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Coach Da Prato in contropiede: «Incomparabili la mia PL e questa. E con la società non c’era fiducia»

di Giulio Corsi
Coach Da Prato in contropiede: «Incomparabili la mia PL e questa. E con la società non c’era fiducia»

L’ex allenatore biancoblù: «I budget? Più facile mangiar bene con 100 euro che con 30 Unicusano e Libertas costruite con bravura, se le sfidi a chi è più forte perdi»

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Andrea Da Prato, coach di Cecina prima in C Gold. Due anni dopo la stagione trionfale con la PL sta costruendo un’altra promozione?

«Che annata fu quella! Si perse alla prima giornata, poi arrivarono 15 vittorie di fila. Peccato solo che era l’anno del Covid. La società aveva investito tanto, eravamo più forti e dominammo. Quest’anno con la riforma dei campionati, in C ci saranno tre promozioni dirette e una ai playoff. È un torneo più difficile e livellato, tante società si sono ingolosite e vogliono tentare il salto in questo obbrobrio di nuova “serie B Interregionale”. Obbrobrio come nome: facciamo un sondaggio per cambiare denominazione, chiamiamola B2 come ai vecchi tempi».

Quanto è contento di questa stagione?

«Siamo primi, abbiamo vinto la Coppa Toscana, abbiamo la migliore difesa e il miglior attacco. Sono contento sì».

È diventato uno specialista: due salti dalla C in tre anni…

«Avevo vinto anche con l’Use quando arrivai a Empoli. Con la PL il primo anno partimmo ultimi arrivando alla famosa finale con Siena».

Dopo tre retrocessioni che aria si respira a Cecina?

«Abbiamo riportato entusiasmo. Abbiamo creato la squadra tra fine luglio e inizio agosto con tanti giocatori di Cecina: Turini, Pistillo e Bruni ci hanno aspettato, chi non è del posto come Bracci fa l’assistente a due squadre e fa minibasket nelle scuole, i giocatori sono inseriti nel tessuto cittadino».

Grande annata per Livorno e provincia. C’è anche Piombino quarta in serie B.

«Sono una squadra moderna che fa del tiro da 3 l’arma tattica migliore, Pedroni e Piccone se non li marchi fanno sempre canestro, Tiberti credo che sia il miglior giocatore del torneo. Una bella sorpresa che nessuno accreditava».

L’anno scorso che cosa è successo alla PL? Dopo il derby di ritorno e la sconfitta con Pavia si è palesato un raffreddamento dell’ambiente nei suoi confronti. Si è rotto qualcosa o era fisiologica la separazione?

«Dopo tre anni di grande armonia, con la società e la dirigenza ci sono stati momenti di reciproca sfiducia nel quotidiano vissuto giornaliero, un distacco tecnico e organizzativo tra me e il cda. La PL era tornata in un campionato professionistico e dopo tanto tempo è servito un anno di apprendistato per l’ambientamento. Sono stati fatti tanti errori e mi prendo anch’io le mie responsabilità, poi a fine stagione è stata tirata una riga. Scelte non condivise in maniera limpida da entrambe le parti ci hanno portato al distacco. Devo dire che si è rivelato una fortuna per entrambi: la PL sta volando, Cecina idem».

Una spaccatura rimasta a lungo sotto traccia...

«Sono stati commessi errori magari non visibili ai tifosi, ma ce ne sono stati tanti ed era giusto finirla lì, da entrambe le parti non c’era più la fiducia degli anni precedenti iniziata quando ci incontrammo da Mc Donald’s e partendo dall’ultimo posto disputammo un campionato top».

Quanto le è dispiaciuto?

«Certi amori finiscono, è stato un susseguirsi di tante piccole cose che quest’anno sono riusciti a migliorare, cose che magari facevo fatica a digerire».

Faccia un esempio.

«La squadra quotidianamente era seguita da tre persone, io Belletti e Fini, ora sono sei: Ricky Masini è diventato team manager al 100%, Della Noce fa da raccordo tra società e staff. Noi ci allenavamo il martedì alla Bastia, il mercoledì al Cosmelli, il giovedì al PalaMacchia, il venerdì al Modigliani. Ora hanno fatto tutta la stagione al palasport, prima che ci fosse Fauglia. I micro infortuni che abbiamo avuto l’anno scorso sono normali se ti alleni in quattro palestre diverse. E poi l’organizzazione: i palloni, l’acqua li portavo io. Tutte cose che hanno migliorato. Il risultato tecnico nasce anche da come lavori fuori dal campo e la PL sta lavorando bene».

L’anno scorso voi e la Libertas avete risvegliato l’entusiasmo per il basket. Ma quest’anno l’asticella si è alzata ulteriormente e siamo dentro una vera e propria basketmania. Nel primo giorno di prevendita sono stati venduti 620 biglietti per il derby del 5 aprile.

«Dobbiamo dare grandissimo merito ai dirigenti delle due squadre, che hanno creduto nel progetto di riportare entusiasmo e passione come negli anni Ottanta, investendo anche in maniera importante. Libertas e PL sono le società che hanno investito di più nel girone. La foto del derby di andata ha fatto il giro d’Italia ed è la prova di quanto i vertici abbiano lavorato dietro le quinte. E le due squadre dal punto di vista tecnico hanno risposto alla grande. Un conto è un derby tra prima e seconda, un conto tra ottava e nova. Si è creato l’intreccio perfetto: le due squadre, l’antica rivalità, la vetta della classifica. E il livornese è un tifoso particolare, se la squadra vince va a vederla».

Pochi anni fa in pochi avrebbero scommesso su questa rinascita.

