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L'intervista

Livorno, Mario Menicagli e i 162 anni di Mascagni: l’ex direttore torna al “suo” teatro

Livorno, Mario Menicagli e i 162 anni di Mascagni: l’ex direttore torna al “suo” teatro

Condurrà domenica 7 dicembre il gran concerto con cori e sinfonie tratte da 9 opere del maestro «Grato di questa opportunità, una forte emozione dirigere l’Orchestra del Goldoni»

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LIVORNO Buon compleanno Mascagni. Nacque il 7 dicembre di 162 anni fa il maestro e al Teatro Goldoni il geniale Mario Menicagli (ex direttore del Goldoni) dedica un concerto sinfonico corale al grande compositore.

Che emozione si prova tornando in teatro, pur in altra veste?

«Sono grato di questa opportunità, soprattutto in un contesto, in un programma che sento particolarmente affine alle mie caratteristiche. Un’altra bella occasione, anche se non ce ne sono mai abbastanza, per ascoltare brani di Mascagni, di livello assoluto».

Che concerto sarà?

«Si eseguiranno pagine sinfoniche e corali tratte da 9 opere mascagnane; alcune notissime, altre meno frequenti come l’Interludio di Isabeau, l’Intermezzo dei Rantzau. Non mancheranno i capisaldi del genio livornese: Guglielmo Ratcliff, Iris, Silvano, Le maschere e, ovviamente, Cavalleria rusticana».

Quanti i protagonisti sul palco?

«Circa 100 elementi tra Orchestra del Goldoni “Massimo de Bernart”, che dirigo per la prima volta da quando ha avuto il titolo di Nuova orchestra territoriale, Coro del Teatro e Coro di Voci Bianche della Fondazione».

Quanto si fa per Mascagni?

«Non abbastanza. So di essere troppo di parte, ma spesso il pericolo maggiore è che quando si tenta di “risollevarne le sorti”, passi in primo piano l’aspetto secondario, se pur unico: quello del musicista “à la page”, che di colpo diventa una celebrità, imitato in ogni suo gesto e in ogni sua mossa come una rockstar attuale. Questo dovrebbe essere un valore aggiunto alla grandezza dimostrata nella continua ricerca, nella continua sperimentazione che, spesso passano in secondo piano».

Quanto ha pagato per i trascorsi, diciamo, politici?

«Tanto, troppo, molto di più di altri che hanno saputo oscurare il passato. Di tutto questo ne continuiamo a pagare ancora noi, la nostra città e tutti gli appassionati. Livorno ha dato i natali a uno dei più grandi musicisti di sempre ma per molti continua ad essere soltanto l’autore di Cavalleria, e già questo non sarebbe poco. Qualche “scienziato” dubita addirittura che sia sua, probabilmente perché fu un risultato troppo geniale per un debuttante 26enne. A quell’età i pur grandi Bellini, Verdi, Donizetti, composero opere di cui facciamo fatica a ricordare il titolo. Per il resto penso che non sia mai stata fatta una analisi seria del Mascagni del ventennio. Solo processi sommari, e solo conclusioni superficiali senza un briciolo di approfondimenti. È sempre mancata una revisione storica accurata del suo percorso. A tal proposito vorrei segnalare un’iniziativa, prevista per il prossimo giugno insieme a associazioni del territorio come “Vivi Montenero”, “Accademia degli Avvalorati”, “Nuovo Circolo Masini”, e con il patrocinio dei più importanti teatri nazionali, per una celebrazione del 75° anniversario del funerale a Livorno, avvenuto solo dopo sei anni dalla morte. Un trattamento che penso non abbia mai avuto eguali, neanche per chi si è macchiato di veri crimini. Il sindaco Furio Diaz, politico illuminato, docente di Storia alla “Normale”, non certo l’ultimo arrivato, parlò di una “deficienza difficile da farsi perdonare, che diveniva ogni giorno più intollerabile”. Per questa occasione organizzeremo dibattiti e convegni per chiarire molti di quei punti che ancora oggi probabilmente pesano come macigni, oltre al clou della manifestazione con “Messa di Gloria” e “Inno al Sole” in Piazza del Santuario a Montenero».

Progetti personali?

«A parte questo, sto curando la programmazione lirica del Festival di San Gimignano e quella di un teatro nel grossetano. Seguo con passione le vicende della nostra orchestra e del nostro coro, dando all’occorrenza una mano. Inoltre sono responsabile di un progetto riguardante un imminente “Talent Show” sulla lirica dal titolo “Born in the opera”; poi mi diletto in un’attività di divulgazione teatrale, sempre riferita all’opera».

E sarebbe?

«Si chiama “Sillabe di… lirica”, è partita per scherzo, sulla falsariga di un format ideato con Ubaldo Pantani e Simone Tamburini anni fa e che, grazie alla spinta di Daniela Morozzi, porto avanti in veste di narratore e, in questo periodo nei piccoli spazi teatrali, anche di interprete “pop” al pianoforte delle arie dell’opera raccontata. Mi diverte e mi stimola tantissimo. Se potessi farei solo questo».

È l’ora di parlare sinceramente. Quanto le è pesato ciò che è accaduto a primavera, l’uscita dal teatro. Si è dato una spiegazione?

«Mi creda, non sarei sincero se affermassi di essere rimasto insensibile a quanto accaduto. Troppe le cose belle e i bei ricordi che ho lasciato: i rapporti col personale, l’orchestra, il coro, la sopravvivenza nel periodo della pandemia, tantissime cose. Ma, quando capita di godere di momenti di grande soddisfazione professionale, è giusto chiederti anche quali siano stati i veri motivi che ti hanno permesso di viverli. E, se sei onesto con te stesso, raramente a queste domande puoi darti spiegazioni nitide, certezze assolute. E la stessa cosa accade anche quando questi momenti non puoi viverli più»

Un invito al pubblico per domenica?

«Per favore, non vi perdete questo evento».


 

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