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Bagni San Michele alle Formiche: quelle sorgenti curative da riportare in funzione

Paolo Falconi
Bagni San Michele alle Formiche: quelle sorgenti curative da riportare in funzione

La leggenda narra che quelle acque sulfuree sgorgarono dalla terra attraverso un buco provocato dalla caduta della campana dell’abbazia. Ora l’amministrazione comunale di Pomarance vuole valorizzare quell’area di circa 184 ettari

25 agosto 2022
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POMARANCE. La leggenda narra che quelle acque sulfuree sgorgarono dalla terra attraverso un buco provocato dalla caduta della campana dell’abbazia. I Bagni di San Michele alle Formiche, vicino a Pomarance, di sicuro rappresentano una sorta di spa medievale, con vasche termali risalenti al XIII secolo. Sembra che il nome derivi dal fatto che, durante la festa di San Michele, il 29 settembre, sciami di formiche invadessero quei luoghi. L’antico edificio termale, diviso in due parti da un torrente, conserva ancora oggi alcune vasche, tra cui una quadrata avvolta da mura dipinte di celeste, piena di acqua sulfurea (non caldissima), ancora alimentata da un pozzo che si trova in un angolo. Poco più là l’eremo di San Michele delle Formiche con i resti della badia celestina eretta nel 1377 dagli omonimi monaci, il cui ordine venne fondato da Pietro da Morrone, futuro papa Celestino V. L’eremo fu abbandonato intorno al XVIII secolo, quando vi era rimasto un solo monaco.

Ora l’amministrazione comunale di Pomarance vuole valorizzare quell’area di circa 184 ettari, e ha dato mandato alla società Smaf srl di Ponsacco il permesso di ricerca per acqua minerale e termale denominato Sorgente San Michele. Una delicata operazione, perché la zona è sotto la tutela della Soprintendenza, per cui le attività di ricerca del programma dei lavori, a cominciare dalla prima fase della ricerca, dovranno escludere qualsiasi tipo di perforazione esplorativa, visti appunto i vincoli presenti nel territorio oggetto della ricerca e la presenza di edifici storici, una volta note le ubicazioni dei pozzi esplorativi, si ritiene necessaria avviare una verifica istruttoria e le relative autorizzazioni dei progetti di perforazione che dovranno comprendere oltre che le perforazioni, anche le piste di accesso, le aree di cantiere e le modalità di smaltimento dei residui.

Al termine della prima fase di ricerca, ricostruito il quadro geologico e idrogeologico dell’area studiata, nel caso che gli esiti di tali studi siano positivi ovvero abbiano evidenziato aree potenzialmente sfruttabili in quanto produttive, dovrà essere attivato un procedimento di verifica di assoggettabilità per proseguire poi con le fasi di ricerca.

Visti i vincoli presenti nel territorio oggetto della ricerca e la presenza di edifici storici, una volta note le ubicazioni dei pozzi esplorativi, si ritiene necessaria avviare una verifica istruttoria e le relative autorizzazioni dei progetti di perforazione. Hanno dato il loro benestare la Regione Toscana (Direzione Ambiente ed Energia, Gestione acque minerali e termali) la Provincia di Pisa, la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio Provincie di Pisa e Livorno, l’Azienda Asl Toscana Nord Ovest, l’Arpat, l’Autorità di Bacino distrettuale Appennino settentrionale, l’Autorità idrica Toscana, il Genio civile Valdarno Inferiore e costa, il Consorzio di bonifica Toscana costa, l’Unione Alta Valdicecina-Vincolo idrogeologico e Commissione del paesaggio.

In tre anni, a partire da oggi (la determina resta all’Albo pretorio fino al 2 settembre), si ritiene di poter realizzare, a meno di inconvenienti o imprevisti, quanto indicato nel programma dei lavori per un ammontare di un investimento complessivo di 300mila euro, la cui fetta sostanziosa (metà importo) è data dalla progettazione ed esecuzione del pozzo esplorativo. La stessa società Smaf ha dovuto provvedere a una polizza fideiussoria con Assicurazioni Generali agenzia di Pontedera, di € 60mila euro.

«Quell’acqua – puntualizza il geologo Roberto Chetoni – ha proprietà uniche al mondo grazie al Ph di 10,6. È in grado di sanare qualsiasi infiammazioni»

Secondo Emanuele Repetti vissuto 1700 e ’800, geografo, storico e naturalista in una delle sue continue escursioni in tutta la regione per raccogliere il maggior quantitativo di informazioni utili a dare alle stampe il Dizionario geografico fisico storico della Toscana (pubblicato a fascicoli tra il 1833 e il 1846), ebbe a scrivere sui Bagni di San Michele: “Le polle sono termali, acidule, al gusto disgustose, limpide, inodorose, di 25 gradi di temperatura, e col riposo depositano un calcareo tartaroso compatto e biancastro. Questo Bagno fu descritto da Mengo Faentino, da Falloppio (quello delle tube, ndr) e da Targioni Tozzetti. Si adopra la sua acqua per immersione, ed è accreditatissima per dolori artritici, paralisi, e piaghe alle gambe. Alla base d’un monte serpentinoso traversando uno schisto argilloso carbonato e bituminoso, che ne riveste le falde orientali, presso le quali scaturisce l’acqua minerale. Le sostanze mineralizzanti che predominano nella loro composizione sono gas acido idrosolforico, carbonati di calce e di magnesia, solfato di soda e silice in piccola quantità”.

Nell'Ottocento ne è proprietario il conte Florestano De Larderel che ne cura il restauro, ma nel Novecento la struttura subisce il totale, inglorioso, abbandono se si pensa che all'epoca del Targioni Torzetti era ancora molto accreditata, tant'è che egli racconta che “ogni anno, dal maggio fino al solleone, vi concorrevano circa 300 persone, numero assai considerevole vista la scarsa popolazione di questa parte della Toscana”. Oggi il Bagno è nell’elenco, seppur in posizione defilata, dei Luoghi del Cuore del Fai.

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