Cinquale, Darsena ko per gli sfalci degli argini
Barche e yacht bloccate all’imboccatura per il fondale basso. Il titolare: «Sono pronto a fare causa al Consorzio di bonifica»
MONTIGNOSO. Alla darsena del Beach Club «la pazienza è finita». Al punto da voler fare causa al Consorzio di bonifica Toscana nord. Perché dopo la recente pulizia degli argini del torrente Versilia gli sfalci sono tornati a scendere a mare, finendo per l’ennesima volta dentro il porticciolo gestito dalla società Marisco (titolare della concessione su cui sorge anche la storica discoteca). Questo sta causando problemi non da poco per la darsena, come denuncia il titolare Emanuele Ricciardi. Perché l'intasamento del canale di uscita da un lato comporta un certo costo per la società – che si aggiunge al dragaggio annuale dal costo che oscilla tra i 60mila e i 90mila euro – ma dall’altro fa sorgere il problema di dover spiegare ai proprietari delle barche che non possono uscire in mare causa ostruzione del canale.
«Questa situazione – spiega Ricciardi – va avanti da danni e con l’avvicinarsi di ogni stagione estiva si ripete. Ora la pazienza è finita e mi auguro che il Consorzio intervenga al più presto, perché noi abbiamo già dato mandato ai nostri legali» avverte il titolare. In tutto questo l'ente finito nel mirino della protesta è il Consorzio di bonifica, che contattato dal Tirreno preferisce non rilasciare dichiarazioni ufficiali sull’accaduto al momento.
«Ogni anno – racconta Ricciardi – il Consorzio affida i lavori di pulizia degli argini a ditte che però non provvedono a raccogliere gli sfalci, che restano lungo l’asse fluviale. Già questo va contro la legge – puntualizza – perché la Regione Toscana impone la loro raccolta, altrimenti se finiscono in acqua vengono classificati come rifiuti. Sta di fatto che tutto questo materiale finisce nel Versilia e alla foce torna indietro – continua Ricciardi – accumulandosi sul fondale. Noi tutti gli anni provvediamo a dragare la foce e la nostra darsena, con una spesa che si aggira dai 60mila ai 90mila euro a seconda di quanto materiale si è accumulato». L'intervento più recente c'è stato una settimana fa «ma siamo di nuovo punto a capo, perché nel fondale siamo pieni di foglie, tronchi e cannette». E il risultato, spiega ancora Ricciardi, «è che stamani (ieri per chi legge, nda) il fondale è profondo si e no 1,5 metri, quando solitamente deve essere tra i 2,5 metri e i 3 metri».
A dimostrazione delle parole di Ricciardi un sub che, all’imbocco della darsena, è riuscito a stare in piedi con le spalle fuori dall’acqua. Insomma un bel grattacapo per una darsena che ospita barche che arrivano fino a 16 metri di lunghezza. «Continuamente riceviamo lettere di nostri clienti molto arrabbiati perché loro pagano annualmente un servizio ma poi si trovano la barca bloccata». Esasuto ed esasperato da questa situazione, Ricciardi è anche andato a parlare con una delle ditte che nei giorni scorsi stava effettuando lo sfalcio degli argini. «Mi hanno detto che questo è il “metodo” che va avanti da vent’anni. Ho scritto allora al Consorzio di bonifica – racconta – ma anche di fronte ai video che ho inviato e in cui si vede chiaramente l’erba finire in acqua mi hanno risposto che a loro questa cosa non risulta».
La pazienza è quindi finita. «Noi abbiamo dato mandato ai nostri legali – fa sapere Ricciardi – perché a questo punto servono azioni mirate. Tutti gli anni provvediamo a pulire la nostra parte e anche la foce, spendendo decine di migliaia di euro. Ora sono nuovamente costretto ad affittare una chiatta, che già mi hanno detto costerà mille euro al giorno, per andare a togliere con una ruspa tutti questi sfalci che mi bloccano l’uscita. Sono amareggiato – conclude Ricciardi – mi auguro che il nuovo presidente del Consorzio di bonifica Dino Sodini prenda in mano la situazione, perché proviene dal mondo delle imprese ed è sensibile a questo genere di situazioni. È impensabile che al confine tra due zone turistiche come quelle del Cinquale e della Versilia si continui a scaricare sfalci e rami nei fiumi. Perché non arriva solo da noi ma diventa il lavarone che le amministrazioni locali devono poi rimuovere dalle spiagge».
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