La giovane misteriosa salvata dal fiume

di Maurizia Tazartes
La giovane misteriosa salvata dal fiume

Sant’Orsola tende la mano a una bionda incoronata e la tira fuori dall’acqua in un quadro in S. Matteo: quella donna è Pisa

07 aprile 2013
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PISA. Una giovane ed esile donna bionda incoronata viene tirata fuori da sant'Orsola da un fiume pieno di pesci. Chi è? È la personificazione di Pisa. Pisa soccorsa da sant'Orsola è il titolo di un dipinto della fine del Trecento conservato nel Museo di San Matteo. Si tratta di una tavola piuttosto grande (cm 188 x 358) di autore ignoto. Gli storici hanno proposto vari nomi, da Bruno di Giovanni, riferito da Giorgio Vasari nel 1568, al fiorentino Andrea Bonaiuti a vari maestri senesi sino al pisano Turino Vanni nella sua fase giovanile, forse il più probabile. Ma nessun nome ha trovato conferme.

L'opera, spettacolare, rappresenta Pisa le mani tese verso la santa che la afferra per un braccio e la salva dalle acque dell'Arno o del mare. Pisa ha un elegante vestito ricamato con aquile, che la qualificano come città ghibellina fedele all'imperatore. Sant'Orsola, accompagnata dalle Vergini, si sporge sul fiume appoggiandosi a uno stendardo con la croce del popolo pisano, bianca su fondo rosso. In mano ha la freccia del martirio, la punta rivolta verso il basso. A sinistra in alto spunta l'Eterno a sottolineare con il braccio teso verso la santa la sua volontà di salvezza della città. Un angelo sbuca a destra, da una nuvola, sostenendo un rotolo con una scritta inneggiante alla misericordia di Dio, cui risponde con lo stesso tenore un altro cartiglio partito dalla bocca di Pisa. Dice l'angelo, tradotto dal latino: "Apparve a tutti i vedenti il tuo nome e li liberò". Pisa, a sua volta: "Misericordia fece il Signore con la sua serva. Lo loderò in eterno".

Il dipinto ha un'iconografia singolare, tanto da meritare una minuziosa descrizione di Vasari che lo aveva visto nella chiesa di San Paolo a Ripa d'Arno. Lo storico aretino era stato il primo a parlarne nella Vita di Buonamico Buffalmacco. Scrive: "…il quale Bruno dipinse nella medesima chiesa l'altar di S. Orsola con la compagnia delle vergini coronate, ciascuna con la palma del martirio, facendo in una mano di detta Santa uno stendardo con l'arme di Pisa, che è in campo rosso una croce bianca, e facendole porgere l'altra a una femina, che surgendo fra due monti e toccando con l'uno de' piedi il mare, le porge amendue le mani in atto di raccomandarsi". Il racconto continua particolareggiato con una conclusione ironica e beffarda contro quelle due "goffe e plebee" scritte svolazzanti, che assomigliano ai nostri fumetti.

Secondo una Passio del X secolo, che riporta il racconto della vita e del martirio di Orsola, la giovane d'eccezionale bellezza, dopo varie peripezie e il rifiuto di sposare Attila re degli unni, finì da lui trucidata a colpi di freccia con le sue undicimila Vergini. La leggenda ha avuto larga fortuna presso gli artisti, da Memling a Carpaccio, da Holbein a Caravaggio a tanti altri. Ma con la città di Pisa cosa c'entra? Che cosa voleva significare quella vistosa tavola? Chi l'aveva fatta fare e per che motivo?

Domande a cui si è cercato di dare delle risposte. Intanto non si sa se la destinazione originaria fosse proprio quella chiesa, probabilmente sì. Certo nel Cinquecento la tavola era lì per passare poi in collezioni private sino all'attuale sede. Tra le ipotesi più comuni sul suo significato è che si tratti di un quadro devozionale per ringraziare la santa che avrebbe salvato la città da una inondazione dell'Arno. La piena sarebbe avvenuta il giorno della festa di sant'Orsola, cioè il 21 ottobre di un anno di fine Trecento, epoca probabile dell'esecuzione.

Ma c'è una nuova interpretazione che sta avendo fortuna tra gli storici. Il 21 ottobre 1392, giorno appunto della festa della santa, a Pisa ci fu un sanguinoso scontro di fazioni, che portò alla caduta del capitano pisano filofiorentino Pietro Gambacorta. Ad avere la meglio era stato Jacopo d'Appiano, appartenente a una influente famiglia di notai pisani, cancelliere degli Anziani. Sostenitore della fazione favorevole ai Visconti nel conflitto tra Milano e Firenze di cui Pisa subiva tutti i contraccolpi, d'Appiano quel giorno, 21 ottobre 1392 (1393 stile pisano), uccise il Gambacorta che fu sepolto in San Francesco il 23 successivo insieme ai due figli.

Il fatto è ricordato dal contemporaneo Ranieri Sardo che annota il giorno del conflitto "lo dì di sancta Orsola". Altri documenti contemporanei sono ancora più precisi: "In mille CCCLXXXXIII del mese d'octobre addì XXI lo dì di sancta Ursula fue grandissimo romore in Pisa passato", recita un codice della Biblioteca universitaria. Si conferma giorno e anno del fatto d'armi, 21 ottobre 1393 (stile pisano) il giorno di Sant'Orsola.

Come non pensare allora che sia stato lo stesso Jacopo d'Appiano a far fare la tavola come celebrazione della sua vittoria? Un ringraziamento alla santa che quel giorno, per volontà divina, lo aveva fatto prevalere su Gambacorta e nominare "capitano et difensore del Comune et popolo di Pisa". D'altronde a quel tempo non c'erano giornali né tv, ma solo la pittura che spesso si imponeva come manifesto politico. Ne sono esempio tante tavole enigmatiche che si sono rivelate strumenti di propaganda.

A conferma ci sarebbero gli stemmi sulla elegante cornice della tavola che, in parte ancora leggibili, presenterebbero in modo alternato l'aquila ghibellina, il colore dell'arme della repubblica pisana e quella della famiglia d'Appiano. Il nuovo signore di Pisa, Jacopo d'Appiano, si imponeva alla città come garante della parte ghibellina, invertendo la linea di tendenza nei rapporti di Pisa con Firenze. Un anonimo cronista racconta il tripudio della città: "il detto ser Jacopo e la sua brigata corsono per tutta la città gridando: viva il popolo e ser Jacopo d'Appiano e parte ghibellina, e moiano li Gambacorta e' Fiorentini". Ieri come oggi, proprio. Ma c'è di più: sapremmo anche la data dell'opera, 1393, per noi 1392, che calza perfettamente con lo stile del dipinto. Sfugge ancora il nome del pittore, che per ora rimane il Maestro della Sant'Orsola.

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