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Pontedera, alla Piaggio scatta il contratto di solidarietà: «Così salviamo l’occupazione»

di Lorenzo Carducci
Pontedera, alla Piaggio scatta il contratto di solidarietà: «Così salviamo l’occupazione»

L’accordo firmato da proprietà e sindacati confederali durerà fino a fine febbraio. L’Usb non ci sta: «Hanno obbedito ai padroni, siamo pronti a fermare la produzione»

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PONTEDERA. Dalla cassa integrazione alla solidarietà. Di fronte alle difficoltà dell’automotive, tra caro energia, un mercato contratto da dazi e dinamiche internazionali e la ricaduta delle politiche europee sull’elettrico, la Piaggio continua a far ricorso agli ammortizzatori sociali.Giovedì a Pontedera, la proprietà del gruppo e i sindacati confederali hanno firmato il contratto di solidarietà valido dal 29 settembre 2025 al 28 febbraio 2026 (il periodo di calo della produzione) per tutti i circa 3mila operai e impiegati dello stabilimento. Un accordo mal visto dall’Unione sindacale di base, che parla di «800 esuberi e zero dignità», accusa Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Uglm di aver «obbedito al padrone» e si dice pronta «a fermare la produzione», come atto di resistenza alle politiche aziendali.

La solidarietà sarà a rotazione: i lavoratori dei vari reparti si fermeranno a turno - in modo tale da non fermare le linee produttive - per una media che si aggira sui due-tre giorni al mese, non retribuiti dall’azienda ma integrati dall’Inps secondo i parametri. Ciò consente alla Piaggio di contenere i costi salvaguardando al contempo l’occupazione, priorità che ha spinto a firmare i sindacati confederali. Nella consapevolezza che, come scrivono in una nota congiunta, «la difficile congiuntura di mercato che sta attraversando il settore, aggravata da un contesto geopolitico internazionale instabile, ha reso necessario il ricorso allo strumento della solidarietà per affrontare l’attuale fase di calo produttivo».

«Tuttavia, questo non basta ad attenuare le nostre preoccupazioni - aggiungono le quattro sigle - In attesa di conferme sul piano industriale e sugli investimenti, ribadiamo con forza la necessità di garantire prospettive chiare e durature per lo stabilimento di Pontedera, da sempre cuore produttivo e simbolico del gruppo Piaggio. Serve ora un impegno concreto da parte dell’azienda: un segnale chiaro che dia seguito alle dichiarazioni sulla strategicità degli stabilimenti italiani, vada oltre la logica dell’emergenza e fornisca risposte strutturali sul futuro industriale, sugli assetti occupazionali e sulle strategie di rilancio». Con un atteggiamento di comprensione del momento ma anche di monitoraggio attivo sulle richieste effettuate, i sindacati tornano a far leva sui punti già toccati lo scorso 10 settembre nell’incontro col presidente e l’amministratore della Piaggio, Matteo e Michele Colaninno.

Toni ben diversi quelli della Rsu dell’Unione sindacale di base. «Ancora una volta si firma un accordo che i lavoratori non hanno deciso - scrive l’Usb - Con la scusa dell’ "emergenza" e della crisi ci obbligano con un ricatto inaccettabile. E attenzione: quel ricatto lo manovra il padrone. E oggi, a consegnarglielo, sono stati quei sindacati complici che, senza chiedere nulla in cambio, hanno svenduto 800 lavoratori - operai e impiegati - alla logica del profitto. Parlano di "contratto di solidarietà", ma qui di solidarietà non c’è nemmeno l’ombra. La solidarietà, quella vera, dovrebbe servire a salvare posti di lavoro in momenti di crisi reale. Piaggio da anni sfrutta questi strumenti come un bancomat: prima la cassa integrazione, ora la solidarietà, Il tutto mentre continua a distribuire dividendi, a non investire in nuovi modelli di veicoli, a perdere quote di mercato senza nessuna vera strategia industriale».

La sensazione è che la proprietà ritenga di essere inattaccabile per lo sforzo nel mantenere il tasso occupazionale del pre pandemia e nell’incrementare gli investimenti da 90 a oltre 140 milioni di euro l’anno (adeguandosi sull’elettrico) nonostante un calo delle vendite intorno al 30% rispetto al 2019. Se per il 2026 trapela maggior fiducia, al momento non sembrano esserci grossi margini. E anche per eventuali stabilizzazioni si dovrà aspettare fino a fine febbraio.

«Prima di firmare un simile accordo - vanno avanti i "dissidenti" - si poteva e si doveva discutere con i lavoratori, ma si è preferito farlo in una misera ora di assemblea convocata il giorno stesso della firma dell’accordo. Non si è votato niente, si è solo obbedito. Chi ha firmato, ha avuto il coraggio di dire che lo ha fatto "con il mandato dei lavoratori". Mentono sapendo di mentire. La verità è che hanno firmato alle spalle dei lavoratori, mentre molti di noi erano in cassa integrazione. Hanno scelto di escludere pezzi di Rsu, cioè pezzi di rappresentanza operaia reale, democratica. I fratelli Colaninno la crisi ce la fanno pagare a noi, per mantenere il loro impero. Ma noi siamo pronti a bloccare tutto. A fermare la produzione. Il momento è difficile, ma non si esce dalle crisi col silenzio». Insomma, la situazione è complessa e il clima non pare dei migliori.

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