Marmettola, incontro lunedì. Anche Scarlino cerca alternative
La sindaca: «Sto lavorando con il presidente Lorenzetti»
CARRARA. Da mercoledì scorso, quando la Cages ha informato le aziende che da mercoledì 30 non potrà più ricevere marmettola, l’emergenza di cui si è iniziato a parlare la scorsa estate è diventata impellente. Evidentemente, le soluzioni che sembravano alla portata, non lo erano. Fatto sta che per lunedì prossimo alle 15 il presidente della Provincia Gianni Lorenzetti, sollecitato dalle associazioni delle imprese, ha fissato un primo incontro, con l’auspicio che possa essere già risolutivo o quasi, perché l’alternativa è che un comparto da circa 8mila addetti solo nella nostra provincia, chiuda i battenti almeno al 90% (come scritto ieri, un 5-10% di aziende è in grado di sostenere i maggiori costi di smaltimento in altre regioni del materiale).
La sindaca: priorità
Sul tema interviene la sindaca Serena Arrighi, che già nella scorsa estate aveva seguito il problema coinvolgendo la Regione: «La priorità adesso - scrive - è risolvere l'emergenza marmettola e fare sì che la lavorazione in segherie e laboratori non si fermi, ma poi si dovrà trovare una soluzione a lungo termine che ci garantisca che situazioni del genere non si ripetano più». E prosegue: «In questo momento sto lavorando al fianco del presidente della Provincia Gianni Lorenzetti per trovare una soluzione immediata che ci consenta di evitare lo stop alla lavorazione – spiega la prima cittadina -. Le strade al vaglio sono diverse e speriamo di individuare presto quella giusta, nel frattempo ho già fissato nei prossimi giorni un incontro con i rappresentanti della Cages, la ditta che si occupa del ritiro della marmettola. Parallelamente il mio impegno è, al fianco di tutti gli attori coinvolti in questa vicenda, quello di andare a cercare una soluzione sul lungo periodo. È evidente come quanto fatto finora non sia più sufficiente e come si debbano trovare dei modi alternativi per smaltire questo materiale. Esistono oggi diverse soluzioni offerte dalla tecnologia che potrebbero consentire di dare valore a quello che è un importante sottoprodotto della lavorazione del marmo e che si potrebbe prestare a molti più usi di quelli attuali».
La lettera Cages
Come detto, tutto nasce dalla missiva di Cages dello scorso 16 novembre, in cui l’azienda comunicava tout court la sospensione del ritiro della marmettola: «Persistendo la situazione di contrazione significativa relativamente al riutilizzo della marmettola per le vicende note, la Cages al fine di continuare a garantire il servizio necessario all’intero comparto ha cercato di ottimizzare gli stoccaggi disponibili lavorando per raggiungere almeno una situazione di equilibrio tra la produzione in ingresso rallentando gli accessi ed i flussi in uscita legati comunque all’andamento del mercato e con lo stabilimento Venator di Scarlino a marcia ridotta. Sulla base delle informazioni ricevute da Venator si prevede la fermata completa dello stabilimento da fine novembre ad inizio gennaio 2023 (e successivamente la prosecuzione con una marcia ridotta)». Pertanto, «La cessazione completa di consumo di marmettola da parte dello Stabilimento di Scarlino seppur per un periodo limitato non consente di ricevere ulteriore flusso in ingresso presso il nostro impianto essendo esaurita la possibilità di stoccaggio. La Cages nel frattempo sta lavorando per incrementare l’inserimento nel mercato dei prodotti EoW (end of waste, ndr) ottenuti dal trattamento della marmettola tramite il proprio impianto di trattamento e prevede ulteriori investimenti per la valorizzazione del rifiuto con tempi previsti non compatibili con l’attuale situazione di emergenza». Insomma, specificava, «comunichiamo pertanto la necessità purtroppo di sospendere il ritiro di marmettola presso il nostro impianto nel periodo di fermata effettiva dello Stabilimento Venator (da inizio dicembre fino a inizio gennaio 2023)».
Il punto da Scarlino
E intanto, a Scarlino, domani sindacati e Venator si siederanno intorno al tavolo della trattativa per prendere decisioni rispetto alla cassa integrazione ordinaria e alle uscite incentivate. Dando così seguito all'accordo di massima sottoscritto il 9 novembre nella precedente riunione nel corso della quale l’azienda aveva manifestato la volontà di rinunciare alla procedura di licenziamento collettivo di 41 operai che aveva già avviato. È più che probabile che nella stessa occasione Venator comunichi formalmente anche il periodo in cui sarà interrotta l’estrazione del biossido di titanio nell’unica delle tre linee di produzione rimasta attiva nello stabilimento scarlinese. Cave e segherie di marmo conferivano fino a 300mila tonnellate di “marmettola” a Venator, che la utilizza per inertizzare l’acido solforico diluito impiegato nell’estrazione del biossido dal minerale di Ilmenite. Stando alle indiscrezioni, Venator sarebbe intenzionata a sospendere l’attività anche sulla terza linea di produzione del biossido rimasta aperta già a partire da 5 dicembre, per riaprire all’inizio dell’anno nuovo. Domani quindi, oltre a conoscere esattamente quale sia l’intervallo di tempo in cui l’impianto di Scarlino subirà un fermo totale, si saprà anche quante persone dovranno andare in cassa integrazione, e a quanti dipendenti sarà fatta la proposta per le recessioni concorsuali in modalità volontaria. Fintanto che non saranno sciolti i nodi relativi ai siti di stoccaggio temporanei (area Disposal e Nuova Solmine) e preliminari (da individuare), Venator si è data l’obiettivo di produrre la minor quantità possibile di gessi rossi visto che il sito di stoccaggio di Montioni è oramai prossimo all'esaurimento.
Insomma, anche a Scarlino si cercano siti alternativi, ma è evidente che l’economia chiave del comprensorio, non può dipendere da Grosseto... Una soluzione di economia circolare e sostenibile va trovata qui.
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