Pistoia, assalto al bus dei tifosi: il Comune sarà parte civile – Baraonda Biancorossa sceglie il silenzio: «Non saremo alla partita»
Omicidio Marianella: convalidati i fermi dei tre ultras reatini. Nelle intercettazioni ambientali viene ipotizzato che a lanciare il sasso «a punta» sia stato il più giovane. I tifosi: «Domenica parteciperemo solo al minuto di silenzio»
PISTOIA. «Aspettiamo di prendere contatto con la famiglia di Marianella per qualsiasi tipo di necessità di cui avranno bisogno. Anche eventualmente di un supporto economico, se servirà. Per ora sono in contatto costante col sindaco di Rieti, che mi tiene aggiornato su ogni passo dell'inchiesta. Insieme abbiamo deciso che entrambi i Comuni saranno parti civili nella vicenda giudiziaria che si aprirà». Lo ha annunciato il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, in merito ai fatti avvenuti domenica sera dopo la gara di serie A2 fra Rieti ed Estra Pistoia, con l'assalto al bus di tifosi pistoiesi che ha portato alla morte del secondo autista del mezzo, Raffaele Marianella.
Tomasi sperava che dalla Federazione pallacanestro arrivassero notizie diverse. Prima di sapere cosa l’incontro presieduto da Gianni Petrucci avesse “partorito” (il classico topolino uscito da una precedente montagna di indignazioni collettive), auspicava che la Federazione decidesse di sospendere i campionati di basket. Non è successo. Ci sarà solo un minuto di silenzio su tutti i parquet. I giocatori del Pistoia Basket giocheranno con la fascia nera al braccio.
Chi ha deciso di togliersi dal gioco è la Baraonda Biancorossa. Il gruppo del tifo organizzato pistoiese che - con numeri più piccoli o più grandi a seconda della distanza da percorrere - segue sempre in trasferta la squadra, ha deciso di non essere della partita. E alla partita. «Al rientro da Rieti siamo stati vittime di un'azione vile e infame e crediamo che nessun altro termine possa essere usato per descrivere il lancio di due massi sul parabrezza di un pullman che viaggiava ad alta velocità. Questo va oltre ogni limite che possa essere anche solo concepito e tutto ciò ci sta facendo riflettere su quello che è diventato il mondo del tifo e quelli che sono i valori davvero importanti. Non abbiamo per nulla voglia, in questo momento, di tifare come se nulla fosse».
La Baraonda scende dalla giostra. «Ci prendiamo un periodo di riflessione. Alla partita di domenica prossima parteciperemo esclusivamente per osservare il minuto di silenzio in memoria di Raffaele, successivamente usciremo». «Un grazie e un pensiero da parte nostra in particolare vanno anche a Jimmy e la sua Jimmy Travel, che ci ha accompagnato per anni in giro per l'Italia con grande professionalità. Oggi più che mai ci sentiamo grati per il servizio che ci hai offerto, e ti siamo vicini».
L’inchiesta della procura reatina fornisce intanto ogni giorno elementi nuovi. «La lucida determinazione con cui il delitto è stato compiuto è tuttora persistente ed è un pericolo per la collettività». Con queste parole la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rieti, Giorgia Bova, ha convalidato i fermi di Manuel Fortuna (31 anni), Kevin Pellecchia (20) e Alessandro Barberini (53), accusati di omicidio volontario in concorso. La gip ha disposto per tutti e tre un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Secondo quanto emerge dalle nove pagine dell’ordinanza i tre, che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di convalida del fermo, avrebbero comunque lasciato intendere ammissioni implicite nel corso di un’intercettazione ambientale nella questura di Rieti.
«Ce danno omicidio a tutti», avrebbero commentato. La gip scrive che «gli indagati, preoccupatissimi delle conseguenze penali delle loro azioni, si sono infatti assunti la responsabilità del lancio dei massi», precisando che, nel ricostruire l’accaduto, «ognuno ha ammesso di aver scagliato un sasso in direzione del mezzo, mimando perfino i movimenti compiuti durante l’assalto». Dalle conversazioni intercettate emergerebbe anche la convinzione che a lanciare il sasso mortale sia stato Pellecchia, il più giovane, «in quanto aveva quello a punta», un masso che per forma corrisponderebbe a quello repertato all’interno del pullman.
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