Il Tirreno

Pisa

Famiglie distrutte, la città in macerie

A settant’anni da quel tragico giorno le testimonianze di chi c’era, molti ebbero salva la vita per puro caso

25 agosto 2013
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Persi la mamma

e tre sorelle

31 agosto 1943, era il mio compleanno. Persi tre sorelle e mia madre. E una parte di me. Mi chiamo Giovanni Filidei e in quei maledetti giorni ero, malgrado la guerra, felice. Il 21 giugno avevo sposato la mia giovane moglie (Cesena Lugli). Nel '43 stavo svolgendo il servizio militare di leva a Bologna, avevo accompagnato Cesena a trovare i suoi genitori, miei nuovi suoceri, salvandola di fatto dall'evento che avrebbe comunque cambiato la mia vita, per sempre. Era il 31 agosto, giorno del mio 24° compleanno, e quella che inizialmente credevo essere solo una comunicazione d'augurio, in realtà mi sconvolse la vita. Alle ore 13.01 avevano bombardato Pisa. Mia madre Maria (Bizzarri), le mie sorelle Eliana Filidei, 29 anni, Bruna, 21, e Loretta, 14, erano morte. Mio fratello Romano, 8 anni, disperso. A quell'ora, a seguito di un cessato allarme, rientrarono in casa per pranzo, prima di tornare al lavoro alla fabbrica Marzotto. Ma lì furono sorpresi e non fecero in tempo a rientrare nel rifugio costruito sotto l'argine dell'Arno. Chiesi un permesso, presi il primo treno per Pisa. Costretto ad un viaggio nascosto sotto una panca del vagone, perché non ero in grado di pagarmi il biglietto, feci rientro a casa, o meglio, quello che ne era rimasto di casa mia. Abitavamo a Porta a Mare (2° viale, case dipendenti Saint-Gobaint), ma io feci in tempo solo a vedere i corpi straziati delle persone che amavo di più. Le seppellimmo al cimitero di Casciavola, da dove provenivamo. Romano, il mio fratellino, si era salvato. Per meglio dire, era stato salvato dall'ultimo gesto di amore di una delle sorelle decedute, la quale, accortasi di ciò che stava accadendo, con una spinta lo aveva scaraventato nel sottoscala, di fatto salvandogli la vita. Romano Filidei è morto quest'anno all'età di 78 anni. Da quel 31 agosto 1943 e per tutti gli anni a seguire, non ho mai festeggiato il mio compleanno, ma ho sempre ricordato quel maledetto giorno che mi sconvolse la vita. Le mie due figlie, nate poco dopo, ereditarono il nome di Bruna e Loretta. Io, Giovanni Filidei, sono morto il 7 gennaio 2012.

In onore di mio nonno e

di tutte le vittime

dei bombardamenti

Emiliano Cecchi

Morti, feriti

e uno strano odore

Il 31 agosto del 1943 abitavo a Porta a Mare al n. 20 del secondo viale Saint-Gobain ed ero in casa col mio babbo Gisberto (1903-1981), operaio Saint-Gobain. Ore 13 circa, l’allarme era suonato molto prima, ma non ci facevamo molto caso, suonava spesso. Quel giorno però suonò la distruzione della mia città, del mio quartiere, ci furono molti morti, tra i quali mia nonna materna. Stavamo mangiando ed alle prime esplosioni mio padre mi prese per mano dicendo: «Ci siamo, andiamo nell’orto e poi nella cantina del Grillai con pali anticrollo». Ma la cantina la trovammo chiusa, le bombe erano ai piedi e andammo in un orto nel gabbione dei polli. Mi sdraiai per terra col mio babbo sopra di me a proteggermi. Ci salvammo, ma quante buche lì intorno. Colpirono alcune case, la mia no, e ci andammo. E’ strano: ho il ricordo vivissimo di mio padre che entrati in casa monta su una sedia per prendere l’acqua dallo “sciacquone”, andare fuori e soccorrere chi poteva lì per terra nel viale della Saint-Gobain. Mi portò “surArno” dov’erano molte persone, mi lasciò per cercare mia madre, Gina Giannessi (1907-1982), lavorante nelle cucine in Saint-Gobain ma non ci arrivò, tanti ostacoli. Ci raccontò poi quel che vide in via Livornese e nel fosso dei Navicelli. Mia mamma arrivò dopo due ore sorretta da due uomini con l’alluce del piede quasi staccato, salva sotto un tavolo.

