Fonte Azzurrina, un colossale crac con sei milioni spariti e 14 indagati
Gli accertamenti delle fiamme gialle prendono in esame il periodo 2018-22. Al centro dell’inchiesta e nelle vesti di amministratore di fatto un 63enne attualmente domiciliato in Versilia
LUCCA. Un colossale crac con distrazioni fallimentari per sei milioni di euro e 14 persone indagate a vario titolo per i reati di bancarotta fraudolenta, falso, truffa e autoriciclaggio che il 12 maggio compariranno di fronte al gup Alessandro Dal Torrione. Al centro dell’inchiesta della procura condotta dal comando provinciale della Guardia di Finanza un’acqua minerale dal ridotto contenuto di sodio che la rende in maniera naturale la più alcalina d’Italia: la Fonte Azzurrina in località ai Fontanacci a Careggine. Intendiamoci: l’ultima gestione, quella dell’«Azzurrina srl» che è l’azienda che detiene attualmente il marchio Fonte Azzurrina è totalmente estranea all’indagine delle fiamme gialle e prosegue la produzione, l’imbottigliamento e la commercializzazione di Fonte Azzurrina. Le vicende prese in esame dai finanzieri, sotto l’egida del sostituto Laura Guidotti, riguardano il periodo 2018-2022 – successivi quindi al primo fallimento datato 2012 – e in particolare si concentrano sul fallimento del 7 gennaio 2019 della «Azzurrina Acque srl» a cui poi hanno fatto seguito i fallimenti della «Fonte di Careggine srl» del 22 dicembre 2020 e quello dell’«Azzurrina 8.4 srl» datato 2022.
Il dominus
Stando alla procura al centro dell’inchiesta e nelle vesti di amministratore di fatto c’era Riccardo Pieraccini, 63 anni, originario di Milano con residenza prima a Pistoia poi a Bologna e attualmente domiciliato a Forte dei Marmi, già condannato anni fa per reati di natura economico finanziaria. Proprio in base agli elementi su Pieraccini, raccolti dagli specialisti del nucleo di polizia economico finanziaria lucchese, gli inquirenti sono riusciti a venire a capo di una complessa e articolata vicenda che ha portato a formulare l’accusa di bancarotta fraudolenta in relazione proprio al fallimento del 2019 della «Azzurrina Acque srl». Alcuni degli indagati – originari della Versilia, di Bologna e di Molfetta – sono anche accusati di truffa a un istituto di credito della Valdinievole mentre tra gli amministratori di fatto c’è anche un imprenditore di Castelnuovo già legato una dozzina di anni fa al mondo delle cooperative e che all’epoca era al vertice di un’importante carpenteria metallica in Garfagnana. Dall’indagine dei finanzieri sul crac della Fonte era emerso che le quote relative alla sorgente garfagnina erano rimaste ad Antonio De Bari, ex presidente di Tesorino, che le aveva cedute, tramite una società intermediaria, con sede a Londra, la MD Holding Group Ltd che aveva come legale rappresentante Denis Furlanetto, originario del Veneto.
Società depredata
Partendo da lì e dalla presenza come amministratore di fatto di Pieraccini – nei suoi confronti, e nei confronti di altri soggetti, il sostituto procuratore Laura Guidotti aveva chiesto al gip una misura restrittiva della libertà personale che fu respinta – il nucleo di polizia economica ha ricostruito una serie di condotte illecite che nel giro di pochi anni hanno spogliato la società dei principali asset aziendali attraverso la cessione dello stabilimento produttivo, degli impianti e delle attrezzature oltre al marchio ceduto a imprese riconducibili a Pieraccini e ai principali indagati con i conti correnti aziendali svuotati mediante trasferimento di somme di denaro a beneficio di due società operanti nella grande distribuzione alimentare con sede in Emilia Romagna e anch’esse riconducibili a Pieraccini. Distrazioni di denaro che, per l’accusa, sono quantificabili in sei milioni. In una fase successiva, l’intero complesso aziendale della società dichiarata fallita, attraverso ulteriori passaggi di cessione e l’ingresso di altri soggetti giuridici gestiti comunque dagli indagati, veniva trasferito a una società in buona fede ed estranea ai fatti al prezzo di 595mila euro. Per i principali indagati scattava anche l’accusa di autoriciclaggio visto che il trasferimento dell’azienda era stato operato per sottrarla alle procedure fallimentari.