Scompare in Arno, il babbo: «Ho ucciso il daino per il pranzo di Natale, poi Davide è sparito»
Pisa, parla Riccardo Pellegrini, il padre del ventunenne inghiottito dal fiume: «Non è la prima volta che caccio nel Parco»
PISA. «Quel daino l’ho ucciso per mangiarlo a Natale. Eravamo a caccia nel Parco, quando mi sono girato e ho detto a Davide: “Ma il barchetto dov’è?”. Lui si è messo a correre, poi mi ha telefonato: “Babbo vedo il barchetto”. Gli ho chiesto cosa volesse fare e quando ha spiegato di volersi buttare gli ho detto di no. “Cosa fai? Fermati e chiama qualcuno”, lo imploravo. Poi si è gettato». Ha perso il figlio nell’Arno e di fronte alla più grande tragedia che un padre possa sopportare Riccardo Pellegrini ha deciso di raccontare la verità.
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Prima ai carabinieri di Marina – che indagano coordinati dalla comandante della compagnia di Pisa, Cristina Spina – poi al Tirreno. Anche venerdì 14 dicembre il pescatore ha atteso l’esito delle ricerche – ancora negative – nella sua casa di viale D’Annunzio. L’uomo è stato denunciato per bracconaggio e furto ai danni dello Stato. E ieri anche per porto abusivo di armi, in quanto la caccia al daino, nonostante lui fosse in regola, è avvenuta fuori dagli orari consentiti alle “doppiette”. Pellegrini, ai militari, ha ammesso di aver sparito col suo fucile. «Le bugie non si dicono. Mi chieda cosa vuole sapere: le risponderò a tutto».
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Riccardo, ci racconti di quella notte.
«Eravamo a caccia nel Parco di San Rossore. Non è la prima volta che ci vado, quando a un certo punto mi sono girato verso il fiume e ho detto a Davide: “Ma il barchetto dov’è?”. Non vedendolo più lui è andato verso l’Arno, dove c’è una rete. Non si è buttato subito. Altrimenti lo avrei fermato».
E poi?
«Si è messo a correre. Poi mi ha telefonato dicendo: “Babbo vedo il barchetto”. Si voleva buttare. L’ho implorato: “Cosa fai? Fermati e chiama qualcuno”. Ho fatto una corsa di cento metri durante la quale, per poco, non sono morto di infarto. Non ce la facevo più. Purtroppo, però, lui si era già immerso. Aveva lasciato sulla banchina stivali, maglia e giacchetto. Non l’ho più visto».
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Non eravate insieme quando Davide si è buttato?
«No, ero in San Rossore. Pensare che lui in Arno c’è nato».
Ha provato a richiamarlo?
«Sì, ma non rispondeva. Poi ho ricevuto una telefonata, ma era la sua bimba. È successo tutto alle 19.45. Lui alle 20 doveva vedersi con un amico per portargli il pesce della mattina».
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È vero che prima di avvertire i carabinieri ha chiamato il suo amico Raffaele Castelli?
«Raffaele è montato sul pattino. Gli ho detto: “Oh e ora?”. E lui: “Chiama tutti. Chiama la forestale”. Ai carabinieri ho raccontato come è andata per filo e per segno. Le bugie non si dicono. Poi se mi hanno denunciato, io questo non lo so. Me l’hanno detto oggi (ieri per chi legge ndr) da Livorno».
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