Carrara, tre condanne per frode fiscale agitano Franchi Umberto Marmi: i nomi e le accuse
Il dispositivo riguarda presidente, vice presidente e direttore commerciale. Il cda della società leader a livello internazionale esprime «piena e incondizionata fiducia ai propri amministratori»
CARRARA. Il giudice del tribunale di Massa ha emesso tre condanne in primo grado per una vicenda di frode fiscale a carico dei due vertici e di un dirigente della Franchi Umberto Marmi (Fum) spa, azienda leader del “made in Italy” a livello internazionale nel settore della lavorazione e della commercializzazione del pregiato marmo di Carrara, società quotata sul mercato Euronext Growth Milan. Le condanne, legate a un caso scoppiato nel 2019 (ma su cui gli inquirenti erano al lavoro dal 2017) su una frode da circa quattrocentomila euro relativa a un acquisto di blocchi di marmo, riguardano il presidente della spa, Alberto Franchi (quattro anni di reclusione), la vice presidente Bernarda Franchi (due anni di reclusione, pena sospesa) e Carlo Francesco Varni, direttore commerciale (tre anni di reclusione).
Così il dispositivo della sentenza di primo grado pronunciato dal Tribunale di Massa all’esito dell’udienza del 27 giugno, nel procedimento Nrg 253/17 relativo ai reati contestati secondo gli articoli 2 e 3 decreto legislativo 74/2000, ovvero dichiarazione fraudolenta – rispettivamente mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2) e mediante altri artifici (articolo 3) – per Alberto Franchi; reato di cui all’art. 2 per Bernarda Franchi.
A informare della sentenza è direttamente la società, il cui consiglio di amministrazione, «tempestivamente convocato ad esito della pronuncia, ha espresso piena ed incondizionata fiducia nei confronti di entrambi gli amministratori confermando convintamente la stima nelle capacità professionali, nel rigore gestionale e nella dedizione alla società da sempre dimostrata da Alberto e Bernarda Franchi. Il cda – spiega l’azienda nella nota ufficiale – nel ribadire la propria vicinanza personale e istituzionale al proprio presidente e al proprio vice-presidente, informa che intende continuare a supportarli attivamente in vista delle fasi successive del procedimento – sia in sede di Appello sia ogni ulteriore grado di giudizio – auspicando la conferma di una piena estraneità alle contestazioni sollevate, come già sostenuto nel corso delle precedenti fasi del giudizio».
Dichiara il presidente di Fum, Alberto Franchi: «Il dispositivo della sentenza di primo grado ci coglie di sorpresa ma dobbiamo attendere le motivazioni per poter prendere contezza della logica giuridica riposta dal giudice alla base delle così severe pene, che mal si conciliano, quanto meno in astratto, con l’intervenuto integrale pagamento del debito tributario di cui all’atto di adesione intervenuto con l’Agenzia delle Entrate. In attesa di leggere le motivazioni, non posso che affermare che ricorreremo senza dubbio in appello, certi di una sentenza che riaffermi il nostro buon operato». La società ribadisce inoltre che «continuerà a tenere il mercato informato, anche nel pieno rispetto degli obblighi di legge e regolamentari, e resta impegnata a garantire massima trasparenza e correttezza nella gestione degli adempimenti societari, mantenendo al centro la tutela degli stakeholder, dei dipendenti e della propria reputazione».
Spiega l’avvocato Alessio Strenta, legale di Bernarda Franchi: «La sentenza scaturisce da un’indagine nata sei anni fa da un’ipotesi di frode tributaria mossa dalla Guardia di Finanza e contestata per la prima volta nel 2019. Vicenda risolta completamente nella sua parte tributaria. Siamo rimasti francamente molto stupiti della durezza delle condanne, soprattutto alla luce delle innovazioni intervenute nella giustizia tributaria e alla luce della riforma Cartabia». Di fatto, spiega sempre l’avvocato Strenta, «è stata elevata una doppia contestazione: costi non inerenti per decine di migliaia di euro e sottofatturazione». Da sottolineare, secondo Strenta, che «nel corso del giudizio sia stata data persino un’impostazione rovesciata della vicenda; per questo pensiamo che l’esito sia frutto di un’interpretazione della normativa fiscale». Ad ogni modo il legale si riserva di leggere le motivazioni del dispositivo, per le quali il giudice si è preso novanta giorni di tempo. Dello stesso avviso l’avvocato Luca Lattanzi (che ha curato la difesa di Varni), il quale preferisce attendere le motivazioni prima di rilasciare dichiarazioni ufficiali. Anche per il suo assistito si prefigura, comunque, il ricorso in appello.
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