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Neonato morto all'Opa, il perito: "Il ginecologo non ha colpa"

Melania Carnevali
Neonato morto all'Opa, il perito: "Il ginecologo non ha colpa"

Massa, il medico è accusato di omicidio colposo per non aver ricoverato subito la donna. E in aula è scontro tra consulenti: "Il battito cardiaco era alto". "No, era normale"

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MASSA. «C’è stata una carenza nell’assistenza, ma la salute dal bambino non ne è stata intaccata. Mi dispiace essere crudo, ma la sua sorte era segnata: è uno di quei casi di morte fetale che non riusciremo mai a eliminare del tutto». Quindi un’ecografia non avrebbe permesso di salvarlo? «No, sarebbe servito un superecografo e bisognava proprio andare a cercare il problema senza conoscerlo». A parlare in un’aula di tribunale è il ginecologo Guido Bertorello, professore dell’Università di Pavia incaricato dal giudice Fabrizio Garofalo di fare una perizia sul caso del bimbo nato morto all’Opa. Una storia che risale a cinque anni fa e per cui risulta unico imputato Roberto Marrai, il ginecologo di turno la notte in cui la mamma arrivò all’ospedale di Montepepe. Secondo l’accusa la donna avrebbe aspettato troppo prima del parto, dando poi alla luce un bambino morto. E il ginecologo adesso è accusato di omicidio colposo.

La donna arrivò all’ospedale di notte, alle 3. Il dottor Marrai dopo un monitoraggio stabilì che fosse ancora presto per il ricovero. In sala travaglio la giovane madre ci arrivò dopo, erano circa 6.20, ma era già tardi: al secondo monitoraggio non si sentiva più il battito del feto. È stata fatta partorire, ma il bambino è nato morto.

Per i legali che rappresentano le parti civili il nucleo del processo sta tutto in quelle tre ore, dalle 3 a dopo le sei, in cui per la donna non è scattato il ricovero. Ricovero che, secondo gli avvocati, sarebbe dovuto avvenire subito, visto che aveva superato la quarantunesima settimana di gravidanza. Tesi smentite tutte dal consulente nominato dal giudice, Bertorello, il quale nella sua perizia, di fatto, scagiona il ginecologo.

Certo, dal punto di vista deontologico qualcosa di meglio poteva essere fatto: «Io - spiega il consulente in aula - non avrei mai detto a una donna di andare a fare un giro e poi di tornare. Però questo non influisce sulla morte del bambino». Il ginecologo in altre parole avrebbe fatto tutti i controlli del caso e dal monitoraggio non era emersa - secondo Bertorello - nessuna complicazione. I parametri utilizzati dalle linee guida per giudicare un tracciato preoccupante o rassicurante sono infatti: frequenza cardiaca (normale tra 120 e 160 al minuto e si va a vedere la linea di base, cioè la linea ideale che taglia a metà le varie oscillazioni); la variabilità, cioè la differenza fra la frequenza massima e quella minima (preoccupante sotto il 5); presenza o assenza di accelerazioni (movimenti fetali) e decelerazioni (variazioni in basso della frequenza). Secondo Bertorello il tracciato era rassicurante. E lo ha dimostrato in aula mostrando i dettagli del tracciato, il primo, quello della visita del dottor Marrai, dal momento che nel secondo il medico se n’era già andato.

Non era d’accordo invece uno dei consulenti dell’accusa, Salvatore Alberico, specialista in ostetricia e ginecologia di Trieste che in aula incalzava di domande il collega. «Ma quindi lei non vede delle accelerazioni?». «Non vede che la media della frequenza cardiaca è superiore a 160?». «E qui non vede analogie fra i due tracciati». Ginecologi contro. «Menomale - dice Berterello al giudice - che deve decidere lei sulla presunta colpevolezza del medico. Io, come ho scritto nella mia perizia, credo non abbia colpa». Il processo è stato rinviato al 7 giugno.

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