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Pisa

Il caso scujola

Pisa, i precari vincono in tribunale ma il ministero non paga

di Luca Cinotti
Fu il governo Renzi a introdurre la carta all’interno della riforma della “Buona scuola”
Fu il governo Renzi a introdurre la carta all’interno della riforma della “Buona scuola”

Centinaia di cause per avere i soldi della “carta del docente”

01 ottobre 2024
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PISA. Sono in centinaia solo in provincia di Pisa: creditori dello Stato che non riescono ad avere quanto loro dovuto, secondo le sentenze dei tribunali. Anzi, i precari della scuola che chiedono la corresponsione del bonus previsto dalla “Carta del docente” sono doppi creditore: una prima volta perché hanno visto riconosciuto il loro diritto; una seconda volta perché, in molti casi, il tribunale ha dato loro ragione anche nei confronti del ministero inadempiente.

Una vicenda che va avanti ormai da anni ma che moltissimi precari non è ancora finita. E, anzi, si porta dietro spese dopo spese.

La vicenda
In sostanza, a lungo ai docenti precari, ma assunti con contratti di docenza annuali, è stata negata la corresponsione della cosiddetta "carta docente", introdotta con la riforma della Buona scuola del Governo Renzi. Si tratta di un bonus di 500 euro all’anno che i docenti possono utilizzare per l’acquisto di libri, testi e riviste, computer e strumenti informatici e permettere l’iscrizione a corsi o attività di aggiornamento e di qualificazione professionale.

Il punto è che l’interpretazione sulla quale il ministero è stato sempre irremovibile prevede che la carta del docente vada soltanto a chi gode di un contratto di ruolo. Il resto, l’esercito dei precari delle cattedre, è quindi destinato a rimanere scoperto (con un bel risparmio per le casse dello stesso ministero).

Una disparità di trattamento evidente, che ha fatto partire migliaia di cause in Italia, in Toscana e in provincia di Pisa.

Tutte terminate con provvedimenti fotocopia: i giudici del lavoro hanno stabilito che il bonus spetta anche ai precari, disponendo inoltre il pagamento delle annualità arretrate e non corrisposte. Che possono arrivare anche a cinque anni, per un totale di 2.500 euro: cifre, dunque, tutt’altro che disprezzabili.
Il ministero non paga
Tutto risolto, dunque? Nemmeno per idea. Perché il ministero in moltissimi casi semplicemente si è rifiutato di pagare quanto dovuto secondo la sentenza del giudice civile.

«Possiamo calcolare – spiega Pasquale Cuomo, segretario provinciale e regionale Flc Cgil – che in circa due terzi dei casi le cifre non sono state ancora pagate». E si tratta di centinaia e centinaia di casi in provincia.

Così ai malcapitati precari non resta che tornare davanti al giudice per quello che si chiama “giudizio di ottemperanza”: in sostanze il tribunale amministrativo valuta se “costringere” l’amministrazione pubblica a fare quello che è stato deciso nel dispositivo di un’altra sentenza.

Esattamente quanto accaduto negli ultimi giorni, con la pubblicazione di due sentenze del Tar di Firenze favorevoli a sei docenti della provincia di Pisa.

Il provvedimento ha anche indicato nel prefetto il “commissario ad acta” che si deve incaricare di far rispettare la sentenza nel caso dopo 30 giorni il ministero sia ancora inadempiente.

Un “giochino” che all’insegnante costa circa 300 euro. «Ma si tratta anche – conclude Cuomo – di una questione di principio».

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