Il Tirreno

Biselli: «Covid? Emergenza superata, adesso in ospedale è tornata la normalità»

di Gian Ugo Berti
Biselli: «Covid? Emergenza superata, adesso in ospedale è tornata la normalità»

Il punto del direttore a tre anni dall’inizio pandemia. «Ma siamo sempre pronti in caso di urgenza»

31 gennaio 2023
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MASSA. Situazione sotto controllo, pur con le precauzioni necessarie, sul fronte Covid. L’esperienza passata – spiega Giuliano Biselli, direttore sanitario dell’ospedale delle Apuane – oggi è di grande aiuto e, a tre anni di distanza, l’ospedale è tornato a livelli pre Covid.

Dottore, quale aggettivo userebbe per indicare il livello della pandemia in questo periodo in provincia?

«Al Noa abbiamo 8 ricoveri di positivi asintomatici per Covid e l’ospedale ha ripristinato i normali “setting” di ricovero. La situazione è di normalità, anche se per l’accesso in ospedale è ancora obbligatoria la sanificazione delle mani e l’utilizzo della mascherina».

Dei tre anni di pandemia, cosa ricorda in particolare sotto il profilo umano e professionale?

«Ricordo i primi giorni di marzo 2020 in cui l’organizzazione ospedaliera è stata stravolta da una ondata di ricoveri; numerosi pazienti con polmonite bilaterale desaturante richiedevano il supporto rianimatorio; in due settimane i letti intensivi sono passati da 14 a 30 e, al culmine della prima ondata, i ricoveri Covid hanno superato i 200; la nostra provincia è stata tra i territori più colpiti nella prima fase epidemica. L’ospedale ha reagito in modo impeccabile grazie al lavoro degli operatori sanitari e delle componenti di supporto logistico; la struttura ha fatto il resto con la sua alta tecnologia e flessibilità; l’unità di crisi è stata valore aggiunto. Nella fase drammatica ci siamo sentiti coccolati dal contesto sociale, che è stato splendido; tutte le associazioni di volontariato e la Fondazione Marmo non hanno fatto mancare il supporto morale e materiale. Ottima, fin dal primo momento, l’integrazione col territorio con l’attivazione delle cure intermedie Covid al vecchio ospedale, implementate fino a 56 posti letto nella seconda ondata».

Ritiene sia stato fatto tutto quanto necessario, pur nel difficile contesto e in assenza d’un piano operativo? Ci sono stati punti di criticità?

«I ricordi sono tanti: il primo parto di una paziente positiva in Italia, le discussioni in unità di crisi dove si monitorava la pressione degli arrivi al Pronto Soccorso e si modellavano i setting. Ricordo con affetto l’episodio di un anziano che mi ha fatto chiamare per consegnarmi una mezza dozzina di mascherine antipolvere e, con gli occhi lucidi, mi ha sussurrato che servivano più a noi che al suo bricolage, ricordo un medico, pilastro dell’unità di crisi che mi si avvicinò e mi disse che avevamo più un solo ventilatore: mi guardò fisso e i suoi occhi mi hanno trasmesso lo stress e la paura che serpeggiava anche fra noi. Gli occhi sono stati lo strumento cardine della comunicazione nei primi mesi della pandemia, hanno comunicato coraggio, determinazione e, talvolta, paura e sgomento».

Davanti ad un eventuale recrudescenza, è pronto un piano d’intervento, ospedaliero e territoriale?

«Giù la seconda ondata non ci ha colti impreparati; i setting erano disposti e il nemico non era sconosciuto, cominciavamo ad avere armi efficaci, poi il 27 di dicembre la prima seduta vaccinale e la luce in fondo al tunnel. A distanza di tre anni posso dire che l’ospedale è tornato all’organizzazione pre Covid, ma non dobbiamo abbassare la guardia: virus, batteri possono sviluppare varianti patogene e abbiamo sperimentato gli effetti devastanti della globalizzazione nella trasmissione planetaria in tempi rapidissimi; dobbiamo lavorare per limitare l’utilizzo indiscriminato di antibiotici e arginare il proliferare di agenti multiresistenti; dobbiamo lavorare per il potenziamento della sanità territoriale con strutture di primo livello dove il cittadino trovi risposte efficaci, dobbiamo fare in modo di lasciare al Pronto Soccorso i codici maggiori. La Regione si sta muovendo in questa ottica e le recenti delibere hanno dettato tempistiche e modalità operative. Dovremmo imparare a convivere con questo virus come in passato con altri; nessun microorganismo vuole la morte del soggetto che invade; cerca sempre di trovare un equilibrio che consenta la sopravvivenza di entrambe».

La pandemia ci accompagnerà ancora per molto?

«Dovesse presentarsi un’altra emergenza pandemica, l’esperienza maturata sarà di supporto nel farci riattivare percorsi logistici e terapeutici collaudati; importante ricordare che, nella prima ondata, abbiamo concentrato le nostre forze sul Covid trascurando le altre patologie, ciò ha determinato criticità nella diagnosi precoce oncologica e nel trattamento delle patologie cronico degenerative».


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