Il Tirreno

Pisa

dieci anni dall’alluvione: il convegno 

«Servono argini più alti, manutenzioni e occorre spostare le case dalla golena»

Valentina Landucci
«Servono argini più alti, manutenzioni e occorre spostare le case dalla golena»

Angori parla delle priorità per la sicurezza idraulica del Serchio. Gli esperti: «Le minacce? Burocrazia e scarsa formazione»

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vecchiano. «Stavo andando a prendere un caffè al bar, che dieci anni fa era qui sull’angolo della piazza. Avevamo passato la notte a controllare il fiume. Con una telefonata ci dissero che il Serchio aveva rotto l’argine. Da quel momento sono cominciate ore e giorni di incredibile lavoro». Massimilano Angori, che allora non era ancora il sindaco di Vecchiano, ripensa alla mattina di Natale di quel 2009. Fuori dal Teatro Olimpia - dove è in corso il primo degli eventi messi in calendario per ricordare l’alluvione, l’esondazione del Serchio e tutto quello che ne seguì - la devastazione ambientale, i danni superiori a 100 milioni di euro, le aziende chiuse - il primo cittadino si racconta e racconta tra passato e futuro cosa significa avere a che fare con l’emergenza e il rischio idraulico in un territorio come quello del comune di Vecchiano al 70% area parco e, sempre al 70% ad alta pericolosità idraulica.

le prioritÁ

«Quello di oggi (ieri, ndr) è un convegno scientifico che coinvolge le massime autorità del settore - spiega Angori - ed è l’occasione per capire cosa fare, quali questioni affrontare. Nel nostro caso i temi sono tre: la viabilità, la pianificazione e il rischio idrogeologico. Vecchiano è un punto strategico per la viabilità, lo abbiamo visto 10 anni fa con l’Aurelia e l’autostrada sott’acqua si bloccò il territorio. Ma da allora sono state portate a termine grandi opere: la nuova Aurelia e più recentemente le rotatorie all’uscita dell’autostrada. Sulla pianificazione occorre tenere conto della vulnerabilità del nostro territorio e della massima attenzione che si deve avere sulle infrastrutture idrauliche che ci servono per affrontare le piene. Ne occorrono di nuove, bisogna che vengano risolti i problemi sui nodi idraulici, bisogna provvedere alla manutenzione dei ponti e alla manutenzione e all’innalzamento dei rilievi arginali oltre che alla delocalizzaizone delle abitazioni in golena».

i cantieri

Quelli per la sicurezza del territorio erano e sono cantieri “infiniti”, in senso buono, poiché l’attenzione sulle opere idrauliche rimane sempre alta. E infatti sono in corso i lavori di potenziamento degli argini del Serchio in due diversi punti. Il cantiere finanziato e gestito dalla Regione a San Frediano e ancora i lavori finanziati dal Comune di Vecchiano a Nodica, nei pressi del Cimitero dove sarà realizzata una vasca di laminazione. Nuovi interventi, finanziati dalla Regione e finalizzati al rafforzamento degli argini, sono poi in programma nei primi mesi del 2020 nell’area tra Nodica e Migliarino. Quella Regione che «stanzia ogni anno - ha ricordato ieri il consigliere regionale Andrea Pieroni, dieci anni fa alle prese con l’alluvione nelle vesti di presidente della Provincia di Pisa - che ha deciso di stanziare ogni anno 100 milioni di euro per la prevenzione dei rischi sui territori. Un segnale importante e un impegno che sarà confermato in futuro».

il “nemico” numero uno

Il confronto sui temi della sicurezza del territorio a dieci anni dall’alluvione, organizzato dall’associazione di volontariato Swift Water Rescue Team Toscana, è stato l’occasione anche per capire l’ambito e i limiti di azione delle amministrazioni locali di fronte ad emergenze sempre più frequenti e condizioni meteo sempre più estreme collegate al cambiamento climatico in corso. Ne hanno parlato tecnici e politici, amministratori e volontari. E su un punto tutti si sono trovati d’accordo: la burocrazia rischia di rendere inoffensive le uniche armi di prevenzione in mano a enti e associazioni. Quelle fornite dal sistema di protezione civile che si fonda prevalentemente sul volontariato. E quelle in mano agli enti locali che si occupano di pianificazione urbanistica e lavori pubblici. Un tema, l’eccessiva burocrazia e quindi i tempi lunghi per dar seguito, ad esempio, ai cantieri sui territori, sollevato prima da Bernardo Mazzanti responsabile della Protezione Civile regionale («stiamo assegnando oggi le risorse per l’immediato sostegno a seguito di eventi dell’ottobre 2018» ha detto per esemplificare la questione) e ripresa con forza da Sergio Di Maio, sindaco di San Giuliano: «Stiamo cercando di fornire alla nostra Protezione Civile un nuovo mezzo e ci stiamo impiegando 8 mesi - ha raccontato - Per non parlare del fatto che ci siamo trovati, durante un’emergenza, ad acquistare nuovi sacchi per la protezione degli argini. Ebbene, non essendo stato riconosciuto, a seguito di quella situazione, lo stato di emergenza ci siamo ritrovati a pagare quell’investimento in sicurezza come debito fuori bilancio». «Noi sindaci siamo per metà esseri umani e per metà avvisi di garanzia, in genere per disastro colposo» ha aggiunto, ironizzando un po’, ma non troppo, il primo cittadino di Montelupo e delegato alla Protezione Civile di Anci, Paolo Masetti. E dove vuole andare a parare si capisce chiaramente: le armi nelle mani nei primi cittadini sono spesso spuntate e talvolta, quando ci sono, manca una vera cultura della prevenzione.

meno cittadini, piÙ volontari

Quella “cultura” alla quale ha fatto ampio riferimento, ieri, Lorenzo Alessandrini funzionario del Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e nel 1996 sindaco di Seravezza, nell’anno della tremenda alluvione che colpì l’Alta Versilia. «Il nostro è un Paese a geometria variabile anche quando si parla di Protezione Civile - ha spiegato - . Va detto che sotto il profilo tecnologico sono stati fatti passi enormi: la tecnologia ha messo la freccia e sorpassato a sinistra la nostra capacità di prevenzione. E sono rimasti dei limiti soprattutto in tema di formazione dei cittadini, di diffusione di un principio di auto-protezione. In questo Paese morire per un disastro ambientale deve diventare un tabù: si è privilegiata la cultura dell’antifurto ma non quella della protezione della vita umana. E per cominciare a farlo è importante coinvolgere il volontario, l’intercapedine tra il Paese reale e quello legale». —

Valentina Landucci

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