Erano in quattro, ma mia sorella Mara (1930) era in campagna. Ho visto morti e feriti in quel tratto di strada e sentito un forte strano odore...

Brunello Mariotti

La casa distrutta

a Porta a Mare

Nel 1943 ero una bambina di 5 anni. Ricordo ancora che alle 13 del 31 agosto passò un aereo ricognitore e poi fu tutto un rombare di aerei. Con la mia mamma andammo al primo piano e vidi un bagliore di fuoco: Pisa era in fiamme, che si alzavano altissime assieme al fumo. Noi eravamo dai miei nonni a San Piero a Grado: meno male perché la nostra abitazione si trovava a Porta a Mare e fu distrutta. Il mio babbo si salvò per miracolo: essendo ferroviere, appena sentì le sirene, lasciò il deposito delle locomotive e con la bicicletta riuscì ad arrivare sulla strada di Marina con molta paura. Pian piano ci raggiunse. Il mio ricordo, benché sia passato così molto tempo, è ancora vivo. Avevo delle amiche che purtroppo persero la vita con i loro cari in quel tremendo bombardamento.

Rita Benedettini

Nascosto con i miei

ricordo il fuoco

Il giorno del 31 agosto 1943 ho avuto la fortuna di non essere una delle vittime del bombardamento.

Mi trovavo molto vicino al posto dove furono sganciate le tante bombe, per la precisione mi trovavo in Viale delle Cascine all'altezza dell'attuale Abitalia Tower Plaza Hotel, rifugiato sotto un ponticello con mia madre e mio padre. Nella memoria ci sono tante visioni(un po' mie, ma molte ricordate da mia madre).

L'atrocità della guerra mi privò anche di mio padre che nel 1944 mentre stava lavorando nei campi, dove ora c'è il palazzatto dello sport, morì dissanguato a causa dello scoppio di una mina. Il ricordo più vivo che ho di quel giorno sono le tantissime bombe lanciate dagli aerei sopra la stazione di San Rossore e lungo il tratto ferroviario e il fuoco dei siti bombardati. Purtroppo non ho altro da aggiungere, il mio è il ricordo di un bambino che a quel tempo aveva solo 3 anni.

Giuseppe (Fabio) Tognetti

La fuga dal tram

alle prime bombe

Con l’avvicinarsi della fine del mese di agosto, ogni anno mio padre ricordava come la sua mamma si fosse salvata il 31 agosto 1943 pur trovandosi in zona stazione di Pisa nel momento in cui prese il via il bombardamento.

Quando l’allarme iniziò a suonare, mia nonna si trovava su un tram proprio in piazza della Stazione. A causa dei tanti falsi allarmi, quasi tutti gli occupanti del tram rimasero a bordo, ma quando il bombardamento iniziò, allora tutti i passeggeri uscirono di corsa per rifugiarsi nei sotterranei della stazione o per attraversare la piazza. Quasi tutti purtroppo furono uccisi.

Mia nonna aveva 60 anni e pesava quasi cento chili: la sua mobilità era ridotta. Non potendo correre, rimase sul tram e decise di nascondersi “con fatica” sotto i sedili da dove, pregando la Madonna a cui era devota (così mi ha raccontato lei per anni), aspettò la fine del bombardamento. E si salvò.

Non sapendo se ringraziare la Madonna oppure la sua mole, tutti gli anni il 31 agosto era per mia nonna e per tutti noi un giorno di commemorazione, ma anche il giorno del “ringraziamento”.

Alberto Del Guerra

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