Il Tirreno

Testamento falso, due condanne 12 anni dopo 

di Luca Tronchetti
Testamento falso, due condanne 12 anni dopo 

Dopo cinque perizie grafologiche, archiviazioni e assoluzioni a 60 giorni dalla prescrizione il giudice ribalta le vecchie sentenze

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LUCCA. Una storia incredibile che ha portato all’esasperazione chi credeva fermamente nella Giustizia e che per quasi dodici lunghissimi anni non ha visto riconosciuti i suoi diritti di erede testamentaria. Tra archiviazioni, assoluzioni, rigetti e ricorsi aveva perduto la speranza anche perché la prescrizione era dietro l’angolo. Ma ieri mattina il giudice dell’udienza preliminare Giuseppe Pezzuti ha posto fine a uno stillicidio insopportabile per la carrarese Eleonora Vita, la parte lesa nel processo salita alla ribalta della cronaca per un allontanamento spontaneo nel novembre 2016 (messo in atto proprio per sensibilizzare sulla sua odissea giudiziaria) che interessò la trasmissione di Rai 3 «Chi l’ha visto». Due dei tre imputati nel procedimento penale legato al testamento olografo di Bernardina Fornaciari, 95 anni, redatto il 13 gennaio 2005 (l’anziana morì nello stesso anno in Versilia) sono stati condannati con rito abbreviato a 2 anni di reclusione con i benefici di legge e al pagamento ciascuno di una provvisionale immediatamente esecutiva in favore della parte civile di diecimila euro stabilendo che il risarcimento dei danni debba avvenire in sede civile. Si tratta di Pierluigi Chiappetta, 75 anni, nato a residente a Carrara e del coetaneo Alberto Manfredi di Viareggio, entrambi accusati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Per l’accusa Chiappetta, nipote della de cuius e beneficiario del testamento, aveva attestato falsamente l’autenticità della sottoscrizione del testamento di Bernardina Fornaciari alla presenza del notaio Francesco Rizzo (che non figura tra gli indagati perché deceduto) mentre Manfredi era uno dei due testimoni firmatari dell’atto pubblico. Il terzo indagato, Gianna Baratta, 39 anni, residente a Forte dei Marmi, non ha optato per il rito abbreviato e andrà al dibattimento anche se, tra meno di 60 giorni, il reato è prescritto.
La causa civile. È in essere una causa civile che si trova adesso in Appello dopo che, in primo grado, i giudici hanno dato ragione agli imputati, due dei quali oggi sono stati condannati in abbreviato. E proprio la sentenza del gup apre nuovi scenari legati alle statuizioni civili. Gli immobili e il denaro in possesso dell’erede condannato per il falso verranno contestati dal legale della parte lesa, l’avvocato Maurizio Campo, proprio in virtù dell’accertamento del fatto sancito dal giudizio del gup: vale a dire la falsità del testamento. Quindi c’è fondato motivo di credere che i due cespiti possano tornare nella disponibilità della nipote della defunta.
Una storia incredibile. Ad onor del vero senza la costanza e la perseveranza dell’avvocato Maurizio Campo, il legale di Eleonora Vita, non si sarebbe venuto a capo della vicenda andata avanti per 12 anni. Eleonora Vita, all’epoca del decesso dell’anziana parente studentessa universitaria, per essere certa che la firma della bisnonna sul testamento era apocrifa si è rivolta a tre esperti grafologi e tra questi lo studio milanese di Evi Crotti che nel 1978, durante il sequestro Moro, si è occupata, su incarico dell’allora ministro degli Interni Francesco Cossiga, dell’analisi sull’autenticità degli scritti dello statista ucciso dalla Brigate Rosse. Alla fine, nel 2014 e quindi nove anni dopo, era riuscita a convincere che quel testamento che nominava erede universale suo zio Pierluigi Chiappetta era falso e la grafia non apparteneva all’anziana scomparsa in Versilia nel 2005. Così Chiappetta, Manfredi e Baratta finirono davanti al gup dell’epoca oggi in pensione. L’inchiesta, che inizialmente era stata archiviata, era finita sul tavolo del sostituto procuratore Elena Leone, la quale - in base a nuovi elementi probatori emersi nel corso della parallela causa civile di fronte al giudice Antonella Frizilio - aveva chiesto il rinvio a giudizio per i tre accusati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.
Patrimonio cospicuo. Bernardina Fornaciari, nella scheda testamentaria pubblicata dal conservatore dell’archivio di Lucca il 12 settembre 2006, lasciava 900mila euro su un conto corrente acceso in una banca versiliese, una villa a Pietrasanta e un’altra abitazione in Versilia. Un lascito suddiviso tra i parenti e tra questi l’adorata Eleonora Vita. Ma poche ore dopo la morte della pensionata spunta un altro testamento che nomina Pierluigi Chiappetta erede unico e universale. Inizia la battaglia a colpi di carte bollate con l’acquisizione di tre pareri tecnici di esperti (oltre a Crotti, il professor Brondi e il dottor Biagi) più quella della dottoressa Carabba consulente del giudice civile .
Archiviazione e Cassazione. Ma nel maggio 2015 il gup Spada Ricci assolve i tre indagati per insussistenza del fatto. Tutto finito? Neanche per sogno. Perchè l’avvocato Campo prende carta e penna e ricorre in Cassazione. Che accoglie il ricorso e annulla la sentenza del gup di Lucca riaprendo di fatto il procedimento. Il gup Giuseppe Pezzuti nomina un consulente grafologo e anche lui rileva la falsità del testamento. La sentenza di condanna è la logica conseguenza.
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