Il boss bussa al carcere e si costituisce
Massa: il narcotrafficante Giuseppe Talotta era ricercato da dieci giorni. Si era nascosto in città: è caccia ai fiancheggiatori
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MASSA. Ha suonato al carcere di via Pellegrini e quando la guardia penitenziaria gli ha aperto il portone per capire cosa volesse quell’uomo ha detto soltanto «sono Giuseppe Talotta, mi voglio costituire». L’agente lo ha guardato con l’aria di chi non aveva capito. Non sapeva che di fronte aveva uno dei trafficanti di droga più scaltri d’Italia. Uno che da dieci giorni aveva fatto perdere le sue tracce alla Direzione distrettuale antimafia di Genova, che aveva chiesto il suo arresto dopo aver sequestrato un carico di cocaina. Centocinquanta chilogrammi di polvere bianca purissima nascosti in un container pieno di asparagi (per ingannare i cani antidroga) arrivato all’ombra della Lanterna dal Perù. Un grosso giro per conto della ’ndrangheta, anzi per uno dei clan più feroci della Calabria: quello degli Alvaro.
Talotta era ricercato da più di una settimana. Gli inquirenti - la Dda si è fatta supportare dal Gico della guardia di finanza - credevano si trovasse ancora a Genova e stavano perquisendo alcuni alberghetti dell’angiporto dove immaginavano avesse trovato riparo. Invece era a Massa perché qualcuno gli ha offerto la sua protezione. Qualche insospettabile che agli Alvaro dà del tu e che quindi ha fatto un favore a un amico degli amici. Aspetto inquietante su cui la Direzione distrettuale antimafia ha deciso di fare degli accertamenti. Se c’è, come pare, una cellula malavitosa ai piedi delle Apuane bisogna trovarla e sgominarla immediatamente.
La caccia al narcotrafficante è partita subito dopo Pasqua, quando è scattato il blitz con il sequestro della cocaina e contestualmente è stato chiesto l’arresto di sette persone: alle manette però oltre a Talotta era anche sfuggito uno degli Alvaro, che è ancora latitante e che viene ricercato nel reggino. Le indagini della Dda genovese, coordinate dai sostituti procuratori Federico Manotti e Federico Panichi, sono cominciate l'estate scorsa, quando al porto di Voltri sono stati sequestrati 150 chili di cocaina purissima nascosti in un carico di asparagi provenienti dal Perù. Sullo scalo ligure sono puntati gli occhi di più procure italiane e quindi i controlli sono più pressanti del solito. In un container lasciato nel piazzale viene ritrovata la polvere bianca. Vengono messe le telecamere. Spuntano due uomini, uno fuma l'altro si avvicina al container: sono due camalli tentano una prima volta di recuperare il carico, ma poi si allontanano. Passa solo la notte, in quei frame in mano ai finanzieri, e il mattino dopo i due uomini sono ancora lì: aprono il contenitore, prendono qualcosa e si allontanano. La coppia viene seguita all'incontro con un altro uomo, arrivato in Liguria dalla Calabria. A lui i camalli portano cinquanta chili di stupefacente, requisito dagli investigatori. Nascosti fra gli asparagi, invece, ci sono altri cento chili, per un valore complessivo di 50 milioni di euro. Requisiti pure quelli.
Ma è soltanto una piccola parte di un traffico ben più ampio che vede come vertice proprio Talotta. L’uomo che si è costituito a Massa era l’incaricato del clan Alvaro che andava in Sudamerica a provare la merce da portare in Italia. Un pezzo grosso, insomma. Uno fidato.