappoliniana” della Vespa quel che conta è la capacità di aggregare, in un ragionamento che va oltre la semplice passione per lo scooter. “Non sei da solo anche se viaggi da solo. E’ un mezzo di viaggio che non ti isola dagli altri”. Si sentono qui riecheggiare le parole che utilizzò nell’omelia pasquale dell’anno scorso: “Penso ai volontari e alle professionalità di tanti operatori sociali. Si fanno carico della solitudine, del pianto, delle sofferenze delle persone. Cerchiamo di capire che un mondo più sicuro è un mondo più giusto, dove tutti hanno dignità di vivere”. Il dialogo, con qualunque mezzo: il vangelo, la parola, il confronto e perché no, la Vespa.

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