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Decisioni dubbie e poca cattiveria Herons, quanto amaro in bocca

di Lorenzo Mei
Palla a due tra Ruvo e Fabo martedì sera al PalaColombo
Palla a due tra Ruvo e Fabo martedì sera al PalaColombo

Playoff di B: a Ruvo alcuni fischi arbitrali scatenano la rabbia di tifosi e società. «Ma non si può andare avanti di 16 e 15 punti e subire la rimonta come accaduto»

23 maggio 2024
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MONTECATINI. La tentazione di riciclare l’articolo di due giorni fa è forte. Tutto avremmo immaginato tranne una partita con la Fabo per la seconda volta in tre giorni a dominare il campo e il punteggio a Ruvo di Puglia, e anche stavolta con pieno merito, anzi, dopo un avvio ancora più in salita di quello di domenica (fino a -9).

E mai e poi mai ci saremmo sognati di dover commentare una seconda sconfitta, più o meno un remake della precedente, anzi, senza i canestri di tabellone, anche se alcune decisioni arbitrali stupefacenti come un fallo non fischiato su Dell’Uomo in penetrazione, ma soprattutto una sanguinosa infrazione di Benites su una rimessa dal fondo che ha fatto annullare il canestro del -1 e che, rivista in video, è un'allucinazione, perché il play è lontano dalla linea e la palla rimbalza in campo.

Sul ribaltamento, Jackson segna da 3: -6. «Ci sono due modi di vederla – commenta dal treno del ritorno il coach Federico Barsotti – se ci avessero detto che saremmo stati a +15 e +16 a Ruvo non ci avremmo creduto, ma poi c’è la delusione per aver perso, e non due partite punto a punto, ma che avremmo potuto controllare». Il primo pensiero va a quei ragazzi (qualcuno piuttosto cresciuto) che si erano fatti i 700 chilometri che separano Montecatini da Ruvo (da moltiplicare per due). Vederli alla fine ringraziare la squadra dopo una seconda doccia gelata, non può non emozionare. Non c’è verso: lo sport nella retorica ti ci trascina, e anche i canali social degli Herons martedì notte erano pieni di “Grazie ragazzi”, “Ce la possiamo fare”, “Non è finita”. La retorica però va dosata con moderazione. Infatti anche su Facebook non manca qualche critica educata per un match così simile al precedente.

Una squadra ambiziosa può vedersi sbriciolare due vantaggi di 16 e 15 punti e trovarsi 0-2 nella serie? La risposta ovvia è che non dovrebbe, che la Fabo deve imparare a giocare anche quando non è trascinata dall’onda dell’entusiasmo, quando davanti nel punteggio ha la tentazione di perdersi nella ricerca dell’eleganza, dimenticando di lucrare sulla situazione falli altrui (un inciso: il conto dei tiri liberi in due gare è 33-60, Barsotti lo definisce “inaccettabile”) e progetta traiettorie di passaggio avventate. E poi c’è quell’allergia alla zona che si spiega difficilmente solo con ragioni tecniche, di fronte alla quale anche in gara 2 gli aironi hanno rallentato la circolazione di palla e si sono accontentati di tiri fuori ritmo. «Quella difesa ti lascia delle occasioni di tiro che non puoi non prendere, e quando si tira da soli bisognerebbe fare canestro. Nonostante che nelle prime due azioni abbiamo segnato con buone soluzioni, poi ci è tornata l’ansia», chiosa Barsotti.

Un vero peccato, perché se parliamo di gioco la Fabo ha certamente fatto vedere sprazzi migliori dei padroni di casa, che si sono affidati alle prestazioni individuali. Nel basket però non si misura il bel gioco, si contano i canestri. La squadra rossoblù ha il cuore grande, ha giocatori come Lorenzetti e Dell’Uomo capaci di defibrillarlo quando sembra sul punto di fermarsi, ma deve imparare a essere spietata e a speculare sulle proprie qualità e sui limiti degli altri. Forse un’aggiunta di fosforo come Carpanzano avrebbe potuto offrire a Barsotti assetti diversi e più cautelativi, ma ormai ci siamo consumati i polpastrelli a forza di scriverlo. Ci sono due partite al Palaterme per riaprire la serie. Un’eventuale gara 5 a Ruvo, ancora di più dopo aver visto la partita di martedì, sarebbe tutt’altro che decisa in partenza. Bisogna arrivarci, però, e non sarà facile, perché una giornata storta può capitare anche in casa, e una giornata storta stavolta vuol dire vacanze anticipate. Siamo arrivati lì dove Dino Meneghin aveva consigliato di farsi trovare fin da subito: a immaginare che ogni singola partita sia da dentro o

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