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Il caso

Gaza, volantini contro il prof pisano a Bologna: aveva criticato il boicottaggio dell’ateneo

di Redazione Pisa

	Il professor Cesare Faldini e uno dei volantini affisso all'entrata dell'istituto Rizzoli
Il professor Cesare Faldini e uno dei volantini affisso all'entrata dell'istituto Rizzoli

Al centro della vicenda Cesare Faldini, ortopedico direttore dell’istituto Rizzoli. La sua risposta: «Non mi vergogno delle mie idee, peccato siate rimasti anonimi»

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PISA. Ancora una volta un professore viene coinvolto nelle delicate dispute sulla guerra di Israele ad Hamas e sui rapporti tra gli atenei e lo stato ebraico. Stavolta non ci sono stati scontri fisici, come nel caso del professor Rino Casella a Scienze politiche: il tutto è avvenuto infatti a Bologna, a colpi di volantini che avevano come bersaglio il professore pisano Cesare Faldini, direttore della prima clinica ortopedica dell’istituto Rizzoli e professore all’università di Bologna. Fogli di carta, con tanto di foto del medico, con i quali nella notte tra il 23 e il 24 ottobre è stato tappezzato il centro di eccellenza nell’ortopedia.

Faldini è stato preso di mira per essere tra i capofila di un dissenso interno all’ateneo sul boicottaggio a Israele. A settembre, infatti, il Senato accademico dell’università emiliana ha approvato una mozione che prevede di interrompere ogni formale relazione e collaborazione con università, istituzioni e aziende israeliane.

Faldini si è prima mosso autonomamente con una lettera al rettore Giovanni Molari contestando il provvedimento. Poi, più di recente, la sua posizione è stata supportata da una cinquantina di professori di vari dipartimenti. I volantini sarebbero stati affissi da un gruppo di studenti di medicina: «Siamo spinti a fare questo dall’imbarazzo e dall’indignazione – hanno accanto alla fotografia dello stesso Faldini –: i firmatari della lettera al rettore sostengono che il boicottaggio non sia uno strumento utile al dialogo e che l’ateneo rischia di perdere la propria identità e che la ricerca non ha nazionalità né appartenenza politica. Tali falsità dopo due anni di genocidio e settant’anni di occupazione non sono più sostenibili. Occorre esercitare la massima pressione su Israele attraverso sanzioni a tutti i livelli economico, politico accademico per costringerli a terminare le atrocità».

A rispondere direttamente agli studenti è stato lo stesso professor Faldini (figlio di Alessandro, per decenni figura di riferiemento dell’ortopedia pisana e fino al 2007 direttore della clinica dell’Aoup), con un post su Facebook: «Da quando, in democrazia ci si deve vergognare delle proprie idee? È vergogna piegare la testa per convenienza, non esprimere un’opinione. Ritengo la delibera una sconfitta della scienza e del sapere, che in un Ateneo devono sempre stare al primo posto rispetto alla politica. Enrico Fermi, premio Nobel per la Fisica 1938, aveva la cattedra a Roma. Le ricerche che l’hanno consacrato si sono svolte negli anni ’30 durante il governo fascista. Fermi non è stato isolato dalla comunità internazionale. È stato apprezzato dalla comunità internazionale nonostante fosse suddito di uno stato monarchico e di un governo fascista.

«Con questa delibera – prosegue Faldini – i primi a rimetterci sarete voi: perché farete a meno del sapere perché chiudere le future collaborazioni comporterà meno presenza di studenti Israeliani e con loro no, non potrete collaborare. Ci rimette il sapere, la scienza: le forze unite, di quei ragazzi sono un valore ed una ricerca, come lo sono quelle dei giovani Palestinesi e di tutti gli studenti di ogni paese del mondo che arriva a Bologna per studiare: tutti con tutti. La pace sociale, in un conflitto tanto drammatico, si può promuovere attraverso la cultura. Accogliere progetti e collaborazioni da Israele, dalla Palestina e da tutto il mondo Arabo potrà solo promuovere l’ideale di pace. Perché mi devo vergognare di questa posizione? Un vero peccato abbiate espresso il vostro pensiero in modo anonimo: il dialogo ed il confronto con idee diverse anche se non producono posizioni condivise sono fondamentali per comprendere e avere rispetto dell’opinione degli altri».
 

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