Il Tirreno

La sentenza per omicidio

Portoferraio, uccise la madre malata con un mix di farmaci: la condanna è stata annullata
 

di Stefano Taglione
Il piazzale dove sono state trovate le due donne
Il piazzale dove sono state trovate le due donne

La Cassazione rinvia il processo in appello perché deve essere stabilità l'eventuale imputabilità della donna: sarà ripetuto. Si va verso una nuova perizia psichiatrica

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PORTOFERRAIO. La Cassazione ha annullato la condanna a 12 anni di reclusione della sessantaseienne Maria Cristina Nuccetelli, la donna che il 12 marzo 2020 ha ucciso la madre malata novantenne Elisa Fidanza con un mix di farmaci. Secondo i giudici dovrà essere ripetuto il processo d’appello, a Firenze, per stabilire l’imputabilità o meno della donna. Verrà quindi, con ogni probabilità, disposta una nuova perizia psichiatrica per accertare se la signora, al momento del delitto, fosse in grado di intendere e di volere. Secondo il procuratore generale della corte d’appello, infatti, lo era. Per la difesa, invece, non lo era, mentre la sentenza di secondo grado ha riconosciuto una semi-infermità mentale, riducendo il quantum rispetto alla corte d’assise labronica. La Cassazione, venerdì 14 febbraio, ha accolto sia il ricorso della difesa, con l’avvocato Giuseppe Rombolà, sia del procuratore generale.

La ricostruzione

Nuccettelli è accusata di aver somministrato una dose letale di medicinali alla madre, tentando di fare lo stesso con se stessa. Alcuni passanti, che hanno visto l’auto con le due donne nel piazzale fuori dalla chiesa di Carpani hanno dato l’allarme facendo intervenire il 118 e i carabinieri. La sessantaseienne, grazie alle persone che transitavano in zona, è viva: la salveranno i sanitari dell’ospedale.

La lettera

«Intendevo morire con lei, non ucciderla. Ho provato a liberare lei, me e mio marito da questa vicenda. Me ne è riuscita solo una e pure male, ma almeno lei ora non soffre più. Non c’è pena che possa farmela rimpiangere, c’era troppa sofferenza. Non giustifico il mio gesto: io ho dato la pace a mia mamma, quella che desideravamo tanto», aveva spiegato in una lettera. La donna, quindi, avrebbe agito perché non voleva più veder soffrire la mamma anziana, in gravi difficoltà di salute, di cui si era sempre presa cura. «Se fossi stata mossa dalla rabbia non avrei agito così, ma me la sarei presa con mio marito o con la badante. La rabbia, in realtà, non mi ha neppure sfiorato. Ero stremata, delusa, dispiaciuta e disperata per non aver modo di alleviare le sofferenze. E credendo in Gesù – le sue parole – e nel suo amore infinito ho pensato che ci potesse accogliere entrambe in cielo». Per spiegare quanto accaduto, quando ancora era ricoverata in ospedale, Nuccetelli aveva scritto una lettera consegnandola a uno dei medici del reparto dove era in degenza.

Le perizie psichiatriche

Tre le perizie psichiatriche effettuate: la prima, quella del dottor Enrico Malotti (il professionista incaricato dal giudice per le indagini preliminari) la dichiarò totalmente incapace. E dopo di lui il collega Alessandro Milanfranchi – perito della difesa – è giunto alle stesse conclusioni, ritenendo che la grave depressione di cui sarebbe stata affetta si fosse aggravata al punto di arrivare al “delirio di rovina”. Ma il professor Rolando Paterniti, il medico incaricato dalla procura di eseguire gli stessi accertamenti, pur riconoscendo il grave stato di depressione riteneva che questo non potesse essere sfociato in delirio, quindi nella volontà dell’omicidio-suicidio riuscito a metà. «Confido che finalmente la corte d’assise d’appello possa accertare la totale incapacità della signora al momento della commissione del fatto, come stabilito anche dal perito nominato dal gup», spiega Rombolà. 

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