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Pisa, cosa non ha funzionato a Modena? “Viaggio” dentro la sconfitta del Braglia

Pisa, cosa non ha funzionato a Modena? “Viaggio” dentro la sconfitta del Braglia

Servirà equilibrio ai nerazzurri: sia contro il Benevento, perché è assolutamente vietato fidarsi della precaria classifica dei sanniti, sia nelle successive tappe di una corsa che di soddisfazioni può regalarne ancora parecchie

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Brama smaniosa e irragionevole. È, questa, una delle definizione di frenesia. Ovvero di una delle nemiche, non l’unica, che a Modena – sabato 11 marzo - hanno messo lo sgambetto al Pisa. Lento a mettersi in moto (ecco l’altra avversaria risultata fatale) come capita anche troppo spesso, ma poi fin troppo proteso in avanti alla ricerca di un pari mai arrivato.

Già, perché generosità (componente comunque lodevole) non è sinonimo di successo così come quando si parla di calcio gettare nella mischia contemporaneamente cinque giocatori offensivi (e al Braglia, al triplice fischio, c’erano Tramoni, Masucci, Moreo, Morutan, Torregrossa e Tramoni ) non significa aumentare l’indice di pericolosità e ancor meno di realizzazione. Già dalla notte dei tempi Erodoto (il “padre della storia” secondo Cicerone) non a caso insegnava che la fretta genera l'errore in ogni cosa. Ecco, i nerazzurri ne hanno avuta fin troppa e hanno sbagliato. C’era il tempo, lo spazio e il modo per riprendersela, la partita, anche senza forzare la mano. Cosa puntualmente accaduta con i cambi ordinati da Luca D’Angelo. Che, sia chiaro, ha fatto e fa bene a infondere sempre coraggio ai suoi. Così come ha fatto bene, in avvio di ripresa, a cercare di dare una scossa a una squadra che dava l’impressione di essersi un po’ spenta. Alla lunga, però togliere i centrocampisti centrali (Marin e Nagy) per aumentare il peso dall’attacco ha consegnato molto campo al Modena. Che non lo ha sfruttato nelle ripartenze (o almeno non molto) ma per tenere comunque la palla tra i piedi una volta riconquistata. Così, in definitiva, il compito degli emiliani (difendersi) è diventato paradossalmente più semplice e, con il passare dei minuti, il lancio in the box (come dicono gli inglesi) e l’assalto alle seconde palle l’unica moneta da spendere per chi inseguiva ma doveva farlo in spazi sempre più ristretti e con rifornimenti sempre più difficili e sporadici.

Un peccato. Anche se, come detto, la generosità resta uno dei grandi, enormi pregi di questo gruppo e di chi lo guida (a tutti i livelli). Una medaglia da appuntare al petto di tutti. Che come tale, però, ha due facce. L’altra, appunto, è che ogni tanto porta, fatalmente, a perdere l’equilibrio. E, dunque, ora c’è da seguire una delle lezioni lasciate al mondo da Swami Satchidananda, guru indiano dello yoga e insegnante religioso che ha guadagnato fama e seguito in Occidente: non cercare la soluzione, trova l’equilibrio; esso porterà la soluzione.

Servirà, l’equilibrio. Sia contro il Benevento, perché è assolutamente vietato fidarsi della precaria classifica dei sanniti, sia nelle successive tappe di una corsa che di soddisfazioni (anche grandi, enormi) può regalarne ancora assai.

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