«C’è stata grande lungimiranza da parte di tutti, Creati, Consigli, Mannucchi e gli altri dirigenti dei due cda sono stati bravi a vedere questa luce con qualche anno di anticipo e sono passati alla cassa per raccogliere quanto di buono avevano seminato. Con ottomila persone, l’incasso del derby è valso come un super sponsor per la PL».

In che rapporti è rimasto con la società?

«Sereni. Sono stato l’allenatore che ha vinto la C e li ho portati tra i pro».

Quanto è diversa la sua PL da questa?

«Senza che nessuno si offenda il girone A quest’anno è molto meno forte rispetto all’anno scorso, pensate a Pavia e Omegna che si sono indebolite, San Miniato non c’è. Alba non se ne parla, con Varese e Borgomanero è una, forse due categorie inferiori. Tante società con la riforma hanno preferito prendersi un respiro economico. Quelle che sono in testa sono quelle che hanno investito».

Non sempre vale questo teorema però.

«Vero. Un conto è investire, un conto è vincere. Legnano per me aveva il roster migliore sulla carta ma sta facendo male. Alle due livornesi va il merito di aver investito e di aver rispettato sul campo ciò che era nei progetti».

Dicevamo della sua PL e di quella di quest’anno.

«Sono due squadre diversissime. L’anno scorso la scelta era stata di tenere un nucleo importante livornese, non prendere tutti giocatori professionisti. Quest’anno sono dieci giocatori professionisti, anzi di più visto che hanno aggiunto Graziani, Oki e D’Ercole. Non c’è paragone fra il roster dell’anno scorso che si è approcciato timidamente alla B con l’obiettivo salvezza. Quest’anno è stata fatta un’ottima squadra con scelte oculate e i risultati si sono visti».

Il budget era ben diverso...

«Se hai cento euro vai a mangiare al ristorante di pesce. Se ne hai trenta vai in un altro ristorante e magari se sei bravo a cercarlo riesci a mangiar bene anche con trenta. Ma se hai cento è sicuramente più facile che tu mangi bene».

Come legge i roster di PL e Libertas?

«Mi piace il modo in cui sono state fatte le due squadre, entrambe fisiche, con tanti giocatori atletici, tanti grossi in grado di occupare spazio, più alti in ogni ruolo rispetto agli avversari. Sono squadre similari e vanno verso la pallacanestro del futuro, fatta di fisicità, atletismo e tiro da tre».

Pensa che il pacchetto interno per entrambe pesi più degli esterni nonostante gente come Loschi, D’Ercole, Saccaggi e Ricci?

«In attacco è dentro l’area che sia PL che Libertas portano le partite a casa. E infatti quando perdono? Quando le squadre avversarie si trovano a ingabbiarle con difese particolari e non riescono a fare tanti punti. La grande differenza tra PL, Libertas e le altre è il grado di fisicità con cui giocano: sono più grossi e più forti. Diouf e Lenti fanno il vuoto, Fantoni e Fratto chi li ha? Lì dentro fanno la differenza. È ovvio che quando riescono a fare canestro da tre con continuità è difficile fermarle. Hanno perso quando li hanno battezzati da fuori, pareggiando la fisicità dentro. Se le lasci giocare a chi è più forte non vinci mai; se le ingabbi con match up e speculi sulle caratteristiche di tiro di qualche giocatore, puoi avere speranze».

Ritiene ingenerose le parole di Quilici che disse che la Libertas giocava in un modo solo?

«Non hanno un modo solo, hanno forza fisica. Dall’Eurolega alla C Silver Toscana se non hai fisicità e tiro da tre non competi con nessuno. LL e PL sono le squadre che prendono più rimbalzi, difendono meglio, fanno tirare con le percentuali peggiori gli avversari, se fanno canestro da tre non perdono con nessuno. A meno che non giochino una contro l’altra e allora viene fuori l’errore dalla lunetta o l’episodio: all’andata il derby fu deciso da due episodi».

Il ritorno sul mercato come lo giudica?

«Scelta molto intelligente aggiungere giocatori nelle rotazioni. Dimostra che tutte e due ci credono».

Chi vede meglio nei 4 gironi?

«Rieti e Faenza sono le migliori negli altri gruppi, di qua le due livornesi possono arrivare fino in fondo ma Vigevano è squadra tosta. Dipende da come arrivi fisicamente e atleticamente quando ti giochi tutto in due settimane. Prendere un ottavo per metterlo in rotazione è stata una polizza sul rush».

Tra le due chi allenerebbe?

«Nessuna, sono ben allenate. Mi tengo volentieri il mio Cecina col mio capitano Giovanni Bruni».

E per chi tifa?

«Faccio il tifo per i giocatori che ho allenato: Forti, Fantoni, Lucarelli, Lenti, Campori, Di Sacco e Paoli. E su Francesco voglio dire una cosa».

Prego.

«So bene che giocatore è: intelligente, uno che lavora per la squadra, super utile. Mette tutti in ritmo, sa trovare il compagno che sta facendo meglio, è il play giusto per accendere Ricci e Saccaggi in transizione. Un generoso, uno che passa, che ha attaccamento. Deve solo trovare più fiducia nel tiro da tre, che tra l’altro ha. Se Francesco fa due canestri da tre la Libertas è a posto».

Alla fine chi o cosa sarà decisivo?

«Con squadre così similari che in un eventuale scontro diretto si annullano, verrà fuori il talento del singolo. E tra i singoli dico Lucarelli e D’Ercole».

Lucarelli è in grande crescita: a Legnano ha disputato la sua miglior partita dopo un po’ di alti e bassi.

«Jacopo è un giocatore vero, che fa canestro da fuori, in area, difficilissimo da marcare: se si accende e capisce l’importanza di quel che sta facendo, in B è devastante. Ma si accende per conto suo, deve trovare gli stimoli da solo. Nel derby di ritorno lui e D’Ercole possono fare la differenza».
 

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