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Livorno, in 200 contestano Matteo Salvini: bombe carta e cariche della polizia, due fermati
Protesta all’evento elettorale sul lungomare dove una manifestazione pacifica è degenerata nel caos tra lancio di petardi e giovani con spranghe in mano. Ferito un agente
LIVORNO. Sono circa le 18,30 quando una ventina di ragazzini (tutti molto giovani, alcuni forse persino minorenni) si staccano dalla manifestazione lato Terrazza Mascagni e raggiungono l’altro fronte di protesta, quello a sud del tratto di strada blindato dalle camionette. Ed ecco che una manifestazione per la maggior parte pacifica degenera nel caos. Sul lungomare di Livorno vola di tutto. Bottiglie di plastica e contenitori di vetro. Pomodori e uova. Bombe carta e fuochi d’artificio. E i poliziotti in assetto antisommossa caricano tutti: i ragazzi (incappucciati, con le bandane sul volto e con le spranghe in mano) e chi in quel momento si trova nel mezzo. Alla fine la visita del vicepremier Matteo Salvini, in città per un’iniziativa elettorale insieme ad altri tre ministri, si chiude con due fermati, un poliziotto ferito a una gamba, qualche manifestante contuso e un presidio davanti alla questura per chiedere la liberazione dei due ragazzi trattenuti.
Le prime proteste
La giornata, in realtà, è iniziata in maniera pacifica. E mentre al Grand Hotel Palazzo è in corso il convegno di Forza Italia col ministro Paolo Zangrillo e ai dirimpettai bagni Pancaldi fervono le preparazioni per l’arrivo di Matteo Salvini, ai due lati del lungomare chiuso dalle camionette ci sono manifestazioni abbastanza tranquille. Con musica e striscioni pro Palestina. Con cori e canti. Qualche lancio di uova e di pomodori, un paio di petardi. Ma niente di eccessivamente violento. Complessivamente, in strada ci sono circa duecento persone.
(Matteo Salvini sul lungomare a Livorno – Foto Stick)
L’arrivo di Salvini
Sono circa le 16,30 quando Salvini e i ministri cominciano ad arrivare ai Pancaldi. Entrano alla spicciolata. Aumentano i fischi e si creano i primi disordini. Pian piano, insomma, il clima si surriscalda. Fino a diventare rovente quando il vicepremier decide di allestire il punto stampa all’esterno della sala convegni, a una manciata di metri dai manifestanti contenuti dalla polizia. I ministri e il governo vengono pesantemente contestati. Ci sono canzoni e slogan. E in cielo vengono pure fatti volare due razzi colorati. «La gente – dice a un certo punto Salvini in favore di telecamere – si è presa sputi e calci. E Valditara anche calci alla macchina». «Non ci facciamo intimorire», dirà poi a freddo il ministro Antonio Tajani. Nel frattempo Salvini, a un certo punto, smette di dare le spalle ai contestatori. Si gira e mostra loro il pollice. Poi lancia baci in direzione dei manifestanti. Dopodiché, a interviste fatte, rientra ai Pancaldi sommerso di fischi.
Il caos
L’occhio del ciclone è fatto nuovamente di musica e canti. Le due manifestazioni proseguono con apparente calma. Ma in un attimo, ecco il caos. Una ventina di incappucciati si armano di qualunque cosa. C’è chi ha una mazza da baseball, chi una spranga, chi un legno. Insomma, si afferra quel che c’è a tiro sbattendolo contro ciò che ci si trova di fronte: bidoni dell’immondizia, alberi, pali, biciclette e quant’altro. Poi scatta il lancio di qualunque cosa; bottiglie di vetro in primis, ma anche sassi e uova. E le decine di poliziotti del reparto Mobile iniziano la carica. Qualche metro in avanti, poi si fermano. Qualcuno si posiziona di fronte agli scudi a braccia aperte, una donna trascina una cassa e al microfono dice che sono stati fermati in due. «Li hanno picchiati e portati via – dice – noi non ce ne andiamo fino a che non li rilasciano». Fino a stasera (7 ottobre) le posizioni delle due persone fermate erano al vaglio della polizia e alcuni dei manifestanti si sono ritrovati fuori dalla questura, aspettando di conoscere le accuse, di capire se fossero in stato di fermo o di arresto e in attesa che venissero nominati gli avvocati. Sul lungomare, nel frattempo, pian piano cala il silenzio. Le centinaia di agenti se ne vanno e i mezzi vengono spostati. La circolazione, a un certo punto, torna regolare.
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