Economia
Livorno-Australia, Giovi: dai film con Dapporto e Damiani ai locali stellati dell'altra parte del mondo
Gianmarco l'ex bimbo delle Sorgenti a Sydney: fa il manager della ristorazione. «Paese che premia il merito. Come a Livorno appena esce il sole si va al mare»
Livorno Stacca dal lavoro alle 16. E in 10 minuti è su una delle spiagge più gettonate d’Australia, Mainly beach, Sydney. Vive in quella zona. A nord della città, ormai da 12 anni. «Sono cresciuto tra l’Elba e Livorno, non posso stare lontano dal mare: non ha prezzo, fa parte di me e mi ricorda la mia città. Vivo a nord della città, nella zona delle spiagge». Gianmarco Giovi, classe ’88, da 3 anni si occupa della vendita di burro e carne per i ristoranti stellati e i migliori hotel d’Australia.
Da viale Carducci prima, poi le Sorgenti per poi fare il salto nel mondo Down Under: nel mezzo ci sono le medie alle Mazzini, il liceo Cecioni, i tatuaggi sul polpaccio di Cristiano Lucarelli e Igor Protti «due miei idoli locali che volevo avere sulla mia pelle, insieme ai miei miti mondiali Ronaldo il fenomeno con Cannavaro e Maldini tatuati sullo stinco: il calcio è importante nella mia vita». Poi la decisione di uscire dal guscio livornese e andare, inizialmente, a Londra. Nel mondo della ristorazione. «Ma quel tappo grigio sopra la testa e la mancanza del mare mi pesavano, così raggiunsi dopo un anno due amici a Sydney: era il 1 marzo 2013». E Giovi è ancora là. Dove vuole invecchiare. Nel paese dei canguri, dei koala, dei kookaburra.
Nella terra dove il bush accarezza la barriera corallina e dove mette radici il giovanissimo Giovi “ex volto del cinema”. Nel 1999 a soli 11 anni il primo ciak, “Il Primo Cittadino” girato all’Elba; poi fu attore protagonista in film come “Assassini dei giorni di festa” del regista Damiano Damiani e anche nel film per la televisione “Mio Figlio ha 70 anni” con Carlo D’Apporto. A Livorno segue un corso di specializzazione per il cinema e il teatro al Vertigo, poi la scelta di virare. Giovi mette radici inizialmente grazie a uno stage molto impegnativo in uno dei più noti e famosi ristoranti australiani, l' “Ormeggio at the Spit”; qui l’aiuto di un super chef, italiano anche lui, Alessandro Pavoni molto famoso in Australia per la trasmissione Masterchef. Oggi Gianmarco Giovi lavora come agente per un'azienda che vende prodotti alimentari di alta qualità che si chiama Copper Tree farms.
Dalle Sorgenti a Mainly, Sydney. Se lo sarebbe mai aspettato?
«Mi piaceva viaggiare. Dopo 2 anni di università decisi di andare via e iniziare a lavorare fuori: prima a Londra nel 2011, poi la mancanza del mare è stata pesante. Sempre nell’ambito della ristorazione mi sono spostato a Sydney dove avevo due amici. Di fatto il mio mestiere che mi ha permesso di spostarmi e trovare lavoro è lavorare in sala: ho fatto un anno col working holiday, poi ho scommesso sulla mia professionalità. Lavoravo in sala al ristorante Ormeggio at the spit a Mosman, alla scadenza del visto sono tornato. Ho fatto una stagione a Rio Marina e quando il ristorante ha aperto il suo secondo locale mi hanno chiamato e sono tornato in Australia col visto studenti, ho preso il diploma in hospitality management mentre lavoravo nel campo della ristorazione che poi mi è servito come referenze per lo sponsor. Qui ho sempre lavorato nella ristorazione. Così faccio adesso, in una ditta che produce burro e rifornisce i migliori ristoranti e alberghi di Sydney con burro e carne».
Di Livorno si porta dietro la passione per il mare, che è stata determinante per le sue scelte di vita.
«Di Livorno mi porto dietro l’innata passione del mare. In 12 anni che vivo a Sydney ho sempre vissuto vicino all’acqua. Esco dal lavoro alle 16, allo 16.15 sono a casa e alle 16.30 sono al mare. Per me è indispensabile, non ha valore economico: è parte di me. Ho vissuto per un anno a Londra, sono stato bene ma quel tappo grigio sopra la testa e mancanza del mare sono stati pesanti. Ho deciso di spostarmi: abito nella parte nord di Sydney, quella con la cultura del fare surf la mattina presto, fare sport prima di andare in ufficio».
