Il Tirreno

Pisa

Ripuliti in pizzeria i soldi della camorra

Undici imputati per riciclaggio con aggravante mafiosa e intestazione fittizia di beni. Nel 2014 sequestrati quattro ristoranti

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PISA. Dai sequestri alle confische di ristoranti e pizzerie. E ora il processo. Di quelli che partono con accuse pesanti: aver ripulito in attività legali i soldi della camorra. La rotta Napoli-Pisa, passando da Roma, crocevia di interessi illeciti che rimbalzano anche in provincia.

È il filone toscano di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma quello approdato in Tribunale a Pisa con undici imputati. Riciclaggio con l’aggravante mafiosa e bancarotta a carico di chi si trova nella posizione più delicata. Intestazione fittizia di beni per i ruoli considerati marginali, ma sufficienti per finire a processo accanto a chi deve difendersi di aver riciclato i soldi della camorra provenienti da estorsioni e droga.

Salvatore Righi - con due fratelli è a giudizio anche nella capitale dove alla famiglia titolare del marchio Ciro Pizza hanno confiscato beni per 80 milioni di euro e tra il 1998 e il 1999 è stato presidente del Ponsacco- nell'ipotesi dell'accusa sostenuta dal pm Giulio Monferini sarebbe tra i riciclatori dei soldi del clan Contini di Napoli. L’altro imputato è il cugino, Espedito Parisi, 50 anni, conosciuto ristoratore residente a Tirrenia da trent’anni a Pisa, già amministratore della Passeggiata Srl, società di gestione di Fappani a Viareggio, fallita nei mesi scorsi. Le contestazioni più gravi sono rivolte a loro e oscillano dal riciclaggio alla bancarotta. Il resto degli imputati riguarda i familiari di Parisi, accusati di intestazione fittizia di beni per aver gestito diverse pizzerie tra centro e litorale e, tra gli altri, Salvatore De Caprio, Carlo Silvestri, Cesare Talamo, Diego Delle Vedove. Tra i difensori ci sono gli avvocati Francesca Zuccoli, Marco Pucci con i legali Magno, Fulgeri e Ferrandino.

L’inchiesta risale al 2010 e per la Dda «ha consentito di accertare il riciclaggio, tra Pisa e Lucca, di ingenti somme di denaro riferibili al clan Contini, provenienti dall'area centro/nord-ovest napoletana, frutto di racket, traffici di stupefacenti e altre attività illecite». Nel gennaio il blitz della Guardia di finanza che ora è diventato materia processuale. Furono sequestati a San Giuliano Terme il ristorante-pizzeria "Salustri", gestito dalla "G.B.R. Srl"; a Marina di Pisa il ristorante-pizzeria "L'imbarcadero" gestito da "Elleci"; nel centro storico di Pisa il ristorante-pizzeria "Antico Vicoletto" (nel vicolo del Tinti) gestito da "Al.Ma.; il ristorante-pizzeria "L'Arciere" (in via della Nunziatina). Tutte le attività hanno cambiato gestione e sono estranee all’inchiesta.

All’elenco si aggiunse anche Fappani sulla passeggiata di Viareggio, il pezzo pregiato del patrimonio che per la Dda venne acquistato con soldi sporchi grazie a prestanome. Anche in questo caso dopo un periodo di custodia giudiziale, l’attività è ripartita con altri imprenditori.

Al Tirreno Parisi affidò lo sfogo dopo il sequestro dei ristoranti di famiglia: «Posso aver sbagliato come imprenditore. Ma passare come prestanome di chi ricicla i soldi della camorra è un'accusa contro cui lotterò finché campo. Ho firmato 700mila euro di cambiali. Per i primi due anni sono riuscito a pagare la rata di 10mila euro mese. Poi ho dovuto dire a mio cugino che non ce la facevo più. Se mi viene contestata una mossa azzardata a livello commerciale la posso anche accettare. Ma questa non è stata un'operazione per riciclare soldi». Il primo collegio (presidente Murano, a latere Mirani e Poggi) ha rinviato l’udienza a giugno per affidare l’incarico di trascrivere le intercettazioni telefoniche.

Pietro Barghigiani

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