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Finalmente si rivede la Libertas: gli amaranto tornano a vincere dopo oltre un mese

di Giulio Corsi
Un'azione del match (foto Stick)
Un'azione del match (foto Stick)

Buca in quintetto, tanto contropiede e più palloni serviti ai lunghi spalle a canestro

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LIVORNO. La settimana più difficile della storia recente della Libertas finisce con una delle vittorie più belle. Gli amaranto tornano a prendersi i due punti dopo oltre un mese di digiuno. Fondamentali per non affondare in classifica, per il morale, per riallacciare il rapporto con i tifosi, per arrivare domenica prossima a Piacenza con una fiducia diversa. Avellino esce surclassata, schiantata già dopo appena tre minuti, dalla faccia cattiva in difesa e al rimbalzo degli uomini con la doppia L, ma anche dalla vena giusta in attacco, con gli amaranto che all’intervallo avevano già segnato 55 punti e a 5 minuti dalla fine erano avanti di 33 (80-47).

Cosa è successo?

Se Gennaro Di Carlo non è David Copperfield, il cambio di rotta non può che essere arrivato dall’atteggiamento, dalla voglia di reagire dopo sei sconfitte consecutive, dopo il terremoto tecnico e societario, dopo le inguardabili prestazioni di Torino e Cantù. Certo, qualche accorgimento tattico lo si è visto: 1) Buca partito in quintetto, tenuto in campo con più continuità anche quando sbagliava (alla fine ha comunque diviso equamente il minutaggio con Fantoni) ma soprattutto cercato non solo nei pick and roll ma spesso spalle a canestro; 2) il contropiede voluto con convinzione e nato dall’altissima aggressività difensiva; 3) un gioco più veloce anche a difesa schierata, col tiro cercato alla prima occasione e azioni spesso concluse in 15 secondi; 4) molti più palloni serviti ai lunghi spalle a canestro, il che ha anche aperto spazi sull’esterno.

Tra i singoli qualche progresso lo si è visto da Allinei, che ha cercato di più la penetrazione, ha puntato il ferro finalmente. Ma l’esplosione è stata quella di Adrian Banks, che dopo la partita-fantasma di Cantù si è riscattato con gli interessi: 22 punti in 22 minuti, 7/12 su azione, una presenza continua dentro la partita. Alla fine è stato un trionfo. Inatteso in queste dimensioni, non liberatorio perché la strada è lunghissima e resta ripidissima, ma il messaggio che arriva è che c’è vita su Marte, voglia di lottare e speranza.

Le immagini simbolo

La squadra va applaudita per l’atteggiamento con cui è scesa in campo: tante le immagini simboliche di questa domenica di rinascita, a nostro avviso la più emblematica è l’urlo di un Hooker meraviglioso – capace di smistare 10 assist e sempre più prezioso anche in difesa –, quando a tre secondi dalla fine del secondo quarto ha recuperato l’ennesimo pallone (anche se lo scout alla fine gliene assegnerà solo due) e in due battiti di ciglia si è mangiato il campo come Ben Johnson segnando il canestro del 55-34. In quella mini-azione c’era tutta la Libertas: l’aggressività difensiva, la velocità, la voglia di spaccare, la rabbia.

Ecco, a Gennaro Di Carlo attribuiamo il merito di una metamorfosi caratteriale e di questi accorgimenti tecnici, in questa domenica un po’ così, insolita e iniziata con una vena di tristezza nel non vedere su quella panchina Marco Andreazza, a cui la curva Nord ha dato un tributo di riconoscenza e affetto con un lungo coro e uno striscione, riconoscendolo come il condottiero della rinascita.

Il match

Gli amaranto sono partiti con l’acceleratore al massimo, pronti via e il tabellone diceva 11-2, poi 23-6 con Hooker autore di 11 punti e 6 assist al primo intervallo (29-15). Avellino ha tentato di riavvicinarsi giocando l’arma Nikolic e la sua mano morbida fronte a canestro (40-33 al 15’), ma la difesa libertassina non si è fatta imbrogliare, ha continuato a tenere chiusa l’area e a mordere gli esterni e infatti gli amaranto hanno riallungato fino al 55-34 del 20’. Da lì è stata una iniezione di ossigeno e fiducia, sancita dal coro del palazzo “vi vogliamo così”. Sperando che sia l’inizio della primavera e non una semplice rondine.

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