Turchia, Gianfranco Castellotti fermato dopo la retata nel centro anti-imperialista
Veterinario massese di 53 anni era a Istanbul come osservatore: contro di lui non sono state ancora formulate accuse
MASSA. Sono circa le 11 di mattina italiane quando la polizia turca irrompe nel centro culturale Idil a Okmeydanı, il quartiere popolare di Istanbul. Puntano le pistole al volto e gridano parole in turco. «State fermi», forse, «non vi muovete». Dentro c’è una decina di persone: musicisti, artisti, attivisti. Strimpellano chitarre e parlano di politica. Vengono caricati tutti sui blindati e trascinati al commissariato di polizia di Ferikoy, in stato di fermo. Tra loro c’è anche Gianfranco Castellotti, veterinario di 53 anni di Massa (nato in Francia, vive e lavora nella provincia apuana), militante dell’Anti-imperialist Front Italia.
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IN TURCHIA PER SEGUIRE UN PROCESSO
Era arrivato a Istanbul da qualche giorno per seguire, come osservatore, il processo a carico dei Grup Yorum, gruppo musicale turco accusato di terrorismo per aver decantato troppe volte la libertà contro il governo di Erdogan. Solo per questo rischia anche lui, come gli altri fermati, un’accusa di terrorismo o simili.
Il vice console per l’Italia in Turchia, dieci ore dopo il fermo, fa sapere alla compagna che «dal commissariato dicono che il signor Castellotti non è formalmente ancora accusato di niente e che è solo loro ospite». L’avvocato turco che fa la spola fra lui e gli altri fermati, invece, fa sapere ben altro e cioè che, benché non sia stata ancora formulata un’accusa a suo carico, «Gianfranco in serata (giovedì 4, ndr) verrà trasferito in carcere» e ci rimarrà «almeno fino a lunedì quando si terrà l’udienza». Due gli scenari possibili: o il foglio di via (senza possibilità di ritorno in Turchia) o l’arresto. Secondo il suo avvocato turco, Castellotti sarà a breve espulso dalla Turchia.
D’altronde siamo nella Turchia di Erdogan, quella dei quindici giorni di fermo senza un perché del regista lucchese Gabriele Del Grande, quella dell’anno di carcere di Deniz Yucel, il corrispondente del quotidiano tedesco Die Welt accusato di terrorismo per i suoi articoli anti-governativi, la Turchia dove solo mercoledì scorso è stata confermata in appello la condanna all’ergastolo aggravato – una sorta di 41 bis – per sei scrittori e giornalisti accusati di attentato all’ordine costituzionale per presunti messaggi subliminali lanciati durante trasmissioni televisive, quel Paese insomma dove basta un tweet, una sciarpa rossa, un Bella ciao cantato a squarciagola, per finire in carcere a vita.
CHI È CASTELLOTTI
Castellotti, militante storico della sinistra massese, è stato più volte in Turchia come osservatore nei processi di chi si trova in carcere senza un motivo. Occhio, voce e cuore delle cause perse nel paese dei diritti abortiti. Ieri era in attesa dell’udienza quando i poliziotti turchi hanno sfondato la porta del centro culturale. «Conosceva i rischi a cui andava incontro seguendo questi processi – fanno sapere dal suo collettivo – ma non si è mai arreso. Aveva bisogno a tutti i costi di trasmettere il suo calore umano e il suo spirito combattivo ai militanti rinchiusi nelle celle fredde delle prigioni di tipo F».
A dieci ore dal fermo le informazioni sono ancora poche e confuse. L’avvocato riesce a parlare con lui solo nel tardo pomeriggio. «Sto bene – avrebbe detto –, ma che questo serva a mettere in luce la repressione in Turchia». In serata verrà trasferito nel carcere. Senza un’accusa.
In Italia, invece, già domani, si dovrebbe tenere un presidio davanti al teatro Guglielmi a Massa. «Chiediamo al governo italiano – scrivono in una lettera dal collettivo – di fare ogni sforzo per garantire l’immediata liberazione del nostro amico e il suo rimpatrio nelle migliori condizioni».
DALLA FARNESINA
Il Consolato generale d'Italia a Istanbul, in stretto raccordo con la Farnesina, "segue da vicino e con la massima attenzione il caso del connazionale Gianfranco Castellotti, in stato di fermo in Turchia, mantenendosi in contatto con i familiari e le autorità locali. Funzionari del Consolato hanno incontrato il connazionale verificandone le buone condizioni di salute". Lo fa sapere la Farnesina in una nota.
IL PRECEDENTE
Un caso simile quello successo al blogger lucchese Gabriele Del Grande, arrestato al confine tra la Turchia e la Siria. Fu liberato dopo 14 giorni in cui fece anche lo sciopero della fame.