Che vita fa in Australia?
«Sono riuscito a livello lavorativo a spostarmi su una routine lunedì-venerdì: mossa ottima. Ho a che fare con chef, parlo di prodotti, di cucina. Ho clienti di alto livello, super chef e locali stellati Michelin. In questi tre anni sono passato al reparto vendita nell’ambito della ristorazione. Mi piace la cultura australiana: voglio invecchiare qua. La cultura anglosassone è diversa, Sydney è una città cosmopolita, ho a che fare con persone che provengono da culture diverse. Una cosa nell’australiano si accomuna al livornese: appena c’è il sole va sul mare. È un aspetto che mi ha catturato. Nella parte dove vivo io, Northern Beaches, la cultura è questa. La gente fa il bagno d’inverno».
Quando torna a casa quali sono i suoi luoghi del cuore?
«Quando torno a Livorno riempio le mie giornate di passeggiate sul mare, riscoprendo la mia passione di camminare anche perché non ho mezzo, invece del bus vado a piedi. Così mi godo la mia città».
Consiglierebbe l’ Australia ai giovani livornesi? Quali le differenze?
«La differenza maggiore tra Australia e Livorno, intesa come Italia, sta nelle opportunità. In Italia tante persone lavorano e non piace magari il lavoro che si fa, ma non si vuole staccare per l’incertezza che circonda. Qui è diverso: non vai d’accordo col capo, col proprietario, non ti piace il lavoro, cambi. C’è molta più tranquillità nel lasciare il lavoro sapendo che avrai altre possibilità. A livello lavorativo in Italia la situazione è limitante. Mi dispiace. Perché sono sicuro che ci sono persone valide a cui non vengono date le possibilità di migliorarsi. Una cosa che mi sta antipatica non di Livorno, ma della cultura italiana, è che ci diciamo continuamente “siamo i meglio, cuciniamo meglio, la vita che si fa è la migliore”. È sintomo di mentalità chiusa».
Questione sicurezza? Come si vive dall’altra parte del mondo?
«La questione sicurezza è un’altra differenza: vivo a Sydney e potrei lasciare la porta non chiusa a chiave. Posto tranquillo (non vuol dire che tutta Sydney è così) ma non mi preoccupo di criminalità. Non ci sono scippi, furti, non rubano il motorino. Sono cose che non sopporterei più»
Uscire dal “guscio” quindi le è servito?
«Ringrazio di essere uscito dall’Italia per poter ampliare i miei orizzonti, il mio modo di vedere e capire le persone. Me ne rendo conto quando torno a Livorno e percepisco che la mentalità è ancora chiusa. Può sembrare retorica ma uscire fuori ti dà possibilità di ampliare il raggio d’azione. Consiglio: viaggiare, decidere di fare anche solo un’esperienza da qualche parte per ampliare conoscenze, spingere i nostri limiti più lontano. È una cosa che auguro e suggerisco a chi esce da scuola. Non vuol dire necessariamente trasferirsi. Retorica sì, ma viaggiare ti apre la mente inevitabilmente. Cresci anche sul lato professionalmente: ti devi saper adattare alla situazione, conosci nuovi modi di lavorare, nuovi modi di approcciarsi al lavoro. Uscire dal guscio livornese può ampliare i confini di una persona a livello sociale, professionale e culturale».
Livorno comunque le manca? Tornerà un giorno?
«Casa mi manca, l’Australia è molto cara. Quando vai fuori, un negroni costa 26 dollari, un piatto di pasta 42 dollari (quasi 30 euro): la vita è più costosa. Vero, gli stipendi sono più consoni, ma c’è da analizzare affitti più alti. A casa, comunque, ci sono cose con cui non potrei più convivere: nel 2022 son tornato 5 mesi e per ottenere il green pass ci ho messo 5 giorni, di ufficio in ufficio. E mi serviva solo un indirizzo mail: lungaggini burocratiche che non sopporterei più. Comunque dico che se potessi vivere una vita in vacanza non c’è posto migliore dell’Italia».l
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