Svolta al pronto soccorso di Livorno: sì all’entrata dei familiari
Parenti e "caregiver" potranno accompagnare alcuni pazienti. Il primario Luca Dallatomasina: «Duecento accessi al giorno, così assistenza più attenta»
LIVORNO. Svolta al pronto soccorso: ora i familiari e gli accompagnatori di alcuni pazienti potranno entrare in reparto. La dirigenza del reparto di emergenza-urgenza di viale Alfieri, infatti, ha introdotto «nuove istruzioni operative finalizzate a migliorare l’esperienza di cura per le persone, soprattutto quelle più fragili, e a rendere più efficace e strutturata la comunicazione con familiari e “caregiver” che li accompagnano», spiega l’Asl. Una netta miglioria rispetto al passato, grazie all’esperienza accumulata dai sanitari, che riguardano nello specifico la gestione dei bisogni assistenziali di base in area visita e l’accoglienza del familiare/caregiver. Gli interventi, che si inseriscono in un contesto come quello attuale caratterizzato da un numero elevato di accessi giornalieri, oltre 200, «sono complementari e rispondono all’esigenza crescente di coniugare innovazione, umanizzazione e qualità dell’assistenza», spiegano dall’ospedale.
«In questi giorni stiamo superando sistematicamente i 200 accessi quotidiani – sottolinea Luca Dallatommasina, il primario del reparto di emergenza-urgenza di viale Vittorio Alfieri – ed è proprio in queste fasi di grande affluenza che una buona organizzazione può fare la differenza. Le nuove azioni di miglioramento nascono per rafforzare la nostra capacità di rispondere ai bisogni primari dei pazienti e per migliorare la comunicazione con i familiari, soprattutto nei casi di maggiore fragilità. L’obiettivo è duplice: offrire un’assistenza più attenta e tracciabile e mettere i professionisti nelle condizioni di lavorare in maggiore sicurezza ed efficienza».
La gestione dei bisogni assistenziali di base svolta dagli oss e sistematicamente tracciata serve per dare la possibilità di rivalutare successivamente quanto fatto e sviluppare tutte le possibili azioni di miglioramento garantendo continuità, trasparenza e qualità dell’assistenza anche durante le fasi di maggiore pressione operativa. Per quanto riguarda l’accoglienza del familiare o del “caregiver” il percorso prevede, a seguito della valutazione del quadro clinico da parte dell’infermiere di turno al triage, l’individuazione del familiare che supporterà il proprio congiunto anche grazie a un cartellino identificativo, come avviene in altre strutture. L’accesso controllato del parente sarà consentito in casi selezionati soprattutto quando si tratta di minori, donne in gravidanza, persone con disabilità (fisiche, sensoriali o cognitive), pazienti non autosufficienti o con evidenti barriere linguistiche. Al momento dell’accesso, l’oss dell’area accoglienza fornirà tutte le indicazioni comportamentali da rispettare all’interno del reparto, con particolare attenzione alla privacy, alla sicurezza e al rispetto degli altri pazienti.
«Queste azioni di miglioramento elaborate grazie alla collaborazione di tutto il personale infermieristico-oss e implementate dalla titolare dell’incarico di funzione di coordinamento, Enrica Di Miele – evidenzia Antonella Perini, l’infermiera dirigente dell’ospedale – sono frutto dell’esperienza maturata sul campo nel settore dell’accoglienza e della gestione del paziente. Da parte nostra c’è sempre il massimo impegno, soprattutto in questi periodi di forte affluenza, ma per garantire un percorso di cura davvero efficace è fondamentale anche la collaborazione di pazienti e familiari, nel rispetto delle regole e delle indicazioni degli operatori».
«Questi interventi si inseriscono in un impegno costante – aggiunge il direttore dell’ospedale, Spartaco Mencaroni – per migliorare la qualità delle cure in ogni loro aspetto. Non ci limitiamo agli aspetti clinici, ma investiamo anche nell’organizzazione, nell’accoglienza e nell’umanizzazione dell’assistenza, perché sappiamo che il benessere di un paziente dipende tanto dalla competenza medica quanto dall’attenzione e dal rispetto che riceve durante tutto il percorso di cura. Aprire, in modo selettivo ma organizzato, le porte del pronto soccorso ai familiari è fondamentale per umanizzare il percorso di cura, ridurre l’ansia nei pazienti più fragili e garantire un canale comunicativo diretto e sicuro con i loro cari. Allo stesso tempo, la tracciabilità delle attività di base ci consente di dare pieno valore all’assistenza quotidiana che, pur non essendo specialistica, è fondamentale per il benessere del paziente. L'uso di questi strumenti, semplici ma capillari, anche nelle esperienze di altri ospedali ha permesso di migliorare la presa in carico dei bisogni delle persone con buoni risultati anche nelle performance dell'emergenza-urgenza».
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