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Il lutto

Pisa, addio ad Alberto “Bebo” Martini

Alberto Martini (foto di Riccardo Romeo)
Alberto Martini (foto di Riccardo Romeo)

Il ricordo emozionante del grafico da parte dello scrittore Maurizio Amendola: «Sapevi esserci sempre»

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PISA. È morto nella notte tra il 24 e il 25 giugno, Alberto Martini, per tutti Bebo. Questo è un suo ricordo dello scrittore Maurizio Amendola.

Il ricordo

«Bebo è mancato nella sua casa che affaccia su Largo Ippolito Nievo, nel quartiere I Passi. Una casa che pochi anni fa aveva scelto con cura: il silenzio, la luce, la vista sui monti erano per lui condizioni ideali per scrivere, riflettere, editare le sue fotografie. Un luogo appartato, come amava, in un quartiere che conserva ancora un’altra idea di vita. Una vita che Bebo divideva tra il lavoro al Laboratorio grafico del Dipartimento di civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa e il suo modo di stare al mondo, che era fatto di curiosità ostinata, piccoli giochi di pensiero, attenzione reale agli altri. Con gli studenti, una pazienza che non era paternalismo ma ascolto, presenza. E con le persone che amava – amici, compagni di strada, chi gli voleva bene – una dedizione rara, che si manifestava non tanto nei grandi gesti, ma nel sapere esserci nel modo giusto, e al momento giusto. Anche quando non glielo chiedevi.

«Così era Bebo. Appariva – non nel senso teatrale del termine, ma come appare un’idea che ti cambia la giornata – e ti portava dentro esperienze di cui, fino a un attimo prima, non sapevi nemmeno di aver bisogno. Nei momenti più vuoti, quelli che non sai nemmeno nominare, ti suggeriva di pensare a una mostra che probabilmente non si sarebbe mai fatta, di rileggere un pezzo di Izzo, oppure di riascoltare un vecchio disco di DJ Krush che avevi dimenticato da anni e che adesso, nel silenzio che ha lasciato, sembra battere il tempo stesso della sua assenza. Era questo il suo modo di esserci: mai invasivo, mai pretenzioso. Ma preciso, quasi misteriosamente sintonizzato su quel che serviva davvero. E così adesso ci sembra di vederlo pedalare verso Marina di Pisa, in quella luce precisa e impaziente che c’è solo a un certo punto del tramonto, per scattare quella foto alla Bocca dell’Arno. Oppure lo immaginiamo mentre cammina lungo il porto di Livorno, la sua giacca tecnica rossa – sempre quella, sempre perfetta – che spicca tra i colori slavati del cemento e dell’acqua. Fermarsi, magari, a guardare la curva dei grandi scafi delle navi da crociera, affascinato da come tagliano la superficie, come creste metalliche nel tempo lento del mare. Inquadrare, scattare. Esserci». 

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