Assalto ai portavolori, i furgoni rubati e poi incendiati nascosti dentro al cantiere Anas
Un dipendente dell’ente che lavorava sulla Variante si è accorto del lucchetto rotto I mezzi, un Iveco Daily e un Opel Movano, furono presi a Siena cinque mesi prima
SAN VINCENZO. Il giorno della rapina (o al massimo quello prima) avrebbero forzato il cantiere Anas sulla Variante a San Vincenzo, lo stesso che determinava il restringimento di carreggiata dopo la galleria del Castelluccio che ha poi facilitato l’assalto armato, spaccando il lucchetto del cancello, trovato spalancato dagli operai. L’obiettivo? Nasconderci i due furgoni rubati a Siena, poi utilizzati per l’agguato e incendiati per far fermare i portavalori carichi dei soldi delle pensioni da pagare, di lì a poco, dagli uffici postali della provincia di Grosseto. «Un dipendente dell’ente – si legge infatti nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Antonio Del Forno – aveva chiuso il lucchetto e il 29 marzo mattina (il giorno dopo la rapina ndr) aveva riscontrato la rottura del lucchetto e il cancello aperto. Circostanza che induce a ritenere che, tale luogo, sia stato utilizzato dagli indagati nel momento antecedente la perpetrazione dell’evento, allo scopo di occultare i mezzi in attesa dell’arrivo dei portavalori».
La pianificazione
È qui che, subito prima dell’assalto con i kalashnikov da 3.082.754 euro, la banda avrebbe nascosto i furgoni rubati a Siena il 30 ottobre dell’anno scorso, ben cinque mesi prima del colpo. Tutto era stato pianificato nei minimi dettagli: fuori dal deposito Battistolli di San Pietro in Palazzi, il luogo dal quale sono partiti i blindati, c’era uno degli arrestati, il cinquantenne nuorese Salvatore Campus, che con un cellulare “citofono” – senza Internet e con una scheda sim, intestata a un’altra persona ignara di tutto, utilizzata esclusivamente nei giorni della rapina – avverte gli altri sulla partenza dei due portavalori e, nel mentre, dopo essere stato per tre ore seduto in auto si crea un alibi andando a comprare 105 euro di abbigliamento al negozio “Lucarelli Sport”. Poi, a bordo di due suv Volvo spariti da Roma a settembre, il resto del commando si muove, recupera i furgoni portati via da un autonoleggio di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena, ed entra in azione. Crivellando di colpi uno dei due blindati e portando via gran parte dei soldi trasportati verso la Maremma. Con l’errore decisivo: la rapina al medico di Orbetello, privato della sua Volkswagen Tiguan mentre era in coda. Auto che, al contrario delle altre, aveva un gps a bordo e sulle chiavi. Motivo per il quale, già 12 ore dopo, i carabinieri erano nel podere di Antonio Moni, il pastore di Castelnuovo Val di Cecina ritenuto il basista toscano dell’organizzazione sarda.
Il furto dei furgoni
I furgoni dell’autonoleggio – un Open Movano e un Iveco Daily – erano stati rubati il 30 ottobre scorso a Siena: il primo era parcheggiato il località Casetta, fuori da un circolo Arci, l’altro in località “Due Ponti”. Entrambe zone di campagna, per mesi non sono stati più trovati. Poi, sulla Variante, sono stati distrutti dalle fiamme. Proprio nei giorni del furto, a Siena, i carabinieri del nucleo investigativo, diretti dal maggiore Guido Cioli, localizzeranno a posteriori una Mercedes, di proprietà di Campus, che viene quindi ritenuto coinvolto anche nel furto e nella ricettazione dei due mezzi.
Gli indagati
L’inchiesta, nel suo complesso, ha portato all’arresto di 11 persone: sono, oltre al presunto basista di Castelnuovo Val di Cecina Antonio Moni, i quarantacinquenni di Bari Sardo (Nuoro) e Jerzu (stessa provincia) Franco Piras e Francesco Palmas, Campus, il trentatreenne Nicola Fois (di Girasole, Nuoro), il trentacinquenne Marco Sulis (originario di Galatina, in provincia di Lecce, ma residente a Villagrande Strisaili, Nuoro), il trentottenne Renzo Cherchi (di Irgoli, stessa provincia), il quarantasettenne Francesco Rocca (di Orotelli, Nuoro), i trentanovenni Alberto Mura e Giovanni Columbu, dei comuni nuoresi di Ottona e Ollolai e il quarantacinquenne di Bottidda, sempre nel Nuorese, Salvatore Antonio Giovanni Tilocca. Tutti sono in carcere per la rapina pluriaggravata ai blindati del colosso di Vicenza, anche se Moni, Campus e Fois – pur avendo, secondo la procura, collaborato all’assalto con le armi da guerra – non hanno partecipato in prima persona, motivo per il quale – al contrario degli altri – non sono indagati per la ricettazione delle auto. Per il furto dei furgoni poi dati alle fiamme per fermare i Fiat Ducato in fila lungo il restringimento di carreggiata del Castelluccio, invece, sono sotto accusa, oltre a Campus, Piras, Sulis, Tilocca e una quinta persona, il quarantaseienne di Arzana (Nuoro) Antonio Stochino, libero in quanto per lui non è stata accolta dal giudice.
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