Pisa, i cattivi pensieri lasciamoli pure agli altri
Perdere brucia però la partita ha confermato che il sogno sta prendendo corpo
Rigoberta Menchú Tum non è esattamente una donna nel pallone. Anzi, è un'attivista guatemalteca di etnia K'iche', che ha ricevuto nel 1992 il Premio Nobel per la pace per i suoi sforzi per la giustizia sociale. E tra le tante lezioni ce n’è una che oggi calza a pennello per il Pisa: l'unica lotta che si perde è quella che si abbandona.
Già, perché i nerazzurri hanno perso il big match in casa del Sassuolo ma il rammarico che lascia la gara di Reggio Emilia la dice lunga. Racconta, ad esempio, che i nerazzurri non hanno niente da invidiare alla prima della classe, che se la truppa di Grosso ha qualcosa più di un piede al piano superiore quella di Inzaghi non ci va poi tanto lontano. Brucia, certo, perché perdere non piace a nessuno, figurarsi a chi c’è anche poco abituato. Però non ferisce, non fa male, non scalfisce. Non sposta di una virgola quello che di buono questo eccezionale gruppo di lavoro (dal patron Knaster all’ultimo dei collaboratori) ha costruito in questi mesi. Anzi, nei risvolti della partita c’è scritto a lettere cubitali che il Pisa c’è. Il grande sogno, insomma, continua a prendere forma e sostanza. Intanto perché la matematica, che non è un’opinione, dice che il vantaggio sullo Spezia si è ridotto di 1 punti, da 7 a 6 punti, ma a disposizione di tutti ce ne sono 3 in meno perché un’altra giornata è passata, poi perché sul campo capitan Caracciolo e compagni sono stati all’altezza, alla pari dei più bravi. Di quelli che dalla scorsa estate sono riconosciuti, da tutti, come fuori categoria ma che per battere il Pisa hanno dovuto vivere almeno metà partita, cioè tutto il secondo tempo, riparati in trincea e con l’elmetto. Con Berardi a fare più il terzino che l’ala destra, per dirne una che vale per tutte le altre, con più di un giocatore impegnato più a far scorrere il tempo che a cercare di infilarsi nei varchi che pure fatalmente c’erano.
È stato un gran bel Pisa, insomma. E lo spirito che ha messo in campo la squadra, oltre alle qualità, è rassicurante. Con un difficile avvio, un gol sul groppone e un avversario forte davanti, insomma, la cosa più semplice era naufragare nei meandri di una gara dall’altissimo coefficiente di difficoltà. E invece la storia della gara, purtroppo non il risultato, è cambiata, si è capovolta. Segno evidente, probabilmente al di là di ogni ragionevole dubbio, che la fondamenta sono maledettamente solide, che la maturità e l’atteggiamento della squadra dicono che il traguardo è raggiungibile. Soprattutto se ad accompagnarti c’è un pubblico capace di portare quasi 7mila anime in trasferta. Non per un finale, non per una partita secca ma per un turno importante sì ma comunque non decisivo. Il finale con la squadra sotto il muro nerazzurro in curva a prendersi gli applausi, meritati, racconta che la squadra e il suo popolo marciano uniti verso lo stesso obiettivo, il solito traguardo.
Prossima tappa La Spezia. Altra sfida al vertice e altra gara complicata e delicata. Ma il Pisa, questo Pisa, non è ridimensionato e i cattivi pensieri semmai devono averli gli altri...
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