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Sanità

Pescia, visita in ritardo e poi cancellata: «Alla fine io costretto a pagare»

Pescia, visita in ritardo e poi cancellata: «Alla fine io costretto a pagare»

Doveva risolvere in 10 giorni: dopo una prima disdetta dell’Asl l’attesa era 2 mesi

16 settembre 2023
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Chiesina La prescrizione di una prestazione come primo accesso con priorità B ovvero “Breve” sarebbe da erogare entro 10 giorni. Tale era la dicitura che recava l’impegnativa che prescriveva una visita ortopedica a Massimo Magrini, 59 anni, di Chiesina Uzzanase, che dal proprio medico aveva ricevuto una diagnosi di possibile borsite all’anca. Lo scorso 25 luglio era riuscito a ottenere un appuntamento per il 16 agosto, con soli 22 giorni di ritardo rispetto a quanto previsto dalla normativa. Niente male se non fosse che il 14 di agosto, a distanza di 48 ore dall’appuntamento, lo stesso venisse disdetto per assenza del medico, senza fornire però una data sostitutiva. «Mi hanno detto che mi avrebbero richiamato per farmi conoscere la data del nuovo appuntamento – racconta il signor Magrini – ma dopo due settimane non avendo ancora ottenuto riscontro mi sono recato al Cup per sapere come mi dovevo comportare, mi è stato ribadito che sarei stato richiamato, non soddisfatto ho telefonato a un politico amico per chiedere cosa potevo fare. Mi ha suggerito allora di chiamare il numero a cui si inoltrano i reclami sulle liste di attesa 800556060. Ha funzionato, sono stato richiamato dall’Asl di Montecatini ottenendo un appuntamento, ma solo per il 27 di settembre». Così i giorni di ritardo rispetto alla normativa sono diventati 64. «Non sarebbe stato facile, dal momento che andavo avanti a colpi di Brufen e antinfiammatori aspettare così a lungo – prosegue Magrini – così ho speso 100 euro e mi sono rivolto al privato». Storie come quella di Magrini, lungi dall’essere l’eccezione già da qualche tempo stanno finendo per rappresentare “la regola”. A prescindere dalla priorità che i medici di base indicano sulla ricetta quasi mai la prescrizione viene evasa entro quei termini per i tempi di attesa troppo lunghi. Anche quando la ricetta di una prestazione prevede priorità U (Urgente) con validità tre giorni e la normativa prevede che venga erogata entro 72 ore, non accade sempre. E allora non resta altro da fare per gli utenti che rivolgersi all’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP) o chiamare il numero che ha chiamato Magrini. Ma a conti fatti cambia poco. Si finisce per pensare che a fare la differenza sia unicamente la disponibilità economica degli utenti, che il vero discrimine cioè sia rappresentato dalla capacità di fruire la prestazione a pagamento, in una struttura privata. Ma le liste d’attesa sono disciplinate da vari atti in primis il Piano nazionale di governo delle liste di attesa siglato con l’Intesa Stato-Regioni. Tale Piano comprende la definizione e l’applicazione di “percorsi di tutela” ovvero percorsi di accesso alternativi alle prestazioni specialistiche i quali prevedano che, qualora venga superato il tempo massimo di attesa a livello istituzionale, possa essere attivata una specifica procedura che permetta al paziente residente e per le richieste di prime prestazioni in classe di priorità la possibilità di effettuare la prestazione presso un erogatore privato accreditato nel rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente. Si può chiedere, cioè, che la prestazione venga fornita in intramoenia senza dover pagare il medico come “privato”, ma corrispondendo solo il ticket. Un diritto che può essere esercitato per tante tipologie di esami e visite specialistiche (ad oggi sono 58 le prestazioni su cui sono state definiti i relativi tempi massimi d’attesa) . La differenza di costo è a carico dell’Azienda Sanitaria locale, e se il cittadino ha l’esenzione dal ticket, allora non paga nulla e il costo è a totale carico dell’Azienda Sanitaria locale, ma occorre mettersi comunque in lista d’attesa e poi chiedere l’autorizzazione alla prestazione in intramoenia senza oneri aggiuntivi, oltre al ticket. l

Maria Salerno

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