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Livorno piange Roberta Pelle: addio a 75 anni alla regina della pelletteria e della tv locale

di Flavio Lombardi
Livorno piange Roberta Pelle: addio a 75 anni alla regina della pelletteria e della tv locale

Storica imprenditrice livornese, figlia di Mamma Franca, aveva reso celebre la sua attività con negozi in tutta Italia e le televendite seguite come spettacoli

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LIVORNO. Se n’è andata all’età di 75 anni, assistita dall’affetto del figlio Alessandro, Roberta Pannocchia. Il suo ultimo atto di generosità è stato la donazione degli organi – cornee e cute –, che sono stati espiantati ieri notte. I funerali si svolgeranno lunedì 15 settembre nella cappella della camera mortuaria dell’ospedale, in orario ancora da definire. Poi la salma sarà trasportata al cimitero dei Lupi.

Se ne va con lei un altro personaggio della Livorno che fu, quella degli scintillanti, spensierati e pazzi anni Ottanta e Novanta, quando la famiglia Pannocchia – col negozio Roberta Pelle – toccò l’apice del successo e della notorietà. Erano gli anni di babbo Sandro (chiamato anche “Armonica” per la somiglianza con Charles Bronson che nel ‘68 sotto la regia di Sergio Leone fu tra gli interpreti di “C’era una volta il West”), di Mamma Franca e di Robertino, il fratello minore. E naturalmente di lei, Roberta, a cui fu intitolata l’attività: un quartetto magico della pellicceria-pelletteria fra le più famose d’Italia con diversi punti vendita, sempre conservando quello da dove si era partiti: la storica bottega in piazza XX Settembre coi manichini in posa sui tappeti persiani stesi sul marciapiede e vestiti con minigonne in camoscio, pantaloni in pelle, visoni, volpi “René Argentè” e non solo.

Lei nata di ferragosto, Robertino il primo maggio. Ci hanno scherzato tante volte, soprattutto i loro genitori. «Perché gli altri giorni c’era da lavorare, non si poteva perdere tempo».

Dalla maglia alla pelle

Una bella donna, classicamente labronica e appartenente a una generazione in cui l’alternativa allo studio era darsi da fare.

Quando Sandro e Franca la mandarono in collegio a sette anni dalle suore di Montenero, una sera sentirono suonare il campanello di casa, in via Mentana. Era la bimba, dall’intelligenza vivace che però mal si adattava alle regole dell’istituto. Riuscirono a convincerla, ci tornò, ma aveva deciso: finita la terza media, voleva darsi al commercio, entrare nell’attività di famiglia. Che all’epoca, era nel settore della maglieria, ritirare i pezzi finiti dalle cottimiste che lavorano in casa e mostrarli ai clienti poi al mercatino americano. Le prime prove le aveva già fatte, del resto. Con nonna Irma detta “la tabaccona” e la zia Emma, a vendere sin da piccina nel periodo di Pasqua le palme intrecciate alla chiesa del Soccorso.

La tv e il cacciucchino

Dopo il successo con i capi di lana in stile dolce vita, ecco il grande salto e l’opportunità colta al volo da Sandro, che aprì il negozio di pellicceria e di capi in pelle. Fu un trionfo e subito dopo arrivò l’apertura del negozio di lusso in via Ricasoli, che sembrava degno di via Montenapoleone, seguito dall’inizio delle trasmissioni televisive con spazi sulle emittenti private, nate da un’idea proprio di Roberta.

La gente si divertiva sentendo gli “sfondoni” in salsa labronica, mamma Franca che invitava le signore a venire a Livorno per provare e acquistare una pelliccia. Avrebbe offerto a proprie spese un cacciucchino. Trasmissioni seguite dalle mogli e dai mariti, come oggi si potrebbe guardare una fiction dopo cena. Le prime, desiderando un indumento dei sogni, magari visto a Sue Ellen in una puntata di Dallas, il coniuge molto più attento ad osservare le bellissime modelle che sfilavano in passerella. Non una televendita. Nessun anticipo richiesto. Solo un “catalogo vivente” da toccare poi con mano e provare in sede. Solo dopo aver verificato la taglia, la corrispondenza del colore rispetto a come sembrava dal tubo catodico, e che il modello valorizzasse chi lo indossava, si poteva procedere con la trattativa. Chi non lo ricorda? Un “circo” studiato a tavolino dove tutto veniva naturale perché gli “attori” tenevano il pubblico con un lessico spontaneo, popolare.

Lo sbarco a Trieste

Danarosi ormai, ma senza scordare le proprie umili origini. Piacevano tanto anche per quello, i Pannocchia.

Via Ricasoli fu in seguito venduta a Fendi, non appena cominciarono i rumors che la strada sarebbe stata chiusa al traffico: secondo i Pannocchia ai livornesi non sarebbe piaciuta molto l’idea di una pedonalizzazione.

«Fu così che Roberta pensò di sbarcare con un punto vendita a Trieste nell’86 – racconta il fratello Roberto – e proporre il medesimo modello di pubblicità televisiva anche in Friuli Venezia Giulia, comparendo su Tele Friuli, Tele Monfalcone, Tele Pordenone, Antenna Tre, quando si sganciava dal segnale di Italia 1. La nostra toscanità faceva simpatia, e nonostante una trentina di attività di pelletteria radicate da quelle parti, diventammo i numeri uno. E al carnevale di Trieste del 1990, il carro allegorico “Berta Pelle” che rappresentava in cartapesta proprio Roberta circondata dalle televisioni e le modelle impellicciate, vinse il concorso. Era la dimostrazione della celebrità raggiunta in tutto il Triveneto».

L’Imperiale

Con la morte di babbo Sandro, nel 1993, la decisione di lasciare il mercato al nord, concentrando di nuovo tutto su piazza XX e con l’attività alternativa già partita dell’Imperiale a Tirrenia. Dove Roberto gestiva la discoteca e Roberta lo stabilimento balneare.

Così fu, fino alla vigilia del nuovo millennio. Quando Roberta decise di dire stop, ritirarsi dagli affari, seguendo e consigliando da lontano l’attività commerciale del figlio. Fino a poco tempo fa. l
 

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