Minacce anti-aziendali sui social, dipendente licenziata alla Piaggio
Una lavoratrice scrive "Ammazziamoli tutti kuesti bastardi" sotto il post della visita di Renzi e Colaninno, un'altra mette "mi piace". Licenziamento per la prima, richiamo per la seconda. Ora si preannuncia una battaglia legale
PONTEDERA. Il confine tra virtuale e reale può avere anche il sapore amaro, e spietato, d’una lettera di licenziamento. Perché nella vita vera le cose non funzionano come in “The social network”, il film che racconta in modo romanzato la nascita del social più famoso e affollato dei nostri giorni e in cui emerge in maniera chiara l’idea alla base di Facebook: la condivisione. Di idee, commenti, foto, video, ma, troppo spesso, anche di offese, minacce, anatemi e condanne aprioristiche. E in questi casi la condivisione “scotta”.
È quanto hanno scoperto, loro malgrado, due dipendenti della Piaggio residenti in Valdera, entrambe richiamate e ammonite dall’azienda per cui lavorano; in un caso è già arrivata addirittura la lettera di licenziamento, per aver offeso e minacciato il presidente del colosso delle due ruote, Roberto Colaninno, e il premier Matteo Renzi. Perché ciò che viene scritto laddove tutti possono leggerlo non è da ritenersi confinato al popolo del web, ma diventa di dominio pubblico e quindi perseguibile. La vicenda rimbomba da giorni tra le officine che profumano di storia, ed è argomento principale di discussione tra operai e impiegati.
Il fatto. Il 23 aprile 2016 è un giorno che due piaggiste ricorderanno a lungo. È il compleanno della Vespa e Pontedera celebra i 70 anni dello scooter più famoso del mondo con una serie d’iniziative. Il centro della città dove negli anni Settanta e Ottanta in ogni famiglia c’era una tuta blu, è vestito a festa; c’è un raduno internazionale di vespisti e le porte dello stabilimento si aprono, nel pomeriggio, per ospitare anche il presidente del consiglio Matteo Renzi, accompagnato da Roberto Colaninno. Lo stesso giorno, alle 14,28, una dipendente posta sul suo profilo Facebook l’articolo del Tirreno che annuncia l’imminente visita di Renzi, corredato dalle foto del primo ministro insieme al presidente Colaninno di fronte a una Vespa. Poco dopo, ecco il commento della seconda protagonista della vicenda: «Ammazziamo tutti kuesti bastardi». La frase «Ammazziamo tutti kuesti bastardi» riceve il “mi piace” di colei che aveva pubblicato il link alla notizia. Un passaggio che - a quanto pare - non è passato inosservato.
IL POST CHE HA SCATENATO IL CASO:
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L’amara sorpresa. Trascorre qualche giorno e la titolare del profilo Facebook su cui era apparsa la notizia viene convocata dall’azienda, durante l’orario di lavoro. L’ammoniscono circa il suo “mi piace” al commento incriminato della collega e le consegnano una lettera di contestazione. Seguita, a distanza di alcuni giorni, da un’altra comunicazione: il licenziamento “per giusta causa”. Nel frattempo, anche l’autrice del commento, non al lavoro perché in malattia, riceve una lettera di contestazione. Con tanto di foto allegate che mostrano la sua frase sotto al post della compagna di lavoro e il “mi piace” cliccato da quest’ultima.
La donna, che intanto ha esaurito i giorni di riposo, verrà convocata a breve - quasi certamente già domani - e nei suoi confronti è automatico supporre che scatterà lo stesso provvedimento di licenziamento. Il condizionale è d’obbligo in quanto né l’azienda, né i sindacati che assistono le due lavoratici hanno voluto fornire indicazioni sulla vicenda. Le vittime del primo licenziamento “social” in quest’angolo di Toscana sono seguite da due diverse sigle sindacali, che stanno cercando di capire se ci sono gli estremi per alleggerire le loro posizioni. Nel caso della donna già colpita da provvedimento di licenziamento il sindacato ha immediatamente avviato le pratiche per la richiesta di reintegro. Per l’altra si aspetta invece di conoscere le argomentazioni di Piaggio.
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Le reazioni. Un pizzico d’incredulità e una spruzzata di pentimento attraversano le parole dell’autrice del commento finito sotto la lente d’ingrandimento dei vertici dirigenziali della Piaggio, molto vicini al presidente Colaninno. La donna chiede che non venga reso pubblico il suo nome e spiega: «Quelle parole sono la conseguenza d’un momento di debolezza personale, causato da diverse situazioni della mia sfera privata». Si dice invece serena l’altra lavoratrice (colei che ha dapprima pubblicato la notizia e successivamente messo “mi piace” alla frase della collega) già colpita dal licenziamento. Anche lei chiede l’anonimato: «Sono tranquilla, ho messo tutto in mano al mio avvocato e spero che il caso si concluda prima possibile».
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Social pericolosi. Un paio di mesi fa, stando a indiscrezioni, alcuni operai Piaggio sarebbero stati multati con la decurtazione dallo stipendio di alcune ore lavorative in seguito a frasi offensive scritte, su Facebook, all’indirizzo di loro superiori. Un altro caso, seppur di minore impatto rispetto a quello che ha riguardato Renzi, Colaninno e le due dipendenti, in cui il social network si è rivelato un mezzo di comunicazione pericoloso. Da usare con cautela, tenendo presente che ciò che si scrive su Facebook, Twitter e altre piattaforme simili può scavalcare il mondo virtuale ed essere impugnato nella realtà, in ambito legale.
Per il lavoratore c'è l'obbligo di fedeltà
L’articolo 2105 del codice civile è stato a lungo centro di dibattito. Stabilisce che «il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio». Il lavoratore deve astenersi da qualsiasi condotta che per sua natura risulti in contrasto con i suoi doveri o sia comunque idonea a ledere il presupposto fiduciario con il datore. Anche per quanto riguarda il tempo che passa fuori dall’ufficio, per tutta la durata del contratto di lavoro.
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