Ben Samir, il palestinese di Livorno: «Mia sorella morta sotto le bombe»
Laureato in ingegneria fa il pizzaiolo al Fanale: «Fermate lo sterminio»
LIVORNO. «Mia sorella è morta sotto i bombardamenti e di mio suocero si sono perse le tracce». La tragedia di Gaza ha un risvolto cittadino anche nelle parole di Ben Samir («Sono l’unico palestinese che vive a Livorno», racconta), 60 anni, pizzaiolo presso la pizzeria “Al Fanale”, dal 1986 in città, originario di Khan Yunis (caravanserraglio in italiano) una città grande come la nostra collocata nel sud della striscia di Gaza e celebre per aver storicamente ospitato un campo profughi.
Ha una tranquillità irreale il gazawo Samir ormai livornese, nel raccontare i lutti e le devastazione del proprio paese, come chi è abituato da anni alla sofferenza. «Eravamo ben 18 tra fratelli e sorelle. Molti sono morti per vecchiaia o cause naturali, una delle mie sorelle è rimasta sotto le bombe israeliane. Le loro case sono andate tutte distrutte e gli altri mie fratelli ancora in vita sono stati costretti ad emigrare verso il mare in alloggi di fortuna».
Per far capire meglio la situazione Ben Samir ci mostra un video sul cellulare con un bombardamento in diretta nel suo paese.
La sua storia è quello di un giovane che nel 1986 decide di venire in Italia per studiare all’Università per stranieri di Perugia, come molti altri suoi connazionali, col sogno di guadagnarsi un futuro migliore di quello di un paese dove vivere è sempre stato difficile. Ben riesce ad arrivare a laurearsi in ingegneria con indirizzo in disegno industriale. «Dopo la laurea – racconta – ho svolto alcuni lavoretti, soprattutto come elettricista, fino a quando un giorno dell’anno 1993 ricevetti una telefonata da Enrico Ricco, un amico italiano trasferitosi a Livorno per gestire una pizzeria (appunto il Fanale ndr). “Perché non vieni a lavorare da me? ” mi chiese. “Ma a fare che cosa? ” chiesi. “Il pizzaiolo” fu la risposta. Rimasi lì per lì incredulo visto il sacrificio che avevo vissuto per giungere alla laurea. Ma poi fui tentato dalla proposta considerando inoltre come Livorno assomigli alla mia città. E intorno a quel forno oggi ci lavoro ancora oggi».
A Livorno Samir non ha trovato solo lavoro ma pure una famiglia: si è sposato e ha avuto cinque figli, che oggi hanno dai 10 ai 23 anni, di cui i due maggiori intenzionati a seguire le orme universitarie del padre frequentando la facoltà di ingegneria all’Università di Pisa.
«A Gaza tornavo ogni anni prima dell’inizio della guerra – racconta – ma ora ovviamente non posso più partire. Cerco di sentire spesso i familiari tramite telefono e purtroppo ogni volta c’è qualche brutta notizia in più, come quella della sorella e quella del suocero disperso. E nulla che mi faccia pensare che nei prossimi tempi qualcosa possa cambiare. Penso anche ai miei cinque nipoti che vivono là. Che futuro potranno mai avere?».
A Livorno Ben Samir racconta di essersi sempre trovato «nenissimo: non ho mai avuto quei problemi di intolleranza che altrove in Italia ci sono stati e ci sono».
Avesse davanti i responsabili della guerra a Gaza cosa vorrebbe dire loro? «Fermatevi. Abbiate pietà della gente che muore ogni giorno dai proiettili e dalla fame. Fermate lo sterminio».