Amalia e il marito rabbino che non vollero fuggire
Lei di Carrara, lui di Padova e anche musicista, furono deportati e uccisi Gli studenti di Massa-Carrara, a Birkenau, hanno ricordato la tragedia
MASSA-CARRARA. Amalia Dina, donna mite e raffinata, nata a Carrara e moglie del rabbino di Padova, Eugenio Coen Sacerdoti, anche musicista, non deve essere dimenticata. Ci hanno pensato i ragazzi del Treno della Memoria a ridarle la dignità che merita ieri mattina a Birkenau, ricordandola nel corso della toccante cerimonia legata al progetto “Un nome, una storia, una memoria” proposto dal Museo della Deportazione e Resistenza, nel contesto dell’iniziativa della Regione che ha portato in questi giorni ad Auschwitz circa 50 studenti e sei insegnanti provenienti da altrettanti istituti superiori del territorio di Massa-Carrara (Montessori-Repetti, Barsanti, Zaccagna, Belmesseri di Pontremoli, Minuto di Marina di Massa, Da Vinci di Villafranca in Lunigiana). Come si spiega in una nota, sono oltre 550 gli studenti (tra questi sessanta universitari) e circa sessanta i docenti, provenienti da tutta la Toscana, che prendono parte all’edizione 2019 del Treno della Memoria promosso dalla Regione, sotto l’Alto patronato del presidente della Repubblica, a cui partecipa anche la vicepresidente Monica Barni. La fase preparatoria e organizzativa del Treno è affidata al Museo della deportazione.
La storia
Nel comunicato si ricostruisce la storia di Amalia Dina, nata a Carrara nel 1875: vive la sua esistenza accanto a un uomo speciale, Eugenio Coen. Sacerdote, rabbino di Padova dal 1936 al 1943, guida spirituale di raffinata cultura. Il loro è un legame profondo sotto il segno della musica. Eugenio è allievo di Mascagni al Conservatorio di Pesaro, professore di musica, grande interprete delle musiche antiche. Con l’inizio della persecuzione Amalia ed Eugenio, rimangono nascosti in una casa di campagna; poi, con altri quattro cittadini ebrei italiani, tutti molto anziani e malati, trovano ricovero all’ospedale di Camposampiero. Avrebbero il tempo di fuggire ma preferiscono consegnarsi ed essere internati nel campo di Vò per ricongiungersi ai membri della loro comunità. Vengono portati nelle carceri di Padova e dopo qualche giorno alla Risiera di San Sabba a Trieste, da dove sono deportati ad Auschwitz il 31 luglio 1944. Vengono assassinati all’arrivo, il 3 agosto.
Il commento
È toccato alla studentessa Raffaella Chiodo dell’Istituto Barsanti, rinnovare la memoria di Amalia Dina, pronunciando il suo nome a Birkenau durante la cerimonia che ha concluso la visita al campo di sterminio. «Sono parole molto forti quelle di Liliana Segre quando afferma che dopo la morte dei sopravvissuti la Shoah sarà dimenticata - afferma Raffaella - dobbiamo evitare che questo accada e portare avanti il ricordo di tutti coloro che sono morti ingiustamente. Le storie che hanno raccontato i sopravvissuti hanno provocato in me una grande tristezza perché è una cosa ingiusta sentirsi sbagliata o sfortunata solo perché si è nati ebrei. Mi ha colpito l’indifferenza di quel momento, soprattutto quella di chi viveva vicino ai campi di sterminio e vedeva il fumo dei forni crematori».
Il progetto “Un nome, una storia, una memoria”, spiegano i promotori, «costituisce una opportunità che viene offerta ai ragazzi per stabilire un rapporto più diretto e personale con la storia». —
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