Massa, dà uno schiaffo all’infermiera: 50enne arrestato
Ughi (Asl): «L’azienda ha fatto molto, quello che manca è un protocollo con la prefettura come a Pisa e a Livorno»
MASSA. È arrivato al pronto soccorso del Noa in ambulanza, nella notte tra lunedì e martedì 6 maggio. Dopo qualche ora di attesa, si è alzato dalla barella, è entrato nell’ambulatorio medico e ha dato uno schiaffo in faccia a un’infermeria. È partita la chiamata ai carabinieri che sono subito intervenuti e lo hanno arrestato. Il 50enne carrarese si trova ai domiciliari.
I dati
E adesso è di nuovo inascoltata Cassandra. Le aggressioni al personale sanitario in provincia di Massa Carrara, non solo non sono diminuite, ma sono pure aumentate. Nel 2023 sono arrivate all’azienda 63 segnalazioni. Che includono tutto: aggressioni fisiche, verbali, anche solo litigi o danni alle macchine. Nel 2024 sono state 115, quindi quasi il 73% in più. «Sono dati che vanno presi con le molle – chiarisce Massimo Ughi, responsabile servizio prevenzione e protezione dell’Asl nord ovest – perché non si parla di solo aggressioni vere e proprie. E poi magari non includono quei casi di operatori che non denunciano perché ormai la considerano una cosa normale». Le principali strutture coinvolte sono il pronto soccorso (34%), le aree di degenza (24%) e servizio psichiatrico di diagnosi e cura (9%). Il 73% proviene da femmine e il rimanente 27% da uomini. L’89% è di tipo verbale e il restante 11% è di tipo fisico. Le principali professioni coinvolte sono quelle di linea con il 50% da infermiere/i, il 21% da medici e il 14% da oss.
Il piano di Asl
L’azienda sanitaria da tempo è impegnata nella prevenzione e nel contrasto del fenomeno. Ha già attivato al pronto soccorso del Noa e in psichiatria il pulsante di chiamata di emergenza della guardia giurata e ha portato avanti sia una campagna di formazione sia di supporto psicologico. «Quello che manca – spiega Ughi – è il protocollo operativo con le forze dell’ordine che siamo riusciti ad attivare con le prefetture di Pisa e Livorno. Qui lo abbiamo chiesto diverse volte ma non siamo stati ancora convocati». Il protocollo prevede anzitutto incontri tra Asl e forze dell’ordine «per aumentare la reciproca conoscenza. Spesso le forze dell’ordine considerano il paziente solo come un qualcosa da gestire a livello sanitario, ma il confine e labile e molti se ne stanno accorgendo». Un altro tema è quello di posto fisso di polizia che c’è ma non è sempre attivo con personale. «In genere c’è la mattina e a volte anche il pomeriggio». Non di notte. Chiaro è che le forze dell’ordine sono alle prese con una carenza di personale che tocca tutti i settori del pubblico. E questo si ripercuote sulla sicurezza del personale sanitario. «Questo fenomeno – continua Ughi – va affrontato su più temi: quello aziendale, quello istituzionale, ma anche quello legislativo. Non può essere preso solo da una parte».
L’appello della Fp Cgil
«Purtroppo non è la prima volta che accadono episodi di questo tipo. Negli ultimi anni, i casi di aggressione al personale sanitario sono in costante aumento», commenta Valerio Musetti, del coordinamento Fp Cgil dell’Asl nord ovest. «È una situazione che richiede la massima attenzione. Purtroppo, in questi anni si è verificato un crescente clima di sfiducia verso il sistema sanitario, alimentato da narrazioni parziali e generalizzazioni sulla malasanità, che non solo danneggiano l’immagine del servizio sanitario, ma contribuiscono anche a un’escalation di aggressioni, verbali e talvolta fisiche, da parte di alcuni cittadini nei confronti degli operatori. È fondamentale salvaguardare la salute psicofisica del personale sanitario e garantire un numero adeguato di operatori per assicurare servizi efficienti. Servono protocolli chiari di intervento condivisi tra le aziende sanitarie e le forze dell’ordine. La presenza di un agente di polizia h24 nei pronto soccorso non è la soluzione definitiva, ma può certamente rappresentare un deterrente. È necessario anche procedere con una mappatura dei servizi più esposti al rischio, come i pronto soccorso, la psichiatria, alcuni ambulatori e le degenze ospedaliere, per definire azioni mirate. Il punto centrale resta però l’organizzazione del lavoro: servono organici adeguati e una campagna di sensibilizzazione rivolta alla cittadinanza per contrastare le aggressioni».
Le Rems
C’è poi un altro tema che si intreccia a questo: quello delle Rems, le strutture sanitarie destinate all’accoglienza di persone affette da disturbi mentali che hanno commesso reati e sono considerate socialmente pericolose. Il 50enne arrestato sarebbe dovuto essere accolto in una di queste strutture, ma non c’è posto. A livello nazionale, attualmente, ci sono circa 600 posti letto, a fronte di un fabbisogno stimato di 1.200 posti. Al 7 maggio 2024, 677 persone già destinatarie di misure di sicurezza risultavano “libere in attesa di internamento”.