Pisa, diagnosi sbagliata da neonato lo condanna all’invalidità: ora il rimborso milionario
Il piccolo (oggi 15enne) fu sottoposto al test per una rara malattia metabolica. L’esito dette un “falso negativo” che gli ha provocato un gravissimo deficit
PISA. Un risarcimento che sfiora i 4 milioni di euro per una vicenda che ha segnato in maniera indelebile la vita di un ragazzo che oggi ha 15 anni e della sua famiglia. Una malattia metabolica rara, la fenilchetonuria, che non venne diagnosticata al momento della nascita e che ha portato a un’invalidità importante. Un “falso negativo” imputato all’Aoup che ora dovrà risarcire la famiglia.
La prima volta il tribunale gli diede torto
Non è la prima volta che la vicenda arriva nelle aule di giustizia. Nel 2022, infatti, il Tribunale di Pisa aveva rigettato le richieste dei genitori, del fratello e del nonno del ragazzo, “liberando” dalle responsabilità l’Aoup (che aveva raccolto il campione) e l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze (che lo aveva analizzato, sulla base delle direttive regionali) . L’anno successivo la Corte di Appello aveva ribaltato la decisione, stabilendo la responsabilità dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana e scagionando il Meyer. In quell’occasione i giudici nominarono degli esperti per realizzare una consulenza che stabilisse la cifra dell’indennizzo da dare ai familiari. Un passo che si è compiuto pochi giorni fa con il deposito della sentenza.
Che malattia è
La fenilchetonuria è una malattia che se diagnosticata nei primi mesi di vita è gestibile con una dieta ferrea. Altrimenti porta nella quasi totalità dei casi a un’invalidità gravissima e a un serio deficit intellettivo.
Cosa è successo
Nel caso del ragazzo pisano il test era stato eseguito come previsto pochi giorni dopo la nascita e aveva dato esito negativo. Intorno al primo anno di vita il piccolo aveva cominciato a manifestare atteggiamenti apparentemente introversi, difficoltà motoria e un ritardo nello sviluppo del linguaggio. Un approfondimento del quadro clinico aveva portato alla scoperta che era affetto da fenilchetonuria. L’accusa era che l’esame diagnostico «era stato omesso o, comunque, fosse stato erroneamente eseguito, contestando, pertanto, in definitiva, all’Aoup una condotta non diligente, poco attenta e non rispettosa dei protocolli e delle leggi».
L’Aoup ha negato ogni responsabilità tirando in ballo il Meyer che ha respinto le accuse mosse da Pisa sostenendo che «eventuali anomalie si erano verificate nella fase preanalitica, di campionamento, di pertinenza di Aoup». Per i giudici d’appello «l’azienda doveva somministrare un test in grado di rilevare la malattia genetica, non lo ha fatto e ciò ha impedito il corretto contegno alimentare».
Il falso negativo
Il punto centrale è stato quello del “falso negativo”: come scrivono i giudici, «è dimostrato, e anzi pacifico, che il test sul piccolo dette un “falso negativo”– dunque non funzionò e non realizzò lo scopo diagnostico per il quale ne era prevista la somministrazione – e proprio tale difetto di funzionamento ha determinato il danno». Ancora la Corte d’Appello sottolinea che «dire che si è verificato un “falso negativo” non significa dire che si è verificato un fatto fortuito, imprevedibile e inevitabile, ma solo prendere atto del mancato funzionamento del test, a prescindere dalle relative ragioni; il “falso negativo” non è un “buco nero”, imperscrutabile, ma un fatto, oggettivo, del quale bisogna indagare le possibili cause».