Pronto soccorso a Livorno, ecco i facilitatori: «Così preveniamo le aggressioni»
Le figure non sanitarie saranno in servizio in sala d’attesa per 12 ore al giorno. La Regione: «Faranno da ponte tra chi cura e chi aspetta di essere curato»
 LIVORNO. In arrivo al pronto soccorso degli Spedali Riuniti i facilitatori per prevenire le aggressioni contro medici, infermieri e operatori socio-sanitari (Oss). In pratica, si tratta di nuove figure non sanitarie che saranno in sala d’attesa con un obiettivo su tutti: migliorare la comunicazione tra personale, pazienti e familiari. In altre parole, un supporto per prevenire tensioni e situazioni che, in alcuni casi, possono sfociare in comportamenti aggressivi verso chi lavora in ospedale.
 
 Il profilo
 
 L’annuncio dell’introduzione di questa figura risale al luglio scorso, ma ora c’è la delibera dell’Asl Toscana nord ovest che, di fatto, prende atto del finanziamento della Regione Toscana che in totale ammonta a 425mila euro: di questi 70mila euro sono stati destinati al pronto soccorso degli Spedali Riuniti. «I facilitatori saranno assunti con risorse del fondo sanzioni in materia di sicurezza sul lavoro, che abbiamo deciso di investire, in parte, per contenere il fenomeno delle aggressioni nei pronto soccorso – fa sapere la Regione – . Questa sperimentazione, da 1,4 milioni di euro, coinvolgerà 20 pronto soccorso della Toscana. Una misura condivisa con le Aziende sanitarie e le organizzazioni sindacali, per ridurre il rischio di comportamenti aggressivi in pronto soccorso. Il facilitatore farà da ponte tra chi cura e chi è in attesa di cure, aiutando a gestire le emozioni e prevenire le criticità. Un’azione concreta, che si aggiunge a quelle già messe in campo, per tutelare chi ogni giorno si prende cura degli altri».
 
 Cosa farà
 
 Secondo i dati dell’Asl Toscana nord ovest, nel 2024 sono stati quasi 67mila gli accessi al pronto soccorso dell’ospedale di Livorno, oltre 5.500 pazienti al mese. Numeri molto elevati che, nonostante gli sforzi di medici e infermieri, spesso costringono i pazienti con i codici bianchi e verdi (quelli meno gravi) ad aspettare anche ore nella sala d’attesa. E soprattutto in queste circostanze capita che gli animi dei pazienti o dei familiari che aspettano si scaldino per l’assenza di informazioni che non arrivano. E così, per prevenire tutto questo, nasce nei più grandi pronto soccorso della Toscana la figura sperimentale del “facilitatore”: un addetto, non sanitario, bravo nel comunicare e creare empatia, capace di migliorare le connessioni con le persone e gestire di conseguenza le emozioni che a volte, per la situazione di per sé o per i tempi di attesa, rischiano di andare fuori controllo.
 
 Quanto resterà
 
 Quello della Regione Toscana è un progetto sperimentale che durerà intanto un anno e il facilitatore sarà in servizio nella sala d’attesa del pronto soccorso per 12 ore al giorno: fornirà informazioni aggiornate ai familiari e ai pazienti sui tempi di attesa e sull’organizzazione e, di conseguenza, farà da collegamento tra i familiari in sala e i pazienti all’interno, per fornire supporto e rassicurare.
 
 «Un ambiente tranquillo e un flusso continuo di informazioni dovrebbe ridurre la causa alla base di alcune aggressioni – fa sapere la Regione Toscana – . Oltre ad essere un bravo comunicatore, il facilitatore dovrà essere anche allenato a gestire conflitti, capendo per tempo quando una situazione può diventare a rischio». E a breve, dalla cabina di regia coordinata dalla Regione, saranno comunicate le modalità di selezione e formazione dei facilitatori.
 
 Il protocollo con la Prefettura
 
 Va detto, però, che il tema delle aggressioni ai danni di medici, infermieri e Oss è centrale a Livorno: il 22 gennaio di quest’anno è stato infatti siglato il protocollo d’intesa – firmato dal prefetto Giancarlo Dionisi e dal presidente della Regione, Eugenio Giani, per la gestione degli interventi urgenti nei casi di episodi di aggressione e di violenza nei confronti del personale sanitario e sull’organizzazione delle procedure e attivazione della rete territoriale. «Questo protocollo è un esempio tangibile della collaborazione istituzionale per prevenire, scoraggiare e contrastare fenomeni di aggressione, sia fisica che psicologica, ai danni dei sanitari», aveva detto allora il prefetto. Un altro tassello in questa direzione si aggiunge ora con l’arrivo dei facilitatori.
 
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