Illeciti alle cave si allarga l’inchiesta
Altre cinque miniere da passare al setaccio di cui quattro nel Comune di Massa
CARRARA. La maxi inchiesta sugli illeciti ambientali alle cave si arrichisce di un altro capitolo, il terzo: dopo i primi controlli a Miseglia e a Torano, per un totale di otto cave passate al setaccio, che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di nove imprenditori, altre cinque miniere di marmo finiscono nel mirino della magistratura e del corpo forestale dello Stato. E questa volta l’inchiesta scavalca la Foce e arriva a Massa: delle cinque cave, infatti, una sola è a Carrara, le restanti quattro nel capoluogo di provincia, quello che fino ad ora si sentiva anche un po’ protetto dalla brutta fama (ecologicamente parlando) di Carrara, “il Far West del marmo”. Però c’è un però: Carrara ha più cave, è vero. E forse gestite anche peggio. Ma sulle Apuane i due comuni non sono così diversi: i ravaneti, la marmettola, i fiumi bianchi, una simmetria quasi perfetta.
Intanto sono in fase di chiusura gli accertamenti sul primo gruppo di cave, quelle a Miseglia, e il quadro che emerge sembra confermare l’accusa di illeciti ambientali portata avanti dal procuratore capo, Aldo Giubilaro, che coordina l’inchiesta. Si parla di ravaneti nati al posto di boschi o di fiumi, senza uno straccio, peraltro, di autorizzazione paesaggistica, o di marmettola non smaltita: le violazioni sulle Apuane abbondano.
Ravaneti. Sono i pendii dove si accumulano i detriti delle cave, non più permessi perché una delle cause del dissesto idrogeologico nel territorio. Gli imprenditori del marmo (generalizzando) hanno sempre sostenuto che fossero tutti storici, in altre parole vecchi, non alimentati da anni. E invece no: grazie ai rilievi laser scanner e a quelli aerei della Regione Toscana, la Guardia forestale ha potuto accertare che alcuni di loro, negli ultimi anni, sono cresciuti, sia in altezza sia in larghezza. Ma non finisce qui, perché si scopre adesso che alcuni ravaneti sono stati realizzati al posto di boschi, aree vincolate dalla legge Galasso, e di corsi d’acqua, adesso spariti sotto i detriti, aree appartenenti al demanio idraulico. In entrambi i casi servivano autorizzazioni paesaggistiche di cui però non c’è traccia.
Marmettola. In base alla quantità di marmo è stato possibile quantificare la quantità di marmettola da portare in discarica. E la quantità smaltita, in alcuni casi, non corrisponde alla quantità prodotta. Che tradotto significa che una parte della marmettola non è mai finita in discarica. E questa non era una novità.