In quattrocento a Carrara per cantare Gorizia
Musicisti e cori da tutta Italia per un’ora di inni popolari. E il centro storico si riempie di sciarpe rosse
CARRARA. Anarchici di tutta Italia riuniti a Carrara per cantare. Non è un aforisma, ma la realtà. È accaduto con l'iniziativa “Cantiamogliele!”, organizzato dall'Archivio Germinal in collaborazione con il coro “Inni e canti di lotta” della scuola popolare di musica del Testaccio di Roma. Ed è successo proprio oggi (12 dicembre) in un giorno «casuale» - dicono gli organizzatori - ma che poi, forse, così casuale non è: il giorno della strage di piazza Fontana (era il 1969), la madre di tutte le stragi che costò anche la vita, indirettamente, all'anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato misteriosamente dalla finestra della questura di Milano (dove era trattenuto per accertamenti) e sepolto proprio nel cimitero sconsacrato di Turigliano.
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Musicisti, cantanti, suonatori, cori interi sono arrivati da tutta Italia per cantare un’ora e mezza canti e inni popolari contro la guerra. Erano almeno in quattrocento, divisi prima in quattro piazze, poi riuniti in una sola: piazza Gramsci, dove il 4 novembre scorso Soledad Nicolazzi interruppe la cerimonia delle forze armate intonando un inno anarchico, “O Gorizia, tu sei maledetta”. Lei, quella canzone, non riuscì a terminarla: venne fermata dalla forze dell’ordine, identificata e portata via. E allora lei è tornata in quella stessa piazza per ricantarla, questa volta tutta. E con lei c’erano almeno quattrocento persone. Sciarpe rosse al collo, fisarmoniche, chitarre, tamburelli. Carrara è ripiombata negli anni Sessanta, con tutta la loro poesia. Gli anni della lotta, dei canti popolari, della musica, non ancora amplificata.
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«Quando abbiamo sentito quello che era successo - spiega Susanna Cerboni, del coro “Inni e canti di lotta” - ossia che Soledad era sta bloccata, identificata e portata via per aver intonato quella canzone, non ci abbiamo pensato un secondo a organizzare questa iniziativa. Per tre motivi: perché questa canzone non può essere censurata, perché va ricordato cosa è accaduto durante la Grande guerra e perché oggi più che mai, visto il periodo storico che stiamo vivendo, bisogna cantare queste canzoni per ricordare cosa è la guerra».
Un’ora e poco più di canti popolari in tutte le piazze del centro storico. In piazza Gramsci c’erano: Coro Inni e Canti di Lotta della scuola popolare di musica di Testaccio di Roma, Le Voci di Mezzo di Milano, Evelin Bandelli, Marco Rovelli, Davide Giromini; in piazza delle Erbe: I Suonatori Terra Terra di Firenze, Anna Barile dell’Aquila, Simona Ugolotti di Genova, I Malfattori di Sant'Arcangelo di Romagna; in piazza Matteotti: Coro Garibaldi D'assalto e De Soda Sister di Livorno, Peto e Leo di Piadena; in piazza Alberica: Controcanto di Pisa, Massimo Ferrante di Napoli, Coro Novecento di Fiesole.
E mentre loro cantavano altri distribuivano il testo di “Gorizia” per il momento finale, quello della cantata collettiva in piazza Gramsci. Testi di “Gorizia” si trovavano anche al bancone dei bar, nelle panchine, per le strade. Perché tutti dovevano essere pronti per cantare e suonare e ballare quella canzone contro la guerra, che si dice sia costata anche la vita ai soldati che osavano cantarla. «È emozionate - commenta brevemente Soledad - Solo girare per le strade di Carrara e sentire loro cantare mi riempie di gioia».
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Poi il ritrovo, alle 17, in piazza Gramsci. Arriva gente che si unisce a altra gente e la piazza si riempie di sciarpe rosse, musica e parole. Parte la chitarra, il violino e vai i cori, i cantanti solisti, i passanti. «La mattina del cinque di agosto si muovevano le truppe italiane per Gorizia, le terre lontane e dolente ognun si partì». Da dietro arriva altra gente, il coro si fa ancora più grande: «Sotto l'acqua che cadeva a rovescio grandinavane le palle nemiche; su quei monti, colline e gran vallisi moriva dicendo così», e ancora: «O Gorizia, tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza; dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu».
L'anarchia per un giorno è tornata a farsi a sentire a Carrara, forte, calda e bella. «Spero che il prossimo anno - commenta Marco Rovelli - invece di fare una cerimonia delle forze armate, si ricordino i massacri accaduti e che continuano a accadere». E poi la cantata collettiva si chiude, senza dimenticare di cantare “Stornelli d’esilio”, la canzone scritta dall'anarchico italiano Pietro Gori: «Nostra patria è il mondo intero, nostra legge è la libertà ed un pensiero ribelle in cor ci sta». È la voce di Carrara.