arte: il personaggio 

«L’amore per il marmo, il mio mestiere»

Alessandra Vivoli
«L’amore per il marmo, il mio mestiere»

Beatrice Taponecco parla della sua passione per la scultura. E la sua opera finisce al Palazzo della moda di Milano

17 giugno 2021
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Alessandra Vivoli

CARRARA. Quando al corso di scultura dell’Accademia di Belle Arti di Carrara le hanno messo in mano lo scalpello e il mazzuolo Beatrice Taponecco si è innamorata. Il marmo l’ha stregata. Si proprio come accade di fronte a un’opera d’arte, a un panorama. Al mare. Alla bellezza.

Beatrice ha cominciato così, da studentessa, il suo “rapporto amoroso” col marmo di Carrara e con la scultura.

Da allora non ha mai smesso di amare e di scolpire. Ora a 33 anni la scultura è diventata la sua passione e la sua professione. Con la sua opera “Foglia” (in bianco Carrara della cava Lazzareschi, altra due metri e quaranta centimetri) ha vinto il primo premio al concorso “Corti di Milano 2020” i e troverà collocazione nel Palazzo della moda di Milano. L’obiettivo del progetto era ridare anima alla corte centrale dell’immobile, affidandosi alla creatività di giovani artisti. Numerosi hanno raccolto la sfida di questo concorso e sottoposto la loro proposta progettuale. Dopo un’attenta selezione, il premio è stato assegnato a “Foglia”, opera di Beatrice Taponeccco. «Foglia – spiega l’autrice – è metafora della vita perché sa trasformare l’arida terra in linfa; è caduca ma si rigenera, è unica ma mai identica ad un’altra per quanto tutte uguali; foglie che nel loro insieme, in tutte le loro varietà, costituiscono quella sottile linea di confine tra gran parte della terra ed il cielo così come l’abito si fa confine tra il corpo e l’aria che lo circonda». Il percorso concorsuale è stato reso possibile dalla preziosa collaborazione e guida dell’Accademia di Brera che ha dato luce e risalto a questa iniziativa.

Una iniziativa che vede sul podio internazionale la carrarese Beatrice.

«Il tema del bosco mi ha sempre affascinato e le lunghe passeggiate nei boschi delle Apuane sono la mia fonte di ispirazione – racconta Beatrice – da due anni scolpisco foglie (appoggiandomi alla Sgf di Torano dove nascono le mie opere). Mi piace farlo dal blocco informe, senza passare dal modello in gesso. No, io lascio che sia il marmo, bianco Carrara o statuario, a suggerirmi cosa fare uscire fuori. Mi piace la sfida, quella di plasmare questo materiale delle mie montagne, così pesante, e renderlo leggero e sensuale. Come le foglie che per me rappresentano la metafora della vita stessa».

E alla domanda di come sia per una giovane donna vivere di scultura Beatrice risponde così. «È semplice, significa vivere di passione, di amore – dice – e quello che io nutro per il marmo e lo scalpello non posso definirlo che così, come un amore profondo. Tutte le mie opere sono fatte a mano, senza l’ausilio dei robot, senza le macchine. Siamo io e la pietra e abbiamo un rapporto profondo. Un rapporto amoroso che mi rende felice». –

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