Dipendente livornese deve restituire al Comune di Collesalvetti 707mila euro – Gli “strani” pagamenti e la scoperta
La Corte dei conti conferma la decisione di primo grado: è accusata di aver sottratto 659mila euro dal conto dell’amministrazione
L’ex economa del Comune di Collesalvetti, Francesca Gagliardi, dovrà risarcire l’amministrazione per 707.403,88 euro. La corte d’appello della Corte dei conti, infatti, ha respinto il ricorso della funzionaria, da tempo licenziata dall’ente, confermando la decisione di primo grado. A pronunciare la sentenza i magistrati Giuseppina Maio (presidente), Paola Briguori, Giuseppina Mignemi (relatrice), Oriella Martorana e Marco Fratini. Secondo quanto accertato dagli inquirenti fra il 2009 e il 2018 la cinquantenne – livornese, ma residente a Pisa e assistita dall’avvocato Stefano Bracci – avrebbe sottratto dalle casse pubbliche 659.283,43 euro, «utilizzando una pluralità di artifici contabili e operazioni fraudolente». Nel processo penale, in rito abbreviato, era stata condannata per peculato aggravato a tre anni e mezzo di reclusione.
Il fatto
La vicenda, emblematica sulle criticità nel controllo della gestione finanziaria degli enti locali, esplose nel 2019 quando – in occasione di una riorganizzazione interna a Palazzo civico resa necessaria da una prolungata assenza dell’impiegata – i colleghi evidenziarono incongruenze nei rapporti di debito e credito con diversi fornitori. Le verifiche dell’amministrazione e, successivamente, una relazione ispettiva permisero di ricostruire un quadro sistematico di manipolazioni: emissione di buoni economali fittizi, creazione di giustificativi contabili posticci e, secondo l’accusa, sovrafatturazioni ai fornitori. A titolo meramente esemplificativo – riepilogano i giudici – «al fine di occultare il danno derivato dalle condotte appropriative aveva rendicontato pagamenti ed emesso buoni economali, con giustificativi per spese postali e pagamenti Anac che non trovavano corrispondenza con le voci di uscita dell’estratto relativo al conto corrente dell’economo richiesto alla tesoreria comunale, né con l’estratto conto Anac e con l’estratto conto relativo alle spese postali». «Per coprire tali condotte distrattive – è un passaggio della pronuncia penale di primo grado – arrivava subdolamente a falsificare finanche la documentazione contabile dell’ente, facendo risultare in contabilità pagamenti a fornitori mai avvenuti».
La vicenda giudiziaria
Sul piano penale il ricorso in appello verrà discusso a Firenze all’inizio del prossimo anno: in primo grado l’ex economa, oltre a essere stata condannata a tre anni e mezzo di reclusione, ha subìto l’interdizione dai pubblici uffici e la confisca del profitto del reato, con una riparazione pecuniaria di 403.719,93 euro. La corte dei conti, invece, aveva riconosciuto la sua responsabilità amministrativa, quantificando il danno erariale in 707.403,88 euro, già comprensivi della rivalutazione monetaria, disponendo la conversione del sequestro in pignoramento, nei limiti di legge, comprensivi sia del danno patrimoniale sia del cosiddetto danno da lesione del nesso sinallagmatico, derivante dalla condotta illecita in orario di lavoro.
Ricorso rigettato
La terza giurisdizione centrale d’appello della Corte dei conti ha preso in esame il ricorso in merito a quest’ultima sentenza, quella contabile, presentato proprio da Gagliardi. La difesa dell’ex funzionaria ha sollevato tre questioni: l’erronea quantificazione del danno, in contrasto con la motivazione della sentenza penale; la prescrizione parziale delle pretese erariali, quantomeno per i fatti anteriori al 2016 e, infine, una presunta inesistenza del danno da interruzione del nesso sinallagmatico, negando una riduzione della resa lavorativa. La corte le ha ritenute tutte infondate. Sul danno patrimoniale i giudici hanno chiarito che le somme quantificate dal giudice penale a titolo di riparazione pecuniaria hanno natura sanzionatoria e non risarcitoria: non coprono, quindi, il danno subito dall’amministrazione, che resta oggetto autonomo della giurisdizione contabile. In pratica, i 707.403,88 euro per il risarcimento, si sommerebbero ai 403.719,93 euro del primo grado penale. Sulla prescrizione la corte ha escluso la decorrenza del termine quinquennale dalla data delle singole appropriazioni, ritenendo che «la complessità delle attività fraudolente e le condotte volte a occultare il danno, comprese falsificazioni e alterazioni contabili, abbiano reso oggettivamente impossibile la percezione del danno da parte dell’amministrazione». In base alla giurisprudenza consolidata, ciò integra doloso occultamento e fa decorrere il termine solo dalla scoperta del danno, avvenuta nel 2019. L’azione contabile, secondo i giudici, è stata quindi proposta tempestivamente. Sul danno da lesione del nesso sinallagmatico, infine, i magistrati hanno confermato l’applicazione di tale voce, specificando che la sua funzione non è misurare una minore produttività, ma ricondurre a responsabilità il lavoratore che usa il tempo di servizio per attività illecite estranee ai doveri d’ufficio. «Con riguardo all’asserita mancanza di prova sulla circostanza che le condotte generalmente appropriative siano state poste in essere durante l’orario di lavoro va, in linea generale, rappresentato che nel giudizio di responsabilità amministrativo-contabile vale il principio probatorio del “più probabile non” e, attesa la tipologia e le modalità delle condotte appropriative poste in essere, essenzialmente connesse alla gestione economale delle spese, è altamente probabile che le stesse siano state poste in essere proprio durante il servizio», si legge infatti nella sentenza. Il danno è stato equitativamente quantificato in 48.120 euro, pari al 30% della retribuzione percepita negli anni in cui si sarebbero svolte le condotte contestate.
