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Dalla maturità al cuore dell’Africa Caterina regala sorrisi in Tanzania

Paola Silvi
Dalla maturità al cuore dell’Africa Caterina regala sorrisi in Tanzania

La 19enne di Pontedera si è unita a un’associazione umanitaria dopo il diploma «Se non lo avessi fatto adesso non avrei più avuto occasione: qui la realtà è dura»

03 febbraio 2023
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PONTEDERA. Da Pontedera alla Tanzania, il lato nobile e generoso della “meglio gioventù” ha il volto di Caterina Petri.

L’azione silente ma fondamentale del volontariato racconta della presenza di una diciannovenne, che dalla città della Vespa è partita da sola per raggiungere un’organizzazione senza scopo di lucro, Yes we can a Kigoma, un paese dell’Africa orientale, ai piedi del lago di Tanganika. Caterina si è diplomata in estate al liceo coreutico di Livorno e fino a pochi mesi fa stava decidendo quale percorso universitario affrontare. Poi ha visto un video su TikTok, uno fra i tanti che i ragazzi di quell’età scorrono ogni giorno. «Quello però era diverso, mi ha decisamente colpito. C’era Nicolò che raccontava del suo servizio in Tanzania. Sono rimasta affascinata. Ho sempre voluto fare esperienze di questo tipo – dice Caterina con semplicità – e ho pensato che se non lo avessi fatto adesso poi non mi sarebbe più ricapitata un’altra occasione. Una volta scelta l’università, fra esami e lavoro, avrei rimandato all’infinito».

Così ha rinunciato ai comfort, a una vita agiata e alle serate con gli amici per mettersi a disposizione. Con le proprie competenze e tutta se stessa. «Sono arrivata a gennaio e ho incontrato Nicolò Maestro, l’altro volontario, originario di Mondovì, in provincia di Cuneo, con il quale collaboro». Si occupano dei bambini, dai due ai sei anni, che vivono nell’orfanotrofio a Kigoma ma anche di quelli che una famiglia ce l’hanno, seppur povera, disagiata e disgraziata.

«La mattina affianchiamo i due docenti che, in lingua swahili, insegnano a leggere, scrivere e contare mentre noi facciamo inglese. Non occorre essere madrelingua perché veicoliamo le conoscenze base. Poi di pomeriggio – spiega – organizziamo escursioni, giochiamo con loro per farli sentire meno soli, ce ne prendiamo cura». Oltre 20 storie di dura quotidianità, da ascoltare e accogliere. Oltre 20 sorrisi, scatenati con la forza semplice e gratuita della creatività e della disponibilità. Tanti sono i bambini che Caterina ha incontrato in queste settimane in Tanzania, in un viaggio di crescita, a tratti straordinario e a tratti sconvolgente alla scoperta di realtà completamente diverse dalla nostra. «Nessuno va lasciato indietro» aggiunge, lanciando un messaggio che si traduce come un manifesto di altruismo e di solidarietà.

«Se c’è la possibilità di farlo, dobbiamo dare una mano a chi è in difficoltà». Perché l’infanzia perduta e rubata a delle vite innocenti la cui unica “colpa” è quella di essere nati nella parte sbagliata del mondo non ha lasciato indifferente la diciannovenne. «Questi bimbi ci riempiono di gioia ma assistiamo a situazioni ai limiti della decenza. Non si tratta solo di scarsa igiene. Chi di loro ha un parente – continua – vive in una sorta di discarica, in baracche con porte fatiscenti di lamiera, dorme in materassi mangiati da topi e spesso non ingeriscono cibo per giornate intere e quando arrivano la mattina da noi svengono. Anche un semplice pezzo di pane per loro è una gran festa. Abitano con nonni alcolizzati che dormono inerti, con madri disperate e con nonne che per sopravvivere si prostituiscono, sempre lontane, incuranti. Le nostre condizioni, pur molto differenti da quelle a cui siamo abituati non sono niente. Nelle nostre stanze, nella struttura dell’associazione, abbiamo l’elettricità e l’acqua corrente. Svegliarsi in compagnia di qualche blatta, colonie di termiti o ragni non conta se rapportato a quello che i bimbi sono costretti a subire. Non basta raccontarlo. Si può provare a immaginare il contesto ma è comunque lontano anni luce dalla cruda realtà».

Nella voce di Caterina non c’è ombra di scoraggiamento ma un entusiasmo consapevole di chi ha avuto la possibilità di immergersi totalmente in un’esperienza che ti stravolge priorità, valori e visioni. Il volontariato è un dono per chi lo fa.

«Sto ricevendo di più di quello che sto dando. Sono tanto grata. Mai mi sono sentita a posto con me stessa come ora. E proprio per questo abbiamo pensato di lavorare a una serie di iniziative. Stiamo cercando – prosegue – di organizzare un corso di computer per i ragazzi più grandicelli e uno di cucito per le ragazze. Queste competenze sarebbero un’occasione in più per poter cercare un lavoro e rendersi indipendenti. Ma soprattutto puntiamo sul reperire fondi per acquistare una parte della struttura che gestiamo, dove potremmo far trasferire i bimbi dell'orfanotrofio. Quella in cui stanno attualmente non è sicura. È recintata da canne di bambù che durante la stagione delle piogge vengono distrutte e il cortile in terra rossa diventa una pozzanghera. Poter comprare la casa permetterebbe di aumentare le camere a disposizione e di inserire ancora più bambini che lascerebbero la strada definitivamente. Servono però 22mila dollari. Ogni aiuto è ben accetto per regalare un po' di speranza